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Il nuovo ruolo dei calciatori nella moda

E come i brand fashion contribuiscono a renderli iconici

Il nuovo ruolo dei calciatori nella moda E come i brand fashion contribuiscono a renderli iconici

Il ruolo dei calciatori, soprattutto fuori dal campo, negli ultimi dieci anni è completamente cambiato.

In un approfondimento di Vogue Business, Lucy McGuire spiega come i giocatori di calcio abbiano rimpiazzato gli attori nello scacchiere della moda. Nel titolo “Forget actors, footballers are the new fashion icons” c’è tutta la trasformazione del valore composto non solo da gol, assist e risultati.

Gli esempi che McGuire cita sono i più illustri: Depay x Valentino, Rapinoe x Loewe, Rashford x BurberryBellerín x Louis Vuitton, BakayokoÉtudes. Nomi che rappresentano la punta di un iceberg che sta emergendo sempre di più, a testimonianza del fatto che le nuove icone della moda vengono da un campo da calcio e non più solamente dai set di Hollywood.

Questo processo che si evolve anno dopo anno racconta di radicali cambiamenti in atto, cambiamenti che coinvolgono tutte le parti in gioco. La celebrity culture planetaria degli anni '90 e del primo decennio degli anni 2000 vedeva giocatori come Ronaldo, Beckham e Totti all’apice della visibilità e dell’iconicità sportiva. Ma essere icone globali in quell’epoca significava tutt’altro: i social erano in piena fase di sviluppo, l’idea di lusso era quasi opposta alla percezione che si ha adesso, ma soprattutto i giocatori raramente esternavano valori lontani dal campo da gioco. David Beckham e Héctor Bellerín sono due icone fashion globali, ma hanno vissuto momenti storici completamente diversi e ciò li rende sì parte dello stesso processo, ma distanti in termini di risultati e interessi.

All’interno di questa scacchiera, un ruolo fondamentale appartiene ai social network e a nuovi modelli di comunicazione. Ehsen Shah, fondatore e amministratore delegato di B-Engaged, l'agenzia di marketing sportivo che rappresenta Bellerín, pone l’accento proprio sull’approccio a target che prima venivano considerati complessi da raggiungere e che ora, grazie ai calciatori, rientrano nel dialogo e nelle strategie di un brand.

"Abbiamo sempre il problema per cui un tifoso di calcio della vecchia scuola non capisce determinate azioni o progetti, ma non stiamo cercando di comunicare con loro. Occorre una strategia molto diversa per parlare con chi non parla la tua stessa lingua"


L’autenticità che alcuni giocatori riescono a comunicare attraverso la propria immagine sui social è la vera chiave di lettura per capire come i brand provano a trasformare in icone fashion i calciatori. Tradotto in altri termini, parlare ad una platea di 150 milioni di follower sta diventano meno importante rispetto ai messaggi e ai valori contenuti. 

Il focus dei brand sta cambiando in maniera direttamente proporzionale rispetto al tasso di engagement che riescono a generare determinati calciatori. Le strategie dei marchi più attenti a queste dinamiche si basano su obiettivi che considerano la reason why di una campagna o di una collezione in maniera totalmente diversa rispetto a qualche anno fa. Non è più il prodotto l’unico protagonista, ma accanto ad esso deve esserci quel plus che permette a tutti di riconoscere quel prodotto. 

L’esempio più calzante è quello della collaborazione tra Burberry e Marcus Rashford: prima di inserire il volto dell’attaccante dello United nella "Spring Summer 2021", il brand inglese ha scelto di unirsi all’iniziativa benefica di Rashford sfruttando il suo ruolo attivo nella lotta contro la povertà giovanile e unendolo ai nuovi capi della collezione di Riccardo Tisci. In questa partnership c’è tutto: il volto giovane (1997) di Marcus, interessi extracalcistici, la visibilità che può dare un club come lo United, una storia ben raccontata dal brand e il lancio di una nuova collezione che coinvolge in prima persona il giocatore. La reason why primaria non sono le vendite e il prodotto in senso stretto, ma è una percezione diversa e molto più utile del brand stesso.

Ai social network va aggiunta quella dei media del settore, attori non protagonisti ma essenziali per la credibilità di questo processo di cambiamento. L’interesse di Bakayoko per il mondo della moda - sfociato poi in un investimento importante come l’acquisto di un brand come Études Studio - contribuisce alla crescita della contaminazione reciproca dei settori "sport" e "moda" solo se viene concesso lo spazio giusto per parlare di tematiche come queste. Nell’intervista realizzata per la Digital Cover #00 di nss sports, il centrocampista del Napoli centra in pieno questo punto:

"Credo che il mondo del calcio si sia evoluto e questo è il momento giusto per calciatori come me o Bellerin di farsi finalmente avanti e mostrare che esiste qualcos’altro oltre il calcio nella vita di un giocatore professionista. C’è stato un periodo in cui la moda si è evoluta organicamente per essere indossata prima dalle stelle del cinema, poi dai cantanti, dalle loro esibizioni sul palco, ma adesso lo sport e il calcio stanno diventando una parte importante della vita e delle ispirazioni della moda e credo sia per questo per oggi i giovani possono anche identificarsi nei calciatori che capiscono e che amano la moda"

 
Bakayoko è una doppia voce in questo caso, perché in grado di vivere e spiegare sia il punto di vista del brand che quello del calciatore coinvolto in questi nuovi meccanismi. I brand di moda stanno cambiando gran parte delle regole del gioco e si stanno soprattutto adattando ad un pubblico sempre più esperto: non più il prodotto al centro ma il racconto che si crea attorno ad esso; non si preferisce più la quantità di chi ascolta ma la qualità.