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5 cose su 'Mi chiamo Francesco Totti'

Dalla tute di Carlo Mazzone alla voce di Sandro Piccinini

5 cose su 'Mi chiamo Francesco Totti' Dalla tute di Carlo Mazzone alla voce di Sandro Piccinini

Dopo essere stato nelle sale per 72 ore dal 19 al 21 ottobre, 'Mi chiamo Francesco Totti' di Alex Infascelli è diventato disponibile anche su Sky e Prime Video. Dura quasi due ore ed è basato sull'autobiografia di Totti curata dal giornalista Paolo Condò, 'Un capitano', uscita nel 2018 per Rizzoli. Negli ultimi anni la cinematografia sportiva ha inserito nei propri scaffali titoli importanti come The Last Dance e Diego Maradona: documentari - docuserie - che portano negli schermi uno storytelling alternativo, più personale, meno di campo. 

'Mi chiamo Francesco Totti' è diverso: è soprattutto di campo. Dai video di quando su campi spelacchiati dà i primi calci a un pallone fino alla partita d'addio. Infascelli non trasmette nemmeno il discorso finale. Il regista - seguendo la biografia - ha parlato del Totti calciatore, facendolo raccontare da lui stesso, con la sua spontaneità e i suoi sentimenti. É una delle cose più significative del film di Infascelli, insieme ad altre quattro. 

Il vintage (e Sandro Piccinini)

Le parole di Totti si intrecciano con le immagini vintage lungo tutto il film: da quelle in spiaggia da bambino fino al primo viaggio in treno a Londra, la vita di Totti passa attraverso il materiale registrato da amici e cugini con la videocamera. Per il campo, poi, ci sono tante immagini d'archivio sia delle tv locali che della RAI, tra cui compare anche la voce di un giovanissimo Sandro Piccinini. Lui, romano, ha iniziato proprio da Tele Roma 56 a fare le telecronache e nel film compare mentre commenta il Torneo Città di Roma del Numero Dieci della Roma, sciorinando anche qualche Proprio Lui! e Gran tiro! utilizzati ancora oggi. La sua voce, diventata storico timbro per chi ha seguito il calcio italiano negli ultimi quindici anni, è anch'essa uno degli aspetti vintage di 'Mi chiamo Francesco Totti'.

 

Le canottiere

A un certo punto Totti spiega la nascita dell'amore per Ilary Blasi, raccontando l'indecisione su come conquistarla scrivendo qualcosa nella maglia sotto quella di gioco. Totti segna il 4-0 in un derby alla Lazio e si gira con una t-shirt bianca con scritto "6 unica". Anche oggi i giocatori espongono maglie e e mandano messaggi scritti verso le tribune, ma una volta c'era uno stile diverso. Durante il film si vedono giocatori con canottiere, lo stesso Totti ne mostra alcune spesse e larghe quanto la divisa da gioco; si aggiungono anche collane e catene d'oro la cui sola vista rende quei personaggi dei marziani in confronto ai fit di oggi. Totti ha in qualche modo inaugurato la stagione delle maglie sotto le divise da gioco, delle scritte celebrative sotto le maglie che, però, oggi non sono più un trend. O meglio, l'ammonizione per l'esultanza di togliersi la maglia - originata, si dice, da Pruzzo, e sanzionata in Serie A dal 2004 - è andata scemando a causa del regolamento; si vedono ancora scritte e maglie celebrative, quasi sempre per compagni infortunati o cause politiche, ma mai esposte come aveva insegnato Totti. Ha avuto comunque un allievo: Osvaldo.

 

L'evoluzione del look

Con l'aumentare della sua popolarità, Totti ha cambiato anche il suo modo di presentarsi al pubblico, sia negli outfit che nei look. Con i vestiti, il numero Dieci della Roma è sempre stato audace. Grandi bomber tipicamente da inizio Duemila, seguito dal taglio che più di tutti ha reso celebre Totti, cioè i capelli lunghi. Era il periodo degli spot Nike, del cucchiaio a San Siro e del binomio calciatore-velina, di cui lo stesso Totti (insieme ad Ilary Blasi) è stato probabilmente il massimo esponente. La svolta estetica avvenne nel Mondiale 2006, quando Totti entrò nei trent'anni e modificò (in parte) il suo stile. Nel film, dopo Germania 2006,  si vedono più maglioni, maglioncini, qualche tuta. Anche i look diventano più sobri, con i capelli sempre corti, ma era in realtà un taglio paradossale: più Totti sembrava si avviasse alla panchina, più in realtà la voglia di giocare cresceva, e il capello corto, invece che dare un tocco senile, anzi esaltava il suo spirito giovane.

 

Le tute di Carlo Mazzone

Che le maglie della Roma siano un item calcistico storico è fuori dubbio, ma delle tute d'allenamento si è sempre detto poco. Soprattutto di quelle di Mazzone. Carletto nel film compare per qualche minuto dopo una ventina di minuti, e fra Trigoria, ritiro in montagna e panchina, sfodera tutto il suo stile operaio con i suoi outfit. La tuta grigia e giallorossa per gli allenamenti è una chicca, così come i lunghi cappotti baggy tipici degli anni Novanta. Larghi, con le maniche grosse e il Lupetto - ai tempi simbolo della squadra - cucito un po' ovunque. Ben visibili anche le tre strisce adidas arancioni lungo tutte le maniche, e a proposito, 'Mi chiamo Francesco Totti' è anche un'occasione per rivedere il periodo di adidas con la Roma, non troppo celebrato anche a causa dei bassi risultati dei giallorossi in quel periodo. La maglia adidas infatti era anch'essa unica: simbolo old school dell'adidas, lupetto a destra, colletto arancione e maglia total red. Sponsor? Barilla.  

 

Lo stadio Olimpico negli anni Novanta

Visto che c'è tanto calcio in 'Mi chiamo Francesco Totti', lo stadio è il principale teatro di tutta la narrazione. L'Olimpico infatti è al centro di tantissime scene - il film si apre con un'inquadratura dell'impianto - e tutti i grandi momenti di Totti, a eccezione di pochi, vengono ripresi dentro l'impianto. Oggi sullo stadio romano circolano molte critiche - la Roma vuole rifarne uno nuovo - ma l'estetica dell'Olimpico del primo Duemila è qualcosa di inimitabile. Dal film su Totti si può rivedere come lo stadio fosse più caldo e generoso di quanto non lo sia negli ultimi anni - in questo periodo, poi, guardare invasioni di campo e folle di tifosi è abbastanza nostalgico. I grandi gate d'ingresso al campo coperti dagli striscioni, il fumo che rende sfumate le dimensioni delle curve, il mattone antico nell'area parcheggio dei pullman. Poi tanti altri dettagli che definiscono l'estetica della Serie A dei primi Duemila: il vecchio logo di TIM, i palloni diversi ogni partita, le flotte di poliziotti a bordo campo. In pratica un altro mondo, quando c'era Totti.