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Unwanted: la storia dei tatuaggi di Nicolas Viola

La storia e lo stile del Diez del Benevento

Unwanted: la storia dei tatuaggi di Nicolas Viola La storia e lo stile del Diez del Benevento

La moda dei tatuaggi si è spinta oltre, soprattutto negli ultimi 5 anni. L'avvento dello stile trap ha invaso gli spogliatoi, non solo musicalmente ma anche esteticamente. I tatuaggi si sono spostati dalle braccia di Messi, dalla schiena di Ibra, dal pionieristico collo di David Beckham e dal petto di Icardi al volto degli sportivi. È una tendenza più vicina alla cultura americana - DeShawn Stevenson Lucas Nogueira e Stephon Marbury i casi in NBA più riconoscibili -, ma i primi esperimenti arrivano anche nel nostro calcio. I colli tatuati di Radja, Perotti e Miccoli non fanno più notizia. Gli esempi di Quaresma e Pinilla sono i risultati di una nuova frontiera estetica, fatta di lacrime (alla Lil Wayne), diamanti e croci per il portoghese, mentre Pinigol di rifugia in una frase motivazionale ("Blessed for life") divisa tra le due tempie.

C'è chi, invece, l'arte del tatuaggio ha dovuto usarla per coprire la propria storia prima di rimanerne folgorato. È il caso di Nicolas Viola, metronomo e punto di riferimento del centrocampo del Benevento. Per spiegare chi è El Diez degli Stregoni, meglio affidarsi alle parole del suo allenatore, Pippo Inzaghi:

"Al mio primo giorno da allenatore del Benevento, feci un giro di telefonate e chiamai anche lui per dirgli che avevo grande fiducia in lui. Mi rispose immediatamente 'Mister, io voglio arrivare in Nazionale'. Questo ti fa capire la mentalità che ha e per raggiungere i suoi obiettivi dà davvero l’anima"

Mancino purissimo, trequartista che si è trasformato in regista, nato a Oppido Mamertina e cresciuto a Taurianova, nella Calabria più autentica. Studente di psicologia, amante smisurato di Freud, dei Pink Floyd, dei Nirvana e, naturalmente, dei tatuaggi. Ha dichiarato più volte in diverse interviste che "Freud mi ha cambiato la vita e il mio ultimo tatuaggio è dedicato a lui", quasi come se volesse marchiare la sua pelle con le sue passioni più grandi. Eppure, a guardarlo bene, Nicolas sembra essere uscito dal set di "Pirati dei Caraibi", con una bellezza e un'estetica quasi da pirata.


I suoi tatuaggi raccontano la sua storia: date, volti, anni, una tigre, riferimenti al suo filosofo preferito. Ne ha tantissimi, sparsi su tutto il corpo e ben 3 sul visto: un "XVII", una croce e un "Unwanted", non cercato. Una cicatrice sul sopracciglio destro l’ha segnato per la vita: “Avevo 4 anni. Giocavo a calcio per strada ed ebbi un incidente. Un segno indelebile”. Su quella cicatrice ora c’è un tatuaggio: “C’è scritto non cercato. Come un segno del destino”. Lo stile con cui li porta lo rendono diverso da tutti gli altri.

Quest'anno ha segnato 9 reti e siglato la sua prima tripletta in carriera. Ha raggiunto la Serie A con Inzaghi, con il presidente Vigorito e con una città che oggi può chiamare casa. Benevento è il palcoscenico che gli ha permesso di tornare nella massima serie, una categoria che merita e che è all'altezza delle sue capacità tecniche secondo il suo allenatore: "Nicolas, come gli dico sempre, ha perso tanto tempo in B perché è secondo me un giocatore di un’altra categoria. Per me è stata una sorpresa positiva, soprattutto come persona e come uomo, anche perché come calciatore già lo conoscevo. Si allena in una maniera incredibile, ha una palestra in casa".

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La Serie A guadagna un personaggio che ha giù conosciuto ma che non ha avuto modo di apprezzare fino in fondo. Sfrontatezza, stile e tatuaggi: c'è da aspettarsi di tutto da Nicolas Viola, El Diez degli Stregoni.