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Juventus e Kappa, storia vincente dell'estetica italiana

Come il logo uscito dalla penna e dalla fantasia di Maurizio Vitale è diventato il vestito preferito dei successi della Vecchia Signora

Juventus e Kappa, storia vincente dell'estetica italiana Come il logo uscito dalla penna e dalla fantasia di Maurizio Vitale è diventato il vestito preferito dei successi della Vecchia Signora

Il 17 dicembre 1978 la Juventus campione d’Italia in carica è a Roma, impegnata in una delle trasferte più difficili del campionato contro la Roma di Pruzzo, Di Bartolomei e Ferruccio Valcareggi: una trasferta sfortunata e culminata con il gol del capitano giallorosso che vale l’1-0 finale. 

Quella partita, però, passa alla storia per un altro motivo: per la prima volta, infatti, sulle storiche strisce bianconere compare il marchio stilizzato di Robe di Kappa, maglificio e calzificio torinese che, dopo aver "vestito" Cabrini e Tardelli ai Mondiali in Argentina dell’estate precedente, trova l’accordo con la società più prestigiosa d’Italia. L’intuizione è di Pietro Giuliano, amministratore delegato della Juventus, che convince il presidentissimo Boniperti ad accettare la corte di Marco Boglione e Maurizio Vitale, rispettivamente direttore commerciale e amministratore delegato di Robe di Kappa. 

È la rivoluzione: nel 1979 la lega autorizzerà le squadre a mostrare il logo dello sponsor tecnico sulla divisa, aprendo di fatto una nuova era del calcio professionistico. Ma, soprattutto, è l'inizio di uno dei sodalizi più iconici e vincenti della storia del gioco: fino al 2000, infatti, Robe di Kappa farà rima con Juventus e viceversa, con alcune maglie diventate un autentico benchmark per ciò che riguarda il compromesso tra estetica, vestibilità e innovazione. Ne abbiamo selezionate cinque tra le più riconosciute e riconoscibili della storia bianconera marchiata dal logo degli Omini.

 

Away kit 1981-82


Il 2 maggio 1982, allo Stadio "Friuli" di Udine, Paolo Rossi torna a disputare una partita ufficiale dopo la squalifica per la nebulosa vicenda del calcio scommesse. Al quinto minuto del secondo tempo, con la Juventus in vantaggio per 2-1 sull’Udinese, "Pablito" va addirittura in gol, di testa, raccogliendo l’assist di Liam Brady: indossa una splendida maglia blu tendente all’azzurro - felice presagio di quel che sarà di lì a qualche mese in Spagna - con l’ampio scollo a V tipico dell’epoca, in cui il bianco del logo Kappa richiama quello della scritta "ARISTON" sul petto e gli intarsi bianchi e neri di maniche e colletto. La Juventus vincerà partita e campionato e Rossi riuscirà a convincere Bearzot a includerlo nella lista dei 23 del mundial spagnolo.

 

Away kit 1983-84

La maglia del gol con cui Beniamino Vignola decide la finale di Coppa delle Coppe contro il Porto a Basilea, una delle prime slim-fit della storia del calcio italiano. La maglia che ridefinisce l’idea stessa di away kit come segno distintivo potenzialmente più importante della maglia casalinga:questa volta il blu è presente nel colletto e negli inserti delle maniche, complemento ideale per il giallo dominante del layout con la coccarda della Coppa Italia e i numeri ancora cuciti a mano. I colori storici della città di Torino per la Vecchia Signora che solleva il secondo trofeo europeo della sua storia.

 

Away kit 1990-91


Il 9 settembre 1990 la Juventus - che, prima dei Mondiali italiani, ha acquistato Roberto Baggio dalla Fiorentina e ha affidato la panchina a Gigi Maifredi - fa il suo esordio in campionato allo stadio "Tardini" di Parma, indossando una seconda maglia total black, come non si vedeva dagli anni Sessanta: il bianco di loghi, scritte e inserti di maniche e colletto fa risaltare ancor di più il verde del cerchio più esterno della coccarda della Coppa Italia. Uno stile minimal ed essenziale ma ugualmente moderno e proiettato al futuro, il giusto connubio tra tradizione e innovazione per una delle jersey esteticamente più apprezzate della storia bianconera nonostante una stagione amara: settimo posto in Serie A ed eliminazione in semifinale di Coppa delle Coppe per mano del Barcellona.  

 

I kit "stellati" - 1994-1999


Nella seconda metà degli anni Novanta la Juventus è la protagonista assoluta della scena italiana e internazionale. In panchina c'è Marcello Lippi, in campo fuoriclasse assoluti come Vialli, Ravanelli, Del Piero, Zidane, Inzaghi, Davids: tra il 1994 e il 1999 arrivano tre scudetti e una Champions League, competizione nella quale i bianconeri arrivano in fondo per tre anni consecutivi dal 1996 al 1998. Una squadra di stelle che Kappa omaggia con le stelle: precisamente quelle che compaiono - gialle o semplicemente con il contorno bianco - sulle spalle della maglia da trasferta in total blue con cui i bianconeri diventano campioni d'Europa a Roma nel 1996. In più, la presenza fissa del tricolore sulle maglie impone un cambio nel layout: lo stemma venne posizionato nel riquadro alla base del colletto a V imbottito, mentre il bianco del logo Kappa richiama il colore dei numeri, del lettering e dello sponsor SONY.

Il successo è tale che, nella stagione 1998/99, Kappa decide di replicare il motivo anche sul third kit total white con dettagli, finiture e stelle in nero. Autentico gronchi rosa, invece, una terza maglia nera con le stelle e finiture in giallo del 1995: indossata solo in un'amichevole estiva a Vicenza non trova mai spazio in gare ufficiali. 

 

Home kit 1997-98

La stagione 1997/98 per la Juventus è una rivoluzione copernicana dal punto di vista estetico: la larghezza delle strisce viene aumentata, portando il totale a quattro, due bianche e due nere. Sponsor e numeri sono già da qualche anno stampati e non più cuciti ma la vera novità è data dal fit: contrariamente a quanto farà nel 2000 con la "Kombat", Kappa opta per uno stile baggy ampio e vaporoso, con la maglia che sembra quasi gonfiarsi quando i calciatori sono lanciati in piena corsa. In linea con la moda dell'epoca, poi, il tessuto bucherellato traspirante della parte interna, così come il lettering del nome a circondare il numero sulla schiena.