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Knitwear Football: la maglieria nel calcio italiano

Quando la "lanetta" unisce il Napoli di Diego e Tyler, The Creator

Knitwear Football: la maglieria nel calcio italiano Quando la lanetta unisce il Napoli di Diego e Tyler, The Creator

Nelle più recenti fashion week, sia per quanto riguarda la moda maschile che quella femminile, si è assistito a un ritorno del knitwear. Non solo brand storici come Prada hanno fatto della maglieria il cardine delle loro più recenti collezioni, ma anche brand indipendenti ed emergenti come Vitelli e Paura, per citarne alcuni, hanno riportato in auge materiali come la lana mohair abbinata a cardigan, maglioni e gilet. Che si tratti di mercato del vintage o di micro-brand indipendenti di capi in crochet fioriti su Instagram come Rathat, la tendenza del knitwear serpeggia nella moda underground da qualche anno a questa parte. Adottata anche da artisti rap come Tyler, The Creator nonché dalla cultura skate, la maglieria sembra infatti essere tornata a fare da gancio tra l’alta moda e lo sportswear.

D'altronde lo sport è stato il primo importante palcoscenico su cui il knitwear è entrato a fare parte della cultura popolare, sancendo la sua duplice natura di capo di casualwear e sportswear. Oltre al ciclismo e al golf, il calcio ne è esempio per eccellenza, specialmente in Italia. Dalle iconiche divise NR del Napoli e della Fiorentina a quelle Kappa della Juventus, la cosiddetta "lanetta" ha vestito alcuni dei più grandi campioni tra il dopoguerra e gli anni Ottanta. 

Precedentemente alla svolta rappresentata dal miglioramento dei materiali sintetici, il knitwear e il cotone twill erano il tessuto sportivo per eccellenza. Si pensi a come i cardigan e i pullover con scollo a V di Slazenger fossero simultaneamente indossati sul green dai golfisti (da qui l’uso del termine golf per indicare capi in knitwear) che forniti a molti calciatori di Sua Maestà per il tempo libero, occupando il ruolo che oggi è proprio delle tute.

Alle radici del termine "jersey" con cui si indicano le divise da calcio, è infatti un’espressione tecnica che nel campo della tessitura indica un capo in knitwear di lana o cotone cucito a macchina. Essendo il calcio nato come alternativa invernale al cricket, sin dalle sue origini le maglie erano, per l’appunto, realizzate in lana knitted, con girocollo ed un taglio slim che cadeva giusto sulla vita; esattamente come tutt’ora sono concepite le t-shirt in knitwear che negli ultimi anni si sono prepotentemente riaffacciate nell’industria della moda.

Se in Inghilterra i maglifici optano presto per tessuti in cotone pesante misto sintetico, è l'Italia con la sua eccellenza sartoriale, a fare largo uso di knitwear sui campi da calcio. Il lanificio Rossi di Vicenza è forse l’esempio più noto di questa pratica in cui si viene ad instaurare un dialogo tra casualwear e sportswear. Ci sono, però, anche gli esempi del Maglificio Vittore di Milano e del perugino Lama (Milan, Inter, Fiorentina, Genoa, Sampdoria, Cagliari, tra le altre); oltre a tanti altri produttori locali i cui nomi si perdono nella piramide del calcio italiano che ancora non prevedeva l'uso degli sponsor tecnici sulle divise. 

La lana veniva proposta assieme a filamenti dei primi materiali sintetici come il Terytal – che contribuiva ad aumentare le proprietà elastiche dei capi oltre ad evitare l’infeltrimento – con percentuali varianti in base alla stagione. Ne è un esempio la divisa NR usata dal Napoli nella stagione 1988-89, di cui esistono una tradizionale versione invernale ed una estiva in più leggero tessuto sintetico tipo raso con effetto lucido.

La necessità di innovare le divise da gioco portò all'approdo nel calcio italiano di Umbro, che tra la metà dei '60 e la metà del decennio successivo rappresenta un'avanguardia internazionale in ambito di sportswear design sia a livello tecnologico che estetico. Si pensi, per esempio, alla divisa con pattern a righe verticali realizzata con tecnica jacquard per il Sunderland a partire dalla stagione 1977-78. Brand inglesi quali Umbro e Admiral, infatti, sono tra i primi a intuire – già a partire dagli Umbro Set del 1959 – il potenziale del mercato dei replica kits, contribuendo così a sdoganare l'uso di capi sportivi al di fuori del terreno di gioco, anche se limitati a taglie per bambini. Similmente, in Italia la catena di grandi magazzini Upim si lancia nella produzione di kit delle principali squadre italiane – pur senza stemmi identificativi – comprendenti di pantaloncini, calzettoni e maglia in lanetta. 

La liberalizzazione dell'uso di sponsor tecnici sulle divise delle squadre italiane a partire dall’inverno 1978 assieme all'avvento della televisione a colori, porta anche nel Belpaese l'ondata di innovazione in fatto di marketing a cui Admiral aveva introdotto il calcio inglese ed europeo a partire da inizio decennio. Sull'esempio anglosassone dei vari Admiral, Umbro, adidas e PUMA, dunque, inizia a scemare la figura di maglifici prestati al calcio in favore di brand esclusivamente dedicati allo sportswear. Da questo momento in poi, anche in italia, l’abbigliamento ed il design sportivo iniziano ad intraprendere una strada più autentica e delineata.

Marchi nuovi o già esistenti – quali Kappa, Superga, Pouchain, NR, Tepa, Tiko e Mec, tra gli altri – subentrano a più tradizionali maglifici, conoscendo una stagione di successi in cui il knitwear si lega a una nuova coscienza in fatto di brand identity e a innovative soluzioni cromatiche. Le stoffe utilizzate sono responsabili di maglie caratterizzate da silhouette nette e volumi densi, ulteriormente esaltati da piccoli quanto vibranti dettagli come colletti dalle linee decise innestati su scolli a V o elegantemente arrotondati che lasciano intravedere canottiere e rosari dorati; loghi geometrici dallo slancio modernista; e stemmi, numeri e sponsor cuciti, prima a mano, poi a macchina.

Molteplici sono gli esempi: dalla Roma NR sponsorizzata Barilla, ai raffinati bordi biancoblù in tessuto jacquard elasticizzato del Brescia 1979-80 marchiato Tepa ma con manifatture Umbro; passando per il Monza 1971-72 con avveniristici numeri sulle maniche, per l’Avellino NR con banda centrale verde con bordatura nera in stile Ajax, e per l’Inter sponsorizzato Misura, per cui Mec disegna, tra il 1981 e il 1985, un kit che propone l’iconico scudo con biscione ricamato, in base alle stagioni, sulla manica sinistra o destra.

I nuovi traguardi raggiunti in fatto di telai jacquard, consentono la lavorazione di trame più sofisticate che restituiscono divise NR come quella della Fiorentina 1983-84, quella del Pescara 1983-84, oltre che alla cosiddetta maglia "bandiera" della Lazio 1982-83, in cui il numero è stampato; anticipando il futuro sintetico dello sportswear, nonché l'imminente declino della maglieria. Nonostante il progressivo declino di molti gloriosi brand della provincia italiana in concomitanza con l’affermazione del sintetico e di colossi internazionali quali Nike e adidas, il knitwear ha saputo con il tempo imporsi nella cultura pop. I kit in lanetta, con la loro vestibilità così simile ai capi di maglieria, unita a design sobri ma non per questo meno iconici, hanno saputo acquistare una nuova rilevanza in campo di casualwear. Si pensi, per esempio, a come Lyle&Scott e Lovers FC abbiano recentemente ripensato alcuni kit classici in chiave knitwear per un uso da strada, o a Colin Firth con la maglia dell’Arsenal 1970-71 nel celeberrimo film Fever Pitch.