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Come il Coronavirus cambierà lo stadio

I cambiamenti strutturali e comportamentali a cui dovremo abituarci

Come il Coronavirus cambierà lo stadio I cambiamenti strutturali e comportamentali a cui dovremo abituarci

Ci sono tendenzialmente due categorie di appassionati di calcio: quelli che vanno allo stadio e quelli che preferiscono seguire una partita da uno schermo. Chi fa parte del primo gruppo sa che lo stadio, inteso come struttura, è parte fondamentale della magia dell’evento sportivo, e la folla che lo riempie ingloba lo spettatore in un legame con gli sconosciuti che ci sono intorno. Ed è proprio il coinvolgimento, l’atmosfera corale, la presenza riempitiva della folla dentro lo stadio che porta un bambino a dire ''voglio andarci ancora''. Ma per tutti, soprattutto per chi questa esperienza l’ha appena assaggiata, sta per arrivare la delusione più grande.   

Infatti, il coronavirus che ha costretto attività e ristoranti ad applicare metriche distanze fra i consumatori non risparmierà nemmeno gli stadi che ogni weekend accolgono migliaia di spettatori. Se i centri di allenamento non sono un problema perché tenuti off-limits, lo stadio è invece una questione più complicata: quindi niente più stadium experience e tanti saluti al senso comunitario se non per i grandi stadi, per i quali sono state trovate delle buone soluzioni.  

Grandi spazi, grandi soluzioni

Come tutti i luoghi sociali del tessuto cittadino, un impianto da calcio per riaprire al pubblico dovrà necessariamente prepararsi ad effettuare i controlli di routine, ovvero screening e rigido rispetto delle distanze; per questo lo stadio - un grande stadio - può essere in realtà più avvantaggiato degli altri. Grande capienza vuol dire anche maggior libertà di gestione delle attività di controllo: nella suddivisione dell’area-stadio disegnata dalla Lega Calcio - seguendo il modello tedesco - la zona 3 corrisponde a quella esterna all'impianto, dove secondo le regole possono transitare solo operatori tv e forze dell’ordine.

Gli stadi più importanti in Europa sono tutti localizzati in aree non centrali del tessuto urbano e circondati da larghi spazi vuoti: servono per favorire il flusso e il deflusso di persone, ma anche a delimitare concettualmente lo spazio sportivo dentro una città. Il Giuseppe Meazza di Milano, l’Olimpico di Roma, l’Allianz Arena di Monaco e lo Juventus Stadium di Torino sono solo alcuni esempi di stadi con una cintura di spazio libero attorno, molto più numerosi rispetto agli esempi contrari, come il Bernabeu di Madrid, lo Stamford Bridge o il Camp Nou di Barcellona. In una situazione di necessario rispetto delle distanze, queste aree sono essenziali per un traffico ordinato e facilmente gestibile, motivo per cui è più facile far rispettare le distanze nei dintorni dei suddetti impianti.

E se l’interrogativo si rivolgesse anche agli impianti da costruire, come il nuovo stadio di Milano, la risposta non cambierebbe: costruire uno stadio in centro, in una zona urbanisticamente affollata da palazzi e strutture, non sembra essere un’ottima mossa. Lo stadio, in questa nuova ottica, dovrebbe disporre al contrario di un ampio territorio circostante non solo per quelle ragioni di marketing che tanto piacciono ai club, ma anche perché se la richiesta è quella di una struttura distance friendly, il design urbano di uno spazio concavo non serve. Il progetto dello studio di architetti Populus per il nuovo stadio di Milano ha proposto un rendering vincente concentrato sulla massimizzazione della match experience e, in tutta Europa, questo è il modello utilizzato con più frequenza. Ma dal post covid-19 in poi, l’effetto stadio non potrà più avere gli stessi parametri: i grandi centri commerciali adiacenti, per esempio, dovranno essere pensati con una filosofia rivolta agli spazi aperti, con la capacità di ospitare ordinatamente un flusso consistente di persone; l’opportunità di costruire da zero un sito commerciale, così come uno stadio, dovrà essere ottimizzata per permettere il mantenimento delle distanze di sicurezza. E se il calcio non può sciogliersi dal marketing, allora è il caso che cambino insieme.  

''Siri, cerca biglietti finale Coppa Italia''

Prima del coronavirus lo smart-working, i green project e l’e-commerce erano concetti già esistenti nella società ma in maniera quasi obbligata sono stati incentivati dalle esigenze pandemiche. E così, anche nel calcio, la teoria dell’ammodernamento degli impianti vedrà la sua apoteosi; la catena retorica che esaltava gli impianti anglo-tedeschi e che condannava l’arretratezza degli stadi italiani stavolta ha ragione: controlli manuali e confusione agli ingressi non saranno più accettabili. L’idea dello stadio hi-tech è diventata un'esigenza per attualizzare la stadium experience non solo nel prossimo futuro, ma anche nei decenni successivi. Chi è un fan dello stadio e ha l’abitudine di frequentare curve e tribune, dovrà prendere confidenza con i QR code o con l’app che ci permetterà di scegliere i posti al cinema. D’altra parte, c’è forse differenza fra un seggiolino e una poltroncina? 

L’universo del mobile entrerà ancora di più nel mondo del calcio con la gestione online delle attività di pre-match e, quindi, ecco il boom di biglietti e documentazione elettronica; inoltre, quando parliamo di importanza degli spazi ampi, si fa riferimento anche alle attività di screening: più ampiezza spaziale corrisponde anche a una migliore viabilità per il flusso di persone e, di questo, potranno beneficiarne anche le operazioni di riconoscimento facciale, visto che si dovrà togliere la mascherina utilizzando barriere in plexiglass per un rapido check-in. Ma in tutto ciò si sottintende che il numero di spettatori allo stadio dovrà calare.  

Come testimoniato dall’architetto Mark Fenwick al Corriere della Sera, ''la riduzione della capienza per aumentare lo spazio fra gli spettatori e il ricorso alla tecnologia no-touch'' devono essere il nuovo mantra per l’architettura dello stadio del futuro. Scene da sold out e code ai botteghini devono sembrare fotografie del passato, almeno per la prossima stagione. La capacità è e sarà per molto tempo il concetto chiave per il ripensamento degli stadi, la cui filosofia passerà da ''ospitalità di massa'' a ''riduzione essenziale''. Lo Juventus Stadium, in questo senso, è una delle strutture migliori. E così anche le prossime gru in azione a Milano, Cagliari e Firenze (città impegnate a rinnovare gli impianti) lavoreranno per una capienza ridotta, invece che scegliere di aumentare lo spazio del tifo. Oltretutto, si è detto di come ai tifosi allo stadio sarà richiesto di rimanere seduti e di non alzarsi - alla faccia del Yellow Wall di Dortmund -, spiegando che questo è uno dei metodi fondamentali per evitare di riempire le distanze di sicurezza e creare assembramenti. Ma non è una cosa da poco: per chi vive la stadium experience, stare seduti non è una richiesta così sottesa.