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I primi italiani in MLS

Storia di The Simulation e The Curse of Caricola

I primi italiani in MLS Storia di The Simulation e The Curse of Caricola

Una delle fonti per informarsi sugli italiani nella New York del calcio è una fanzine dedicata interamente ai New York Metrostars, una delle squadre più iconiche della MLS. Si chiama metrofanatic.com, e tratta per lo più di memorie vintage dei vecchi Metro e di quanto certi appassionati di soccer newyorchese non abbiano un buon rapporto con la società che li ha trasformati in New York Red Bulls. Racconta che i primi italiani a giocare in MLS furono Nicola Caricola e Roberto Donadoni, arrivati a giocare in America per due motivi. Innanzitutto erano ritenuti giocatori di buon livello e che avrebbero alzato il tasso tecnico della lega; inoltre, più specificatamente, la popolarità di avere due italiani che facevano gli sportivi a New York avrebbe attirato l’attenzione degli italoamericani della costa est.

Ma la loro presenza in MLS anche un modo per attirare l’interesse degli italiani verso il neonato campionato di calcio americano. 

Sia per Donadoni che per Caricola ci sono due importanti aneddoti che definirono la loro carriera negli States. Entrambi non proprio positivi, entrambe molto buffi, si trattano di due eventi che tuttora vengono ricordati dai fan del campionato di calcio americano. Quello di Caricola, poi, particolarmente. 

The curse of Caricola 

La carriera di Caricola iniziò con un autogol, nella seconda partita della storia dei New York Metrostars, e fu anche l’incipit del rapporto fra giocatori italiani e la MLS, nel 1996. Il difensore italiano, dopo una partita lunga e non facile per i Metrostars al Giants Stadium, stadio di casa, prima della sfida uno contro uno che avrebbe determinato il risultato - non potevano finire in pareggio -, Caricola segnò un goffo autogol. Ma già nel primo incontro della stagione - e di sempre - contro i Los Angeles Galaxy - Carigola aveva segnato un mezzo autogol, poi non ritenuto tale in quanto il pallone sarebbe entrato lo stesso in porta, e un altro contro i Colorado Rapids. Per quello, i tifosi dei Metrostars dettarono la Curse of Caricola, la maledizione di Caricola, legato soprattutto al primo autogol clamoroso contro i New England - per altro, su giocata di Alexis Lalas.   

Rimase un evento particolare e che fu una sorta di shock per i quasi 50mila spettatori della partita, non erano abituati a vedere un fallo di questo tipo. Invece, l’intervento di Caligola permise ai New England Revolution di vincere il derby (erano del New Jersey) e scrisse la storia della MLS. 

A tal punto che il canale ufficiale di YouTube gli ha dedicato un episodio. Anche perché Caricola era ritenuto un difensore molto bravo e che, anzi, a New York avrebbe dovuto essere uno dei migliori - poi si è capito che non lo era: le prime stagioni dei Metrostars con entrambi gli italiani furono un disastro. 

Prima di diventare il primo italiano a giocare in MLS nel 1996 con i New York Metrostars, Caricola è stato un difensore di buon livello nella Serie A tra gli anni Ottanta e Novanta. Barese, ha iniziato nel Bari fino ad arrivare alla Juventus, con cui vinse due Scudetti e anche una Champions (nel 1984) in quattro anni a Torino. Caricola poi divenne una bandiera del Genoa, giocando più di 200 partite con il Grifone - ma purtroppo mancò la storica semifinale con il Liverpool di Coppa UEFA - e legando il suo nome a quello del club ligure, con cui ha giocato anche le ultime partite italiane dopo una minuscola parentesi al Torino. Nel 1995 l’addio all’Italia e l’arrivo negli Stati Uniti.  

 

La simulazione 

Donadoni invece aveva tutt’altro background, ma condivideva con Caricola l’idea di un finale di carriera più scoppiettante di una squadra di provincia. Dopo 18 trofei col Milan, si inserì nel roster americano grazie a un pre accordo con i New York Metrostars, arrivando però dopo Caricola, che invece era stato inserito tramite il Superdraft, modalità con cui i club di MLS sceglievano i giocatori a inizio campionato. 

Donadoni è stato solo due stagioni con i New York Metrostars, tra l’altro con diversi intervalli a causa delle partite della Nazionale italiana che tolsero alla MLS quello che, tecnicamente, era forse il giocatore di maggior valore. Nei due anni di MLS Donadoni raccolse numeri migliori del collega difensore italiano: 49 partite e 6 gol. Il livello del campionato non era alto e una delle ali migliori viste fino ad allora nel calcio europeo ebbe vita facile. Si giocava in campi da football adattati al calcio, con le righe delle yards pitturate sull’erba e spalti bassi. Donadoni, che aveva giocato davanti a novantamila persone per una finale di Coppa dei Campioni, si ritrovò in un contesto dilettantistico a livello strutturale, e in campo, le cose non erano migliori.   

Eppure, fra le molte grandi partite che giocò nei campi soprattutto della costa est (i Metrostars non si qualificarono mai alle finals del torneo con lui) una sua giocata memorabile fu la simulazione durante gli shoot out nel marzo del 1997 tra San Jose Earthquakes e New York Metrostars. 

Gli shoot out erano un modo alternativo ai calci di rigore, necessari in caso di pareggio al termine dei novanta minuti - risultato non ammesso dallo show system del campionato americano - in vigore dagli anni Settanta (quando era nata la prima lega non professionistica del campionato americano, con Pelè e Chinaglia fra gli altri, attiva fino al 1984) fino al 1999, quando venne abolita. 

Con cinque secondi a disposizione e partendo da 32 metri, il giocatore doveva segnare al portiere, che in caso avesse fatto fallo sul calciatore, avrebbe provocato un rigore. Donadoni, allora, visto che il portiere avversario aveva appena provocato un rigore su un suo compagno, decise bene di simulare nell’uno contro uno, cadendo goffamente al minimo contatto col portiere Salzwedel. Ma l’arbitro era a pochi passi e vide nitidamente il movimento di Donadoni, e non fischiò il rigore facendo perdere quel turno di shoot out ai Metrostars. 

Probabilmente, i tifosi di New York - ai tempi c’erano solo loro in MLS - avranno perdonato l’unico gran giocatore che hanno visto al Giants Stadium del New Jersey.