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Può un club di calcio lasciare i social media?

Dall'ipotesi di boicottaggio dell'Arsenal fino alla strategia di Bottega Veneta

Può un club di calcio lasciare i social media? Dall'ipotesi di boicottaggio dell'Arsenal fino alla strategia di Bottega Veneta

"Da domani mattina mi toglierò dai social fino a quando chi ha il potere su queste piattaforme non sarà in grado di regolarne l’utilizzo con lo stesso vigore e la stessa ferocia che utilizzano quando viene violato il diritto d'autore. Il volume puro di razzismo, bullismo e tortura mentale per gli utenti è troppo tossica per poterla ignorare"

Con queste parole Thierry Henry ha deciso di disattivare i suoi account social, lasciando così quello che la leggenda dell'Arsenal ha definito come "un ambiente non sicuro". I social sono diventati uno strumento fondamentale per l'intera sport industry, ma allo stesso tempo "qualcuno li trasforma in un'arma” e non esistono sufficienti regole per controllarne l’equilibrio.

Il problema dell'hate speech - le discriminazioni e le offese via social - è uno dei temi sensibili dell’attualità e, tra le società coinvolte, l'Arsenal è una delle più attive: con la campagna #StopOnlineAbuse, i Gunners hanno evidenziato un "lato oscuro" troppo importante per essere messo da parte. Il progetto ideato dal club londinese ha l’obiettivo di supportare emotivamente i giocatori e allo stesso tempo rappresenta un modo per chiedere alle società proprietarie delle piattaforme social di estendere l’utilizzo della propria carta di identità a tutti gli account.

Qualche giorno fa l'AD dei Gunners Vinai Venkatesham ha dichiarato a Sky Sports UK che nella loro lotta contro gli abusi online "niente è fuori discussione, incluso il boicottaggio totale di piattaforme come Instagram e Twitter". La riflessione dell’erede di Gadzidis si estende ad una preoccupazione che va al di là del caso isolato o del singolo episodio:

"C’è un lato davvero oscuro dei social media e non possiamo accettarlo. La situazione sta peggiorando e dobbiamo trovare un modo per risolverla. Non è un problema semplice da risolvere. La mia più grande paura è che questo tipo di comportamento si normalizzi nel tempo".

Ma l'Arsenal non sarà eventualmente la prima a "boicottare" i social media per mandare un messaggio chiaro al mercato. Anche se per motivi diversi, nel mondo della moda Bottega Veneta ha deciso di chiudere i propri account applicando una strategia organica e indiretta che punta solo ed esclusivamente sugli ambassador. Dopo aver superato i 2.5 milioni di follower su Instagram, il brand ha deciso di cambiare il proprio utilizzo andando controcorrente, decidendo di non "banalizzare il lavoro di Daniel Lee" e sfruttando i social in maniera non convenzionale.

L'addio ai social network già messo in pratica da Henry e sul quale l'Arsenal sta meditando è una risposta strategica che porta con sé pro e contro. Il senso di un'azione di tale portata può servire come ispirazione, ma allo stesso tempo può togliere voci influenti da una delle lotte più lunghe dello sport; può essere un segnale forte contro ogni forma di discriminazione, ma allo stesso tempo può figurare come una resa; può essere una forma di tutela dei diritti, ma contemporaneamente è un modo per non esporsi.

Il peso dei social in un modo mediaticamente iperconnesso è troppo importante per essere sottovalutato e lo stesso Venkatesham ha già comunicato che se dovesse diventare realtà il boicottaggio, sarà una scelta temporanea. Lasciare le piattaforme social equivale, per l'Arsenal, a rinunciare ad una community di 77.7 milioni di fan (calcolati sommando i dati dei Gunners su Instagram, Facebook, YouTube, Twitter e Tik Tok) e soprattutto contravvenire potenzialmente a quanto stipulato nei contratti di sponsorizzazione, sempre più incentrati sulla presenza social viste e considerate le restrizioni che obbligano gli stadi a rimanere chiusi.

Anche l'Arsenal, con il completo boicottaggio, sceglierebbe di affrontare un problema in maniera nuova ed inconsueta. L’ipotesi al momento è in stand-by e si attendono novità dal CEO dei Gunners, che nel frattempo sta valutando le conseguenze di una strategia che sarebbe un continuum significativo dopo un’iniziativa come il #BlackoutTuesday del 2 giugno 2020.