Vedi tutti

Lo stile secondo Mino Raiola

L'essere e l'apparire del procuratore sportivo più famoso degli ultimi vent'anni

Lo stile secondo Mino Raiola L'essere e l'apparire del procuratore sportivo più famoso degli ultimi vent'anni

Sarà perché Zlatan Ibrahimovic è appena ritornato in Serie A, sarà perché stiamo per entrare nel vivo del calciomercato invernale, ma è quel periodo dell'anno in cui sentiamo continuamente pronunciare il nome di Mino Raiola quando si parla di grandi giocatori in procinto di cambiare squadra. Pavel Nedved, Zlatan Ibrahimovic, Mario Balotelli, Paul Pogba, Romelu Lukaku, Gianluigi Donnarumma hanno tutti in comune l'agente italiano, da oltre un decennio il protagonista indiscusso delle sessioni di mercato, ed insieme a Jorge Mendes è il procuratore sportivo che ha segnato le trattative più importanti degli ultimi anni.
Eppure, senza entrare nel merito di chi ha guadagnato di più in commissioni, Raiola e Mendes interpretano la professione in maniera diametralmente opposto e ciò si intuisce subito dal look: ai vestiti da businessman impeccabile dell'agente portoghese si contrappone lo stile sguaiato di Mino composto da sneaker, pantaloncini e felponi che a mala pena riescono a contenere la sferica e proverbiale pancia. Se Mendes si interfaccia con società e giocatori tramite una rete di intermediari e società, Mino è la multinazionale di sé stesso fa da avvocato, ufficio stampa e intermediario allo stesso tempo con un approccio diretto e da strada, come le sue sneaker.

Pare che sia stato il suo professore di storia a insegnargli di non fermarsi mai alle apparenze, e di non indossare mai giacche e cravatte. E infatti rimanendo in tema outfit, le scelte di Mino Raiola non sembrano risentire dell'importanza dei suoi incontri o assecondare le generalità dei suoi assistiti: lo stile assolutamente poco ricercato dell'agente figlio di emigrati salernitani è una finestra sulla sua vita, quella del self-made man che è riuscito a circondarsi dei migliori giocatori del mondo e non ha più bisogno di dimostrare niente a nessuno, che non ha problemi a farsi fotografare in costume da bagno insieme all'amico Paul Pogba. La sua è un'estetica sincera ma nello stesso decisamente inappropriata visto il ruolo che ricopre e il suo tenore di vita. Ecco perché risulta inevitabile che al seguito di una cena insieme ad Adriano Galliani ed Evelina Christillin, venisse descritto così da quest'ultima sull'Huffington Post Italia:

"Pancia prominente, abbigliamento improbabile con maglia a strisce tendenti al melange, sorrisone da venditore ambulante, parlata con chiaro accento del sud, venato da inflessioni americane. Insomma, un simpaticissimo incrocio tra Peter Clemenza [vi ricordate, il capo regime del Padrino?], Mario Merola e il senatore De Gregorio".

Bermuda quando c'è da affrontare al meglio le giornate più calde, scarpe da ginnastica, comode magliette con il collo a V e felpe casual sono molto gettonate. E' molto raro vedergli delle griffe addosso, per il resto se ci sono degli accessori che non mancano quasi mai, quelli sono gli occhiali da sole ed il telefono cellulare. A Mino, all'anagrafe Carmine, non importa affatto di 'sforzarsi' per sembrare un procuratore milionario quando ha in programma uscite in pubblico o importanti meeting di mercato: come quella volta quando osò presentarsi con dei pantaloncini hawaiani e delle sneaker Nike ai piedi, oltretutto senza calze, ad un un incontro con l'ex direttore sportivo della Juventus Luciano Moggi, in una sala vip dell'aeroporto di Monaco. Un aneddoto unico raccontato molto bene in questo articolo di Time on The Ball del febbraio 2019.

Il suo modo di presentarsi non gli ha mai impedito di fare colpo sui suoi assistiti. Come Zlatan Ibrahimovic, che ha più volte raccontato come andò il primo incontro con quel 'meraviglioso ciccione idiota' che si presentò in jeans e t-shirt Nike, che con quella pancia enorme sembrava uno dei Soprano e che iniziò subito a mostrargli il numero di gol di Vieri, Inzaghi e Trezeguet per indicargli la strada da seguire:

"Chi diavolo è questo qui? Dovrebbe essere un agente quella specie di gnomo ciccione? E quando ordinammo cosa credete, che arrivò un piattino di sushi con avocado e gamberetti? No, arrivò una valanga di roba, cibo per cinque, e lui divorò tutto come un dannato".

Nonostante si aspettasse di trovare un uomo elegante in gessato scuro, Ibra fu rapito dai modi di Raiola e decise di affidarsi al procuratore italiano per svoltare la tua carriera, ai tempi dell'Ajax. Le dritte di Raiola furono determinanti per instradare il giovane svedese verso il calcio che conta, all'insegna della filosofia low-profile e della concretezza: lo persuase ad sostituire le giacche firmate e gli orologi costosi che era solito utilizzare con roba decisamente meno appariscente, e perfino ad abbandonare la Porsche Turbo che guidava ai tempi per una Fiat Stilo. Il resto è storia, e l'amicizia tra i due dura ancora oggi: alcune bellissime scene del rapporto tra il campione scandinavo e l'agente di origini salernitane che ha contribuito in maniera determinante alla sua esplosione fanno parte del film documentario 'Becoming Zlatan', ma se ne parla anche in una sezione intera del libro biografico 'Io, Ibra'.

Grazie alle qualità di mediatore quale è sempre stato per natura, sin dai tempi della gestione del ristorante di famiglia ad Haarlem nel quale lavorava come cameriere (e non come pizzaiolo!) o del Mc Donald's acquistato e rivenduto dopo pochi mesi all'età di 19 anni, Raiola è riuscito a curare gli interessi di tanti personaggi 'complicati' come Mario Balotelli, ma anche di saper trattare con dirigenti esperti e navigati. Con alcuni è riuscito a instaurare rapporti duraturi e a chiudere affari convenienti, ma con altri il feeling non è mai nato, a causa dei suoi modi un po' burberi. Come con Alex Ferguson ad esempio: il manager scozzese a cui sfilò Pogba allora giovanissimo dall'Academy lo definì 'shit bag', e poi qualche anno dopo, riferendosi al loro rapporto, utilizzò una metafora tanto inconsueta quanto inappropriata: 'io e lui siamo come l'acqua e l'olio'. In realtà, a differenza di quanto si possa credere, non sono mai stati i soldi a muovere le sue operazioni milionarie, ma le parabole umane. E' quello che emerge da uno stralcio di una rara e significativa intervista a GQ:

“Ai calciatori domando: ‘Vuoi diventare il più pagato o il migliore?’. Se rispondono ‘il più pagato’ gli indico la porta. Il pittore che dipinge un quadro per denaro e non per passione non lo vende. I soldi sono molto importanti, ma se li insegui non arriveranno mai e con il tempo finisci per capire che c’è sempre qualcuno più ricco di te”. 

Ma più che quello di essere riuscito ad ottenere il massimo guadagno possibile dai suoi assistiti, il suo grande merito però è forse quello di aver contribuito alla spettacolarizzazione della sua categoria, alla definitiva consacrazione del procuratore capace di dettare le regole degli affari, fronteggiando da solo i dirigenti delle squadre più prestigiose. Se prima il suo habitat naturale era l'Olanda, da cui iniziò la sua attività di procuratore grazie al passaggio di Dennis Bergkamp all'Inter, adesso non ha più confini stabiliti e si muove sul mercato internazionale come un avvoltoio per arrivare prima degli altri sui giocatori di prospettiva. E nel frattempo continua a far parlare di se per vicende extra, ma semplicemente perché le sue dichiarazioni sono spesso anti-retorica, come quando sbroccò in diretta su Sky perché non funzionava internet nell'hotel che ospitava il calciomercato. Dopo i recenti guai di carattere legale, e il gossip di aver acquistato la villa di Miami appartenuta ad Al Capone, adesso è alle prese con il rinnovamento della sua scuderia, alla ricerca i nuovi pupilli con cui ottenere maxi commissioni: post Moise KeanMatthijs de Ligt e Erling Haaland, i nomi del futuro potrebbero essere quelli di Xavi Simons e poi chissà, anche quello di accaparrarsi la procura di una delle giovani stelle della Premier League, Marcus Rashford. Poi, forse, riuscirà finalmente a comprarsi una squadra tutta sua come aveva più volte dichiarato in passato.