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Che succede ad Euro 2020 con il coronavirus?

A 100 giorni dalla partita inaugurale, crescono i dubbi sulla sicurezza dell'evento

Che succede ad Euro 2020 con il coronavirus? A 100 giorni dalla partita inaugurale, crescono i dubbi sulla sicurezza dell'evento

Il caos che sta avvolgendo gli eventi sportivi in giro per il mondo è senza precedenti. Dopo le indiscrezioni sul possibile slittamento delle Olimpiadi di Tokyo, anche altre grandi manifestazioni sportive stanno monitorando costantemente la situazione, anche per avere a disposizione il prima possibile un piano B.
È il caso di Euro 2020, che tra 100 giorni darà il via alla sua 16esima edizione in 60 anni di storia. Proprio per festeggiare la cifra tonda, la UEFA ha optato per la prima versione itinerante del campionato europeo. Dopo le prime edizioni con la doppia nazione ospitante (Euro2000 in Belgio e Olanda, Euro2008 in Svizzera e Austria ed Euro2012 in Polonia e Ucraina), il nuovo format prevede ben 12 sedi: Copenaghen, Bucarest, Amsterdam, Dublino, Bilbao, Budapest, Glasgow, Baku, Roma, Monaco di Baviera, San Pietroburgo e Londra.

Ma quella che doveva essere una nuova versione di Euro 2020 rischia di diventare la minaccia principale?
L'edizione itinerante, considerata le conseguenze e i danni del coronavirus, può a tutti gli effetti rappresentare un rischio alto. Lo sa la UEFA, lo sanno le nazioni più colpite dal virus, lo sanno i migliaia di tifosi che avevano già programmato di seguire la squadra del proprio Paese. I dati, purtroppo, confermano la pericolosità di un evento di questa portata. Dal 31 dicembre 2019 al 4 marzo ci sono stati 93.076 casi e 3.202 decessi (3.4%). I Paesi europei, ad oggi, stimano 5.870 contagi, con l'Italia - Paese che ospiterà la partita inaugurale - come sede più colpita (2.502). Seguono la la Germania con 196, Spagna con 151, il Regno Unito con 51, l'Olanda con 28, la Danimarca con 8, la Romania e la Russia con 4, chiude l'Azerbaijan con 3.

Numeri che, se declinati ad una competizione continentale, potrebbero spaventare gli addetti ai lavori. Tra falsi allarmismi e concrete preoccupazioni, il destino di Euro2020 resta incerto. Anche se Aleksander Ceferin, presidente della Uefa, vuole concentrarsi solo sugli aspetti organizzativi, predicando calma e precauzione, è quasi fisiologica l'idea di un rinvio o di una soluzione che tuteli la salute di tutti: atleti, organizzatori e tifosi.

L'imprevedibilità della situazione, però, consiglierebbe la realizzazione di un piano B, ma allo stesso tempo gli organizzatori non perdono le speranze, guidati dall'ottimismo di altri numeri. La già celebrata "edizione dei record" ad oggi ha vede una richiesta di biglietti vicina ai 30 milioni, senza considerare le 37 mila domande (da 159 nazioni diverse) per essere tra i volontari durante l’evento. L'idea di platiniana memoria di "unire l'Europa" potrebbe essere frantumata da una paura crescente per un qualcosa di mai affrontato.

Alla calma del #1 della UEFA e alle preoccupazioni relative ad una versione itinerante - con l'anticipazione che sarà difficile vederla riproposta in futuro per troppe difficoltà di natura legislativa, monetaria e adesso anche sanitaria - si contrappongono le parole di Gianni Infantino, presidente della FIFA:

Il coronavirus non può essere sicuramente sottovalutato, ma non bisogna farsi prendere dal panico. Non sono personalmente preoccupato, dobbiamo esaminare seriamente il problema, ma non dobbiamo reagire in modo eccessivo. Non escluderei nulla in questo momento. Spero che non dovremo mai andare in quella direzione.

A 100 giorni dall'inizio di una delle competizioni più attese, le sensazioni si avvicinano molto a quelle delle Olimpiadi: c'è ottimismo, c'è voglia di proseguire il percorso previsto, ma allo stesso tempo si percepisce la necessità di tutelarsi con un piano in caso di emergenza.