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Come Jay-Z sta mettendo le mani sul calcio europeo

La reinterpretazione dello star system americano da parte di Roc Nation

Come Jay-Z sta mettendo le mani sul calcio europeo La reinterpretazione dello star system americano da parte di Roc Nation

Che Roc Nation stesse facendo sul serio anche nel mondo del calcio lo si è capito nel 2018 quando Romelu Lukaku ha deciso di interrompere il suo rapporto con Mino Raiola per entrare a far parte della label che, dal 2013, gestisce alcuni degli atleti più famosi del mondo: stiamo parlando però di un’agenzia nata nel 2008 per mano del rapper Jay-Z con l’intento di aiutare produttori e musicisti a sviluppare i propri progetti artistici, gestendo i loro rapporti con i media e le loro strategie di branding. 

"Romelu è un fan di Jay-Z da quando aveva 16 anni e ha capito la visione dell'azienda e vuole far crescere il suo brand nel mondo. Lui e Jay hanno un grande rapporto, per Romelu è come un mentore", ha dichiarato qualche mese fa Michael Yormark, presidente di Roc Nation Sports Europe.

Aver strappato a uno dei procuratori più importanti del panorama internazionale uno dei suoi atleti più riconoscibili, costituisce il turning point dell’esperienza di Roc Nation nel calcio europeo oltre che la rappresentazione del cambio di paradigma che intende imporre nella gestione degli sportivi professionisti di nuova generazione. Dimenticate il procuratore che si occupa solo degli aspetti economici e contrattuali del suo assistito: la direzione intrapresa da Roc Nation è quella di un management sportivo improntato alla creazione di un vero e proprio brand legato al nome dell’atleta, con le prestazioni sportive che passano quasi in secondo piano rispetto alle attività collaterali nel momento in cui non bisogna essere ''solo'' grandi calciatori ma vere e proprie icone generazionali. La mission infatti è quella di sdoganare una nuova idea di calciatore-celebrità più vicina allo star system americano che a quello europeo.

E se per Lukaku, già in possesso della gimmick dell'atleta impegnato, risulta tutto molto più facile, l'unicità di Roc Nation si tocca con mano quando scompone e ricostruisce da zero l'immagine dei propri assistiti, andando oltre l'idea e la banalizzazione del successo legato esclusivamente all'evento partita. 

Quando si è trattato di annunciare la partnership con Federico Bernardeschi, ad esempio, l'agenzia ha pubblicato sul proprio account Instagram un video in cui l’iconografia del giocatore della Juventus si ricollega a quella dell’eccellenza architettonica, artistica e culturale dell’Italia. Ad accompagnarlo una didascalia minimalista ma di grande impatto – ''Tuscany born, Italian made. Welcome to the family'' – e che svela come l’agenzia intenda presentare Bernardeschi come qualcuno in grado di lasciare il segno anche fuori dal campo.

Si tratta di una scelta non casuale e che prescinde dal valore del calciatore tout court: nell'era in cui uno sportivo deve saper essere anche un entertainer di livello sui social, Bernardeschi ha una potenzialità, una comunicatività e un'instagrammabilità che giocatori più forti di lui non hanno e che lo rendono il profilo ideale per Roc Nation indipendentemente da ciò che fa o non fa su un campo da calcio.  Come disse nel 2015 l’avvocato Darren Heitner alla BBC, ''quando la paragoniamo alla tradizionali agenzie di procuratori, notiamo subito come Roc Nation sia molto più focalizzata sul marketing che sulle prestazioni sportive in senso stretto''.  

Per questo Marcus Rashford ha deciso di lasciare ai fratelli la gestione della parte sportiva demandando a Roc Nation la cura dell'immagine. Dal canto suo l'agenzia ha voluto sottolineare il suo grande impegno sociale con un video-collage di servizi televisivi e stralci di interviste dedicati alle iniziative che l’attaccante del Manchester United ha realizzato per la comunità, non ultimo l'appoggio FareShare, un'associazione che lotta contro lo spreco alimentare e la malnutrizione: grazie alla sua campagna su Twitter sono state raccolte 400.000 sterline che hanno permesso di fornire tre milioni di pasti a persone vulnerabili in tutto il Regno Unito.

In effetti ciò che ''unisce'' i giocatori sotto contratto con Roc Nation è quella parte del proprio background culturale e personale che li avvicina a Jay-Z: Jerome Boateng ha attirato l’attenzione per essere uno sneakerhead incallito e per il murale nel quartiere Wedding di Berlino che lo ritrae accanto ai fratelli Kevin-Prince e George, Lukaku per il suo passato di povertà estrema dal quale è riuscito a tirarsi fuori, Tyrone Mings per una storia, molto americana, di late bloomer che l'ha portato ad avere una seconda grande occasione in Premier League a 28 anni e per i suoi investimenti nel mondo della moda e del design. Per diventare un atleta ''Roc Nation oriented'', quindi, non basta essere cool: bisogna avere quel particolare magnetismo da icona pop in grado di fare presa sul pubblico di riferimento, con grande attenzione al contesto storico e al messaggio che si intende veicolare. 

Ma c’è anche altro: Jay-Z avrebbe la credibilità per pensare di attrarre anche i Cristiano Ronaldo e i Messi di turno. In quel caso, però, la sua presenza finirebbe per diventare quasi un dettaglio collaterale nella narrazione di due personalità ingombranti quasi quanto la sua, se non di più. Puntare su calciatori dal livello medio-alto, invece, garantisce a Jay-Z il ruolo da primadonna di cui non sembra poter fare a meno. Nel momento in cui un calciatore viene ad essere identificato come una ''creatura'' di Roc Nation si ribalta il normale rapporto di forza tra rappresentante e rappresentato: non è Roc Nation ad essere famosa per essere l’agenzia di Boateng, Lukaku e Mings ma sono Boateng, Lukaku e Mings ad essere famosi perché calciatori Roc Nation.

Un nuova forma di status symbol che con Ronaldo e Messi non sarebbe possibile e che renderebbe più difficile quella espansione globale del proprio brand che Jay-Z sta perseguendo da tempo, al di là delle dichiarazioni di facciata e delle lodevoli iniziative alla #morethananthlete. Come ha scritto Alessandro Cappelli su Rivista Undici Roc Nation "non lavora per beneficenza o per trasmettere un messaggio di solidarietà, non è certo una onlus. È un’azienda che fa profitto, è l’azienda del più grande imprenditore venuto dal mondo dell’hip-hop, il primo rapper nella storia con un patrimonio personale di un miliardo di dollari". In effetti, il senso degli affari di Jay-Z, soprattutto per quelli legati al mondo dello sport entertainment, ha pochi eguali. Il cinismo e la lucidità con cui riesce a valutare e individuare la soluzione più redditizia nel medio-lungo periodo sono quelli del businessman navigato e che è il primo e miglior promoter di sé stesso. Anche se questo, talvolta, significa rinnegare parzialmente alcune scelte del passato. 

Nel 2019, ad esempio, ha fatto molto rumore il contratto da 15 miliardi di dollari siglato con la NFL grazie al quale Roc Nation è diventata una sorta di ''direttore artistico'' per quel che riguarda l'intrattenimento musicale degli eventi della lega football. Dopo anni passati a costruirsi l'immagine di artista impegnato a lottare contro l'establishment e a prendere una posizione netta nel caso Kaepernick, ha siglato con disinvoltura una delle partnership più divisive dell'era moderna che ha attirato numerose critiche da parte della comunità afroamericana, sentitasi tradita nel momento in cui è passato dall'altra parte della barricata: quella gestita da uomini bianchi e ricchi, per nulla inclini ad occuparsi dei diritti delle minoranze e dei temi sociali, e che difficilmente lascerà che l'uomo da Brooklyn cambi le cose dall'interno come sostenuto durante la conferenza stampa di presentazione dell'accordo.

"I said no to the Super Bowl: you need me, I don’t need you" cantava Jay-Z solo un anno prima in un passaggio di Apeshit, ribadendo che lui all'halftime show del Super Bowl rinunciava volentieri.

Ma non finisce qui. Sempre nel 2018, Jay-Z è stato nominato diventato il direttore creativo di PUMA basketball, favorendo il ritorno in grande stile del marchio tedesco nel mercato delle signature shoes, sponsorizzando DeAndre Ayton e Marvin Bagley – pick #1 e #2 al Draft – e mettendo sotto contratto DeMarcus Cousins, Danny Green, Kyle Kuzma e Marcus Smart. Che la nomina sia arrivata quasi contestualmente alla firma di Lukaku con Roc Nation non è un caso: l'attaccante belga, come pure Axel Witsel ed Eric Bailly (tra i primi a firmare per Roc Nation) è uno dei calciatori di punta di PUMA. Che, quindi, ha deciso di sfruttare l'influenza di Shawn Carter e della sua etichetta per provare a insidiare il duopolio Nike-adidas cambiando comunicativa, dimensione e percezione degli atleti che rappresenta e con la speranza di attrarne di nuovi dal peso specifico sempre più rilevante (ma non troppo) come Kevin De Bruyne. Perché a Jay-Z la NBA, la NFL e la MLB non bastano più.