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Può essere il momento degli eSports?

Come la pandemia sta migliorando la reputazione dello sport virtuale

Può essere il momento degli eSports? Come la pandemia sta migliorando la reputazione dello sport virtuale

Il mondo si è arrestato, sta rallentando, vivendo una fase di attesa e precauzione, sperando in tempi in cui la normalità riprenderà e tutti i settori torneranno a pieno regime. Non tutti, però, si sono fermati o hanno ridotto i ritmi. Gli eSports fanno parte decisamente di questa categoria. In ogni situazione, anche in quelle tragiche, il bicchiere è mezzo pieno per alcuni e meno vuoto per altri. Gli eSport appartengono alla  prima metà, non tanto per quel che riguarda i volumi di vendita o di produzione, quanto per la reputazione che stanno riuscendo a costruire e soprattutto per lo scetticismo che gradualmente, mattone dopo mattone, stanno abbattendo. Le iniziative sono tante e toccano quasi tutti gli sport, ma vedere così tanti professionisti - ultimi i calciatori che oggi inizieranno la "Stay and Play Cup" - celebrare un mondo che da sempre è visto come l'antagonista dello sport è qualcosa di nuovo.

La possibilità di vedere gli eSports un giorno tra le 46 discipline dei Giochi Olimpici estivi o tra le 39 discipline delle Olimpiadi giovanili è una discussione ormai senza tempo. Ci sarà sempre chi si schiererà dalla parte dello sport nella sua forma più classica e chi si schiererà dalla parte del progresso e dell'innovazione. Eppure, durante questa pandemia, un piccolo passo in avanti è stato fatto - anche se assomiglia più ad "un piccolo passo per l'uomo, un grande passo per gli eSports". Per eSports, sempre meglio specificarlo, non si intende il semplice "giocare alla PlayStation/Xbox" ma vuol dire "giocare a videogiochi a livello competitivo organizzato e professionistico". È una differenza sottile, ma allo stesso tempo determinante. È questa specifica definizione che li rende realmente degli sport e non un banale passatempo.

La fase di crescita a cui si assiste adesso non è stata immediata, anzi. Nel momento storico in cui è arrivata sul mercato la grande novità di questo mondo virtuale che riusciva a coniugare divertimento e professionismo, ci si aspettava sicuramente un boost diverso, una spinta che potesse fin da subito far percepire la potenza del fenomeno. La crescita è stata decisamente più lenta rispetto alla tabella di marcia, complice anche una visione fin troppo innovativa del movimento che non ha attecchito immediatamente. Oggi, invece, la direzione è molto diversa e la curva di crescita sta conoscendo nuovi picchi. Le nuove tecnologie, gli investimenti sempre crescenti, la voglia e il coraggio di esplorare "universi paralleli" che possono però incrociarsi sono state spinte fondamentali per la centralità degli eSports. 

La realtà virtuale degli eSports è al centro delle giornate di molte persone ed è uno strumento che può aiutare in quei momenti di noia assoluta e interminabile. Le dinamiche e le strutture che ci sono dietro un mondo complesso e spesso astratto, però, sono imponenti e sicuramente non trascurabili. Al giocatore di videogame medio non diranno tantissimo, ma esse rappresentano nuove frontiere per tantissimi settori. Hanno, ad esempio, un impatto neanche così indiretto sui brand che decidono di entrare a far parte di un videogame - e di conseguenza sullo sport fashion. Il caso più evidente e recente riguarda NBA 2K e due colossi dello sport system come adidas e Nike.

La star degli Utah Jazz Donovan Mitchell è uno dei nuovi volti su cui adidas basketball punta di più. Con lo stop forzato della NBA, anche i lanci delle nuove scarpe da gioco è ritardato, non potendole mostrare sul palcoscenico sportivo più grande del mondo. Ma viste e considerate le nuove mosse e le nuove strategie della Lega, adidas ha deciso di lanciare e di mostrare per in anteprima le "The D.O.N. Issue #2" proprio attraverso il gioco più celebre e diffuso di basket al mondo.

adidas ha dunque sdoganato il mito delle release vecchia maniera, approfittando del trend positivo degli eSports per essere "creator" innovativi. Quello delle D.O.N. Issue #2 non rappresentano, però, un unicum. Nike è stata tra le prime a sfruttare il rapporto privilegiato che ha con la NBA e di riflesso anche con il videogame di riferimento. Il primissimo caso ha riguardato LeBron James, che ha lanciato una delle tante colorazioni delle LeBron 17 proprio via 2K, riadattando il nome delle sue signature a quello della casa produttrice del gioco. In un primo momento non c'era certezza che fossero sneaker realmente esistenti, ma grazie allo sviluppo NBA 2K20 x Nike Gamer, i fan hanno avuto l'opportunità di comprare le "Bron 2K" solo dopo aver completato delle sfide in modalità MyPlayer. 



Ultimo, ma non meno importante, il caso delle "Nike Zoom Freak 1 All Bros 4" di Giannis Antetokounmpo. La colorway "All Bros 4" è a tutti gli effetti una esclusiva NBA 2K e anche questa edizione limitata è apparsa per la prima volta in assoluto in un videogioco. Come per le "Bron 2Kpurple, anche le signature di The Greek Freak sono sbloccabili  vincendo sfide nella modalità My Player Nation Playoff.

Se da un lato la NBA è probabilmente la Lega più sviluppata sotto quasi tutti i punti di vista, il calcio e il mondo del gaming che gravita attorno non resta certo a guardare. La casistica non si spinge agli estremi come visto nel caso di NBA 2K, ma utilizza strategie innovative e spesso converte ciò che è virtuale in reale. Anche se le controversie tra club e EA Sports sono sempre al centro dell'attenzione, FIFA è riuscita ad abbattere pregiudizi e scetticismo per arrivare al cuore dei fan più attivi realizzando piattaforme dedicate al design, creando collegamenti tra gioco e realtà e catturando l'attenzione di club blasonati come Manchester UnitedReal MadridBayern Monaco e Juventus.

Nel 2018, il Manchester United ha rilasciato ufficialmente uno stravagante kit leopardato che non è passato inosservato. Nello stesso momento adidas ha lanciato una campagna con Jesse Lingard in cui riappariva questa divisa poco sobria. Nelle ore successive - quando già si era scatenato l'inferno tra i milioni di fan worldwide dei Red Devils - è stato comunicato che quel kit era il quarto della stagione in corso, ma non verrà mai indossato in una partita ufficiale. Anche se commercializzato - acquistabile a "soli" 113 sterline - il kit è stato utilizzato per le partite dello United solo in modalità Ultimate Team. La stessa strada è stata intrapresa, come detto, anche da Real, Bayern e Juve.

L'ultimo step che si muove in questa direzione è un upgrade del modo di approcciare alle divise da gioco, un mondo sempre più coinvolgente e sempre elemento di differenziazione tra i gamer. FIFA, implementando le modalità di gioco online e permettendo praticamente ai giocatori di emisferi diversi di giocare l'uno contro l'altro, ha intercettato questo trend e ha inserito all'interno del gioco una vera e propria sezione in cui è possibile creare da zero il proprio kit.

Gli eSports, dunque, sono sì un ottimo strumento per colmare le interminabili giornate di quarantena, ma allo stesso tempo hanno un impatto sul mondo dello sport fashion non da poco. Le strade mai percorse e ora battute da adidas e Nike, lo sviluppo di nuovo tecnologie delle case di videogame e il lancio di kit realizzati appositamente per la versione eSports di un club sono tutti segnali e sintomi di un mondo in forte espansione e di una reputazione che sta migliorando step by step.

Come brillantemente spiegato da Federico Principi in un focus pubblicato su Ultimo Uomo sulla Formula 1 virtuale - che sta letteralmente facendo ricredere tutti sulla realtà aumentata - gli eSports possono realmente fungere da anello di congiunzione tra ciò che è reale e ciò che è virtuale, tra ciò che è sport e ciò che è eSport, tra sportivi professionisti e amatori che si divertono con il joystick tra le mani. Il marketing di club sportivi, di brand e di tutti gli operatori lavorano nel settore dello sport system, ha ormai interiorizzato l'importanza eSports e portano avanti strategie che viaggiano in parallelo con quelle delle stagioni sportive di una squadra. Anche le federazioni - da sempre un po' ostiche all'innovazione - si lasciano ormai coinvolgere e, anzi, si attivano per promuovere eventi ed occasioni speciali. 

Non si può sottostimare neppure l'investimento economico globale nel settore degli eSports: dalla Formula 1 (con la Ferrari che vanta una scuderia virtuale fatta da ragazzi che alternano studio a ore e ore all'interno dei simulatori e che girano il mondo per partecipare alle gare ufficiali) ai singoli club calcistici che stanno ampliando le loro infrastrutture anche in quest'ottica (aprendo a tutti gli effetti dei "vivai" per far crescere i gamer del futuro). L'accostamento tra amatori, gamer e pro rappresenta una svolta che questa pandemia ci sta mettendo di fronte. Vedere Leclerc che lotta contro David "Tomzilla" Tonizza come se lottasse per la pole contro Lewis Hamilton fa comprendere davvero la rilevanza di un movimento che non si può più trascurare.

La lotta contro lo scetticismo continua, perché la cultura del gaming non ha fatto presa in tutti gli ambienti. In molti continuano - e continueranno - a guardare gli eSports con occhi sospetti, considerandoli un corpo estraneo allo sport e perseverando con un atteggiamento conservatore. Una visione condivisibile solo se negli ultimi 15-20 anni si è stati a spasso con Rocket, Groot, Star-Lord, Nebula, Gamora e Drax in giro per galassie. Gli eSports possono e devono essere visti con uno sguardo che volge al futuro, considerati una novità e allo stesso tempo una opportunità, una forma di completamento dello sport e non un'idea da cui separarsi e prendere le distanze. È innegabile affermarne la diversità, è naturale concepirne le differenze, ma queste non devono per forza creare un polo nord e un polo sud che non si parleranno mai. Gli eSports e gli sport nell'accezione tradizionale del termine non è detto che siano l'uno l’opposto dell’altro.

Tornando al bicchiere mezzo vuoto, è sempre importante porre una questione sotto la giusta luce. Come ricorda uno dei guru moderni come Larry Winget "il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto? Risposta: Chi se ne importa? Importa davvero se il bicchiere sia mezzo pieno o mezzo vuoto? La questione è se placa o no la tua sete”.