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Lo Swansea e i Rangers hanno abbandonato i social

La scelta del boicottaggio come forma di protesta contro le discriminazioni online

Lo Swansea e i Rangers hanno abbandonato i social  La scelta del boicottaggio come forma di protesta contro le discriminazioni online
Callum Robinson (WBA): più di 70 messaggi discriminatori dopo Chelsea-WBA 2-5
Alfredo Morelos (Rangers Glasgow): insulti razzisti online dopo il gol del pareggio contro il Celtic il 21 marzo
Yan Dhanda (Swansea): messaggi razzisti ricevuti dopo una sconfitta in Coppa di Lega contro il Manchester City il 10 febbraio
Jamal Lowe (Swansea): terzo giocatore nel mese di marzo ad aver ricevuto abusi razziali online
Sadio Manè (Liverpool): messaggi razzisti dopo la sconfitta con il Real Madrid in Champions martedì
Trent Alexander-Arnold (Liverpool): messaggi razzisti dopo la sconfitta con il Real Madrid in Champions martedì
Nabi Keita (Liverpool): messaggi razzisti dopo la sconfitta con il Real Madrid in Champions martedì

Dalle 17:00 di giovedì 8 aprile, lo Swansea ha comunicato che non avrebbe più pubblicato contenuti sui propri account social per una settimana, e faranno così anche i suoi giocatori, lo staff e i ragazzi dell'Academy. Il blocco riguarda l'utilizzo dei social media Facebook, Instagram, Twitter, Snapchat, YouTube, Linkedin e Tik Tok ed è un segno di protesta del club gallese contro le discriminazioni online non punite dai gestori dei social media. Allo Swansea si sono unite prima il Birmingham City, anch'essa squadra di Championship, e i Rangers Glasgow, neocampioni di Scozia dopo 10 anni dall'ultima volta. Lo Swansea ha fatto sapere di aver scritto sia a Mark Zuckerberg, proprietario di Facebook e Instagram, che a Jack Dorsey, proprietario di Twitter, per chiedere punizioni più severe contro gli abusi.

Le azioni concrete di questi club - che secondo il Guardian potrebbero essere condivise anche da altre squadre britanniche - seguono la minaccia dell'Arsenal di inizio settimana. Infatti, la squadra di Londra avrebbe avanzato ipotesi sulla chiusura dei propri account social per un periodo di tempo limitato, un'azione a cascata dopo la scelta dell'ex calciatore dei Gunners, Thierry Henry, di uscire definitivamente dai social media in segno di protesta contro gli abusi online subiti dagli sportivi. 

Callum Robinson (WBA): più di 70 messaggi discriminatori dopo Chelsea-WBA 2-5
Alfredo Morelos (Rangers Glasgow): insulti razzisti online dopo il gol del pareggio contro il Celtic il 21 marzo
Yan Dhanda (Swansea): messaggi razzisti ricevuti dopo una sconfitta in Coppa di Lega contro il Manchester City il 10 febbraio
Jamal Lowe (Swansea): terzo giocatore nel mese di marzo ad aver ricevuto abusi razziali online
Sadio Manè (Liverpool): messaggi razzisti dopo la sconfitta con il Real Madrid in Champions martedì
Trent Alexander-Arnold (Liverpool): messaggi razzisti dopo la sconfitta con il Real Madrid in Champions martedì
Nabi Keita (Liverpool): messaggi razzisti dopo la sconfitta con il Real Madrid in Champions martedì

Tutte queste iniziative sono rivolte a una protesta generale contro l'impunita libertà di esprimere commenti razzisti degli utenti dei social. Negli ultimi sei mesi sono aumentati i casi dei calciatori che denunciavano di ricevere messaggi o commenti razzisti sotto ai post pubblicati sui propri account Instagram o Twitter. Per esempio, il manager del West Bromwich Albion Sam Allardyce ha detto che l'attaccante Callum Robinson, dopo la tripletta segnata al Chelsea sabato, ha ricevuto più di 70 messaggi razzisti su Instagram. 

Giovedì, durante l'ordinaria assemblea delle società di Championship, l'argomento degli abusi online era il primo ordine del giorno, e per quanto tutti i club abbiamo sostenuto la causa e condiviso i propri problemi, molti rimangono scettici circa l'abbandono (seppur per un periodo limitato) delle piattaforme online - il rischio sarebbe di avere problemi finanziari con gli sponsor. A febbraio, invece, i club inglesi avevano mandato una lettera a Facebook e Twitter per sollecitare a prendere iniziative contro gli abusi online. Invece, le recenti iniziative dei club britannici sono il primo vero atto concreto contro la discriminazione online nei social media.