Vedi tutti

Class of 2020

Tutto quello che bisogna sapere sui futuri hall of famer NBA

Class of 2020 Tutto quello che bisogna sapere sui futuri hall of famer NBA

L'indirizzo è 1000 Hall of Fame Ave, Springfield, Massachusetts 01105, Stati Uniti. Il nome della strada dice già tutto, o quasi. Siamo a poco più di 3km dal 263 di Alden St, ovvero sia l'ingresso principale dell'International YMCA College, quello che per tutti oggi è lo Springfield College. Sono due posti sacri per la pallacanestro mondiale, un po' come è Uluṟu (aka Ayers Rock) per gli aborigeni. Nel primo risiede la storia della pallacanestro mondiale, un tempio in cui risiedono i più gloriosi personaggi che hanno reso grande "The Game"; nel secondo si è letteralmente fatto il gioco, ovvero dove il professor James Naismith ha inventato il basket.

La Hall of Fame è da sempre sinonimo di eternità, di consacrazione, di infinito. Essere introdotti nella HoF significa entrare nell'Olimpo di chi non potrà mai essere dimenticato e di chi merita la massima onorificenza. Come ogni cosa, però, esiste un rovescio della medaglia piuttosto importante. Anche se quelle mura trasudano di momenti epici, di lacrime di gioia di sportivi che sono realmente considerati dei semidei, rappresentano anche la definitiva conclusione di una carriera, "the culmination" come l'ha definita qualcuno, la fine di un'era.

Ogni anno, ormai dal 1959, vengono introdotti personalità importanti del mondo della pallacanestro: giocatori, allenatori, arbitri, squadre. Tutti i più grandi fanno parte di questa grande famiglia elitaria. Ogni classe ha una sua punta di diamante, una leggenda che ha lasciato il segno in questo sport. La classe 2020 è una delle migliori - e vincenti - di sempre: sarà per il significato dei membri che la compongono, sarà per la legacy che hanno lasciato, sarà per via di qualcuno che è entrato nel cuore davvero di tutti, costringendo il mondo intero a lacrime di tristezza stavolta. 

Il 29 agosto 2020 saranno introdotti nella Naismith Memorial Basketball Hall of Fame: Eddie Sutton, 4 volte Coach of the Year e allenatore da più di 800 vittorie in NCAA; Rudy Tomjanovich, allenatore degli Houston Rockets campioni NBA nel 1994 e nel 1995; Tamika Catchings, 10 volte All-Star, 4 volte vincitrice della medaglia d'oro olimpica (Atene, Pechino, Londra, Rio) e autrice di una quadrupla doppia da 25 punti, 18 rimbalzi, 11 assist, 10 recuperi e 10 stoppate; Kim Mulkey, coach 3 volte campione NCAA con le Baylor Lady Bears; Barbara Stevens, 5 volte Coach of the Year della Division II; Patrick Baumann, executive della FIBA prematuramente scomparso nel 2018. Ognuno di queste persone legate al mondo della pallacanestro ha una storia incredibile, ma nessuna eguaglia quelle dei 3 gioielli della classe.

11 titoli NBA, 3 ori olimpici, 4 MVP della regular season, 5 MVP delle NBA Finals, 48 nomination tra gli All-Star, 86.210 punti segnati sono numeri che hanno aiutato Kevin Maurice GarnettTimothy Theodore Duncan e Kobe Bean Bryant a diventare hall of famer, ma non sono tutto. Spesso i numeri insultano le icone, non rendono giustizia "al sangue, alla fatica, alle lacrime e al sudore" che ogni sera hanno messo in campo, per dirla alla Winston Churchill - o alla LeBron James dopo le NBA Finals del 2016 se preferite. Quello che hanno rappresentato questi 3 giocatori negli ultimi 20 anni per la pallacanestro è qualcosa che trascende dall'essere eccezionali giocatori di basket. 

KOBE BEAN BRYANT 

"Un incredibile traguardo e un grande onore, di cui siamo estremamente orgogliosi: l’elezione nella Hall of Fame è il picco della carriera di Kobe, perché ogni vittoria era solo un piccolo passo per arrivare fin qui. Ovviamente avremmo voluto che fosse qui con noi a festeggiare. Noi siamo orgogliosi di quello che ha fatto, c’è un briciolo di conforto nel fatto che avessimo una certa fiducia di vedere il nome di Kobe nella classe 2020”.
Vanessa Bryant

Come si fa a non partire dal Mamba. Paradossalmente, si è già detto tutto di lui, anche se tutti avrebbero preferito un motivo diverso. La celebrazione della vita di Kobe Bryant, interrotta troppo presto dopo l'incidente in elicottero di Calabasas, meritava questo step più di qualsiasi altro. Non sono i numeri, come detto, a far entrare Kobe nell'Olimpo del basket dalla porta principale, ammesso che fosse questa introduzione nella HoF a consacrarlo come leggenda eterna. Essere considerato dalla maggior parte di colleghi, addetti ai lavori e tifosi uno dei 5 interpreti migliori del Gioco era sufficiente, ma la consacrazione è un rituale che si deve rispettare.

Non ci sarà lui il 29 agosto al 1000 di Hall of Fame Ave e sarà uno dei motivi per trasformare le lacrime di gioia in lacrime di tristezza e sconforto. Non sentiremo le sue parole, la sua voce, magari qualche ringraziamento in italiano proprio alla sua Italia. Non è stato ancora comunicato come si celebrerà il suo ingresso nella HoF, ma la NBA curerà nei minimi dettagli anche questa ultima eterna celebrazione.

 

KEVIN MAURICE GARNETT

"È l’apice di una carriera. Non immaginate quanto ore ho speso ad allenarmi e cercare di migliorarmi. Ho giocato sopra gli infortuni, fino a sfinirmi. Ho sempre dato il massimo. Non mi sono mai arreso davanti a nulla. Adesso tutta la fatica spesa senza mai prendermi una pausa è ripagata. Questo è il culmine. Sentirsi definire un Hall of Famer è un’emozione indescrivibile".
Kevin Garnett

Si potrebbero raccontare un centinaio di storie su KG: le storie di violenza a Mauldin in South Carolina, la sua innata competitività, com'è riuscito a convivere con il dolore per la scomparsa del suo migliore amico, la sua arte del trash talking, la sua liberazione quando nel 2008 ha urlato al mondo che "anything is possible". "The Big Ticket" è forse un soprannome che non apprezza fino in fondo, anche perché affibbiatogli presto e per un motivo che esula dalla pallacanestro giocata. Molto più adatto è invece "The Revolution" e il motivo lo spiega direttamente Paul Pierce, suo compagno di squadra ai Celtics e ai Nets: "Nessuno aveva mai visto una cosa del genere, una combinazione di velocità, abilità atletiche e versatilità allo stesso tempo. È stato il primo". Rivoluzionare il gioco non è così semplice, ma KG è riuscito anche in questa impresa. Il suo discorso è uno di quelli più attesi.


TIMOTHY THEODOR DUNCAN

"È come se fosse la fine di un viaggio. È stata una carriera incredibile, mi sono divertito tantissimo. Definirla un sogno divenuto realtà è riduttivo, mai avrei pensato di arrivare fino a questo punto. Ho giocato, mi sono divertito, ho amato tutto ciò che ho fatto. E con i ragazzi con cui sono entrato in Hall of Fame creiamo una classe fantastica".
Tim Duncan

Vanessa (se sarà lei a tenere il discorso) e Kevin Garnett piangeranno, anche tanto. Duncan, invece, non lo farà presumibilmente. E non perché non sia soddisfatto, onorato ed emozionato all'idea di entrare nella Hall of Fame. Il #21 degli Spurs ha sempre provato a nascondere le emozioni, ciò che prova, facendo leva anche sulla laurea in psicologia conseguita ai tempi della Wake Forest University. La sfera emotiva del cruciano è da sempre misteriosa ed enigmatica, mentre il suo impatto sul gioco è inconfutabile. È stata una delle migliori ale grandi della storia, con un pacchetto di skills completo. La dinastia di San Antonio lo rende un simbolo e una leggenda in Texas, in America, in tutto il mondo e nella sua piccola Christiansted, un piccolo borgo di 3.000 abitanti sull'isola di Saint Croix, nell'arcipelago delle Isole Vergini.