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Tutti i loghi dell'Europeo dal 1960 ad oggi

Ripercorriamo insieme la storia di una visual identity non sempre ben riuscita

Tutti i loghi dell'Europeo dal 1960 ad oggi Ripercorriamo insieme la storia di una visual identity non sempre ben riuscita

Un logo deve essere qualcosa di più di un semplice marchio per identificare l'azienda, il brand o in questo caso un torneo. Deve sintetizzare dei valori, essere riconoscibile ma soprattutto stare al passo con l’estetica contemporanea. Ecco guardando il logo di EURO 2020 c’è chi può rimanere perplesso sull’efficacia e sulla bellezza di quest’ultimo. Si tratta di un logo che segue regole e canoni un po’ datati: è affollato, pieno di colori e con lettering diversi. Se si guarda agli ultimi casi di rebranding sia nel mondo del calcio (basti pensare alla Juventus) che in altri settori - come la moda e le case automobilistiche - emerge il trend comune della semplificazione del design, l’assenza di colori e il proverbiale abuso del font helvetica. La UEFA non ha mai brillato per gusto grafico negli ultimi vent’anni, nonostante i loghi delle competizioni internazionali sono entrati nei libri di design, basti pensare a USA94, al Ciao, la mascotte di ITALIA 90.
La storia dei loghi degli Europei è in effetti molto variegata a livello di design, con una traiettoria discendente: volendo tracciarne l’evoluzione, la si potrebbe leggere come una storia divisa in quattro diversi atti, iniziata nel lontano 1960 da un’idea di Henri Delaunay.

 

Le origini (1960 - 1992)

Dal 1960 fino al 1992 infatti il logo dell’Europeo non fu mai cambiato. Tutto rimase invariato a differenza dei colori della bandiera e l'anno. Una bandiera dinamica e sventolante accompagnata da un font fluttuante in grassetto utilizzato per ben 9 edizioni. Si tratta di un design che negli anni 60 era sicuramente rivoluzionario: una fluidità grafica precisa, una replicabilità altrettanto efficace. Certo un logo che campa trent’anni a un certo punto genera noia, oggi lo si può guardare con aria nostalgica per un’estetica che sta tornando in voga, ma durante gli anni ‘80 era molto lontano dal design dell’epoca.
Proprio nell’edizione degli anni ‘80, quelli giocati in Italia, venne utilizzato anche un altro logo, un pallone stilizzato che assume le sembianze di un fiore. Un design che ricorda vagamente la primula, utilizzata per l’attuale campagna di vaccinazione o - giustamente - un logo di partito della decade di Bettino Craxi.

 

La svolta (1996 - 2004)

Alla decima edizione, quella del 1996, arriva una vera e propria svolta sia dal punto di vista visuale che dal punto di vista organizzativo, diventano ora 16 le squadre partecipanti. Il logo standard, che fino a quel momento aveva monopolizzato tutte le edizioni, lascia spazio ad un nuovo design dalla forma rotonda che la UEFA adotterà sino al 2004, quando la Grecia a sorpresa vinse la competizione. Elementi a pennello caratterizzano tutti e tre loghi, pensati per esaltare la dinamicità di questo sport ma anche l'incontro di più paesi e culture, visto che nel 2000, gli Europei vengono giocati per la prima volta in due paesi diversi, Belgio e Olanda. Il risultato è più quello di un fantasma che indossa una tunica variopinta, nota positiva sicuramente l’uso del font UEFA.

 

La natura (2008 - 2012)

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Dal 2008 la UEFA cambia ancora l’impostazione del logo degli Europei. L’idea di base rimane quella di esaltare i paesi ospitanti, ma il concetto cambia: dai colori della bandiera, si passa alla rappresentazione grafica di elementi naturali che caratterizzano il paesaggio. La natura è sempre un territorio scivoloso per un designer, e infatti i risultati sono stati alterni. Nel 2008 sono le catene montuose, tinte di rosso, a rappresentare Austria e Svizzera, famose per la loro natura incontaminata, in un’edizione decisa dal “Nino Torres” e dai suoi gol. Nel 2012 i paesi ospitati sono Polonia e Ucraina, entrambi territori che non brillano per peculiarità geografiche. La soluzione deve essere arrivata in un meeting mirabolante in cui qualcuno per salvare la barracca dopo avere provato a rappresentare graficamente pianure e campi coltivati ha proposto i fiori. Una scelta inusuale dato che nessuna delle sue nazioni è conosciuta per tale ragione. Alla luce del logo di EURO2012 c’è chi a Nyon deve aver dato direttive di mollare la questione naturale per virare su qualcosa di diverso. 

 

La coppa (2016 - 2020)

Nonostante molti club stiano aggiornando la propria visual identity semplificando loghi e stemmi, la UEFA è il suo ufficio grafico non ha seguito il trend generale. Dall’edizione francese del 2016, vinta dal Portogallo, la protagonista del logo è la coppa messa in bella mostra, decorata con una palette di colori che dovrebbero ricordare la bandiera francese con l’aggiunta di curiosi asterischi in stile Paint e una linea curva che dovrebbe ricordare una linea del campo.
Solo un anno dopo la Juventus presentò il suo rebranding, ed ecco è abbastanza chiaro la distanza estetica tra questi due loghi. Per l’edizione attuale, la prima della storia giocata in 13 città, l’approccio della UEFA è ancora piuttosto piatto, come dimostrano i tifosi stilizzati in diverse palette di colori che fanno da sfondo alla coppa. Il fulcro della nuova identità visiva arrivata dagli uffici di Nyon non poteva che essere un ponte, che idealmente collega tutte le città coinvolte.
Inoltre pur avendo presentato il nuovo font poche settimane fa, appartenente alla famiglia del “san serif”, la scelta ricade ancora in quello utilizzato da EURO2012. Una scelta che si allontana dall’estetica di oggi, dove si punta più alla semplicità, mentre la UEFA sembra andare dalla parte opposta.