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Il nuovo giovane Chelsea di Frank Lampard

Come i Blues hanno sfruttato il blocco del mercato in entrata per rivoluzionare completamente la rosa

Il nuovo giovane Chelsea di Frank Lampard Come i Blues hanno sfruttato il blocco del mercato in entrata per rivoluzionare completamente la rosa

“La Zattera della Medusa” è una delle opere più rinomate di Théodore Géricault, attualmente esposta al Louvre di Parigi. E' una delle tele più famose del Romanticismo e contiene vari ethos legati all’animo umano, e nella fattispecie, il senso della fuga e della speranza: la volontà di abbandono dovuta alla sfiducia nella propria condizione e la la fede nella possibilità di salvezza. Concettualmente corrispondono alle coordinate umane dell’inizio stagionale del Chelsea, arrivato già alla quarta giornata di un campionato per nulla facile. La squadra ha un nuovo allenatore e un roster completamente ristrutturato, ecco perché la stagione che per i Blues stanno per affrontare sa tanto di “anno 0”. Anche perché il presente del Chelsea è molto diverso da quella che è stata la sua storia recente, un periodo sommariamente eclatante la cui conclusione è terminata con due eventi mainstream: la vittoria dell’Europa League 2019 ai danni dell'Arsenal e l'addio di Eden Hazard.

Oltre alla cessione - già annunciata da tempo - dell’asso belga al Real Madrid, sulla carta il problema più grave è stato quello causato dal blocco del mercato, il quale, per quanto anch’esso già noto (deciso dalla FIFA per sanzionare l'acquisto di giocatori minorenni), ha largamente condizionato l’estate del Chelsea. Seguendo un mantra che richiama ai primi albori della filosofia del cholismo, Abramovich ha dovuto far di necessità virtù e ottimizzare ogni singola risorsa interna, soprattutto alla luce di un contesto piuttosto decostruttivo. La plenipotenziaria Marina Granovskaia, e con lei i vertici del club londinese, hanno dovuto allestire una squadra che deve disputare quattro competizioni senza la possibilità di investimenti immediati. Ma mai come stavolta il divieto di acquistare giocatori durante la finestra estiva è stato accolto con fiducia e non con rammarico, vista la possibilità di operare quella rivoluzione inevitabile che veniva da tanti anni rinviata. Ecco perché, in una situazione di dichiarata criticità, gli unici sorrisi li hanno portati due personaggi con ruoli fondamentali: il ritorno di Frank Lampard a Stamford Bridge come manager e il definitivo trasferimento dal Borussia Dortmund di Christian Pulisic, il calciatore di punta del soccer americano. Il primo ha dimostrato fin dalle prime settimane di voler parlare una lingua calcistica elegante e divertente, capace di far applaudire il pubblico affezionato al Chelsea; il secondo, con il suo talento, ha preso immediatamente in mano l’eredità di Hazard diventando il frontman offensivo della squadra. Una rosa che tra l’altro non ha potuto neanche più contare su Gonzalo Higuain, tornato alla Juventus, e dunque senza un effettivo pezzo da 90 in attacco. Per il sito Transfermarkt il Chelsea è comunque nella top four dei valori delle rose della Premier League, sintomo di come non ci sia una totale diffidenza nelle qualità dei Blues. Ma certo, quella in corso non potrà essere una stagione facile.

 

I talenti dell'Academy

Come i naufraghi della Zattera, così il Chelsea ha saputo trovare la speranza per poter far sì che questa stagione  - anche mediaticamente - non si considerasse totalmente da buttare prima ancora di iniziare. In questo caso, il vascello che Géricault ha posto all’orizzonte si chiama talento, ed è quello dei sei under 21 presenti nel roster: sono quasi interamente prodotti del vivaio di West London (la cosiddetta 'Chelsea Loan Army') e, cosa non secondaria, a parte Pulisic sono tutti inglesi: Mason Mount (1999), Tammy Abraham (1997), Fikayo Tomori (1999, di origini canadesi), Reece James (1999), Callum Hudson-Odoi (2000, di origini nigeriane) e appunto Christian Pulisic (1998). La stella USA nata in Pennsylvania è stata pagata lo scorso gennaio 64 milioni di euro dal Borussia Dortmund, in previsione della squalifica che sarebbe arrivata a breve, e nelle sei partite stagionali giocate dai Blues ha lasciato l’impressione che le aspettative avevano creato: un talento puro che gradualmente si sta inserendo in un complesso sistema di calcio.

Il Chelsea aveva già scoperto con Maurizio Sarri Hudson-Odoi, esterno offensivo classe 2000 che la scorsa stagione aveva già attirato grandi club stranieri (su tutti il Bayern Monaco che l'ha corteggiato a lungo e si è tirato fuori dalle avances dopo il grave infortunio) con nemmeno dieci presenze all'attivo. Ma ed esaltare il nuovo Chelsea nelle ultime uscite è stata la coppia Mason Mount-Tammy Abraham, entrambi reduci da quella grande palestra che è la Championship inglese. In tutto questo c’entra anche Frankie Lampard, che ha allenato Mount al Derby County e, a sue spese, ha giocato contro l’Aston Villa di Abraham nei play-off promozione, che al Chelsea comunque aveva già raccolto negli anni già 5 presenze. Se Mount era già stato annunciato come un futuro craque inglese e già prediletto di Lampard - attualmente vanta un minutaggio complessivo di 406’ e 2 reti - le sue qualità hanno impressionato oltremodo all'esordio in Premier League. Ammessi i deficit del Chelsea nei riguardi delle altre big six (la sconfitta per 4-0 contro il Manchester United e poi quella in finale di Supercoppa Europea, sebbene solamente ai calci di rigore), Mount è stato insieme a Daniel James del Manchester United il giovane più sorprendente dei primi match di campionato, un mix di eleganza palla al piede e qualità balistiche che comunque, dopo i progressi registrati al Derby, non erano totalmente imprevedibili. Pochi giorni dopo il suo exploit, infatti, è subito entrato nella lista dei 23 convocati in Nazionale maggiore, con cui ha esordito in occasione della gara di qualificazione ad Euro 2020 contro la Bulgaria.

Il resto della band di Lampard è un gruppo di prospetti che gradualmente arriveranno al massimo dell’integrazione in squadra, che per le sorti della stagione, l’ex centrocampista spera avvenga il primo possibile. Anche perché il Chelsea dovrà gareggiare pure in Champions League, competizione che tra l’altro affronterà con un numero di presenze complessive nel torneo quasi al minimo. In estate il club ha perso tre giocatori esperti quali David Luiz (andato all’Arsenal), Hazard (al Real Madrid), Higuain (tornato alla Juventus). Ma, dopo questo continuo ritornello drammatico, c’è un buon motivo per essere meno tristi. Quest’anno Stamford Bridge può applaudire volti nuovi e freschi, e fra i protagonisti, ci saranno anche quelli che hanno avuto meno visibilità negli anni - come Ruben Loftus Cheek, Andreas Christensen, Kurt Zouma o anche un giocatore spesso rimandato come Olivier Giroud. A questi giovani però il Chelsea ha deciso di garantire un numero minimo di senior a cui affiancarli, che nell’ambito di un roster così povero di esperienza dovranno soprattutto reggere la responsabilità di essere dei leader. Cesar Azpilicueta, Pedro, N'Golo Kanté e Willian, giocatori che insieme contano 66 trofei vinti, avranno ancora un ruolo più focale. Questi top player negli anni hanno offerto tanto al Chelsea ma tranne in alcuni casi (Kanté e Azpilicueta) non c’è stata una lineare continuità nelle prestazioni. Ora è arrivato quel momento di compattare le energie per portare il livello della squadra alle soglie più alte, consapevoli comunque della distanza dagli altri top club. 

 

Frankie

In primo piano non può non esserci la figura più affascinante del nuovo presente di Stamford Bridge, Frank Lampard. Come accaduto a molti altri ex campioni con il patentino (da Filippo Inzaghi a Ole Gunnar Solskjaer) le prime esperienze da allenatore si incontrano precocemente con i vecchi club che li hanno glorificati. Che poi siano sempre esperienze positive non è detto. E per quanto l’inizio di campionato sia stato molto crudo e complicato in termini di risultati (una sola vittoria in quattro incontri), il gioco di Lampard piace, affascina, diverte. Quello che avrebbe dovuto fare Sarri. Il fattore L, a Londra, può essere quello che terrà ancoràti a sostenere la propria squadra i tifosi dei Blues, che nonostante anno scorso abbiano visto celebrare a Baku la seconda Europa League della propria storia, non sono stati affatto entusiasti del Sarriball. E l’ex nazionale inglese può sfruttare l’affetto che Stamford Bridge gli ha sempre tributato per poter portare avanti le sue idee senza la spada di Damocle delle critiche popolari. Proprio quelle che hanno martoriato i mesi di Sarri a Londra. Insomma, la scelta di passare da allenatori dal passato illustre ad un semi debuttante è spiegata dal fatto che Lampard, pur non avendo il curriculum dei grandissimi suoi predecessori, crede tantissimo nel nuovo progetto e ha a cuore le sorti della squadra come nessun altro prima d'ora.

Lampard come linea guida ha posto quattro difensori e un mediano, a cui può affiancare due mezzali (in questo primo scorcio di stagione stiamo vedendo spesso Barkley alternarsi Kovacic, prediligendo un palleggio più qualitatevole grazie a Jorginho) o coprirsi mettendogli davanti una linea di centrocampisti. In avanti sempre un solo centravanti, ed in questo caso il titolare è stato quasi sempre Tammy Abraham, che non ha iniziato la stagione nel più confortante dei modi (rigore fallito a Istanbul contro il Liverpool). Eppure il prodotto dell’Academy dei Blues è partito dal primo minuto tre volte su quattro in campionato, sbagliando molto sì ma anche portando a referto quattro marcature. Giroud, che pur continua a essere il terminare preferito nella Francia di Deschamps, sarà fondamentale in Champions League, dove l’esperienza può ovviare a tante carenze. Il resto dell’undici è fondamentalmente una costruzione basata su 7-8 giocatori fissi, tutti under 25, capaci di garantire molta corsa e ritmo, che si evidenziano sia con il centrocampo a tre che a quattro. Pulisic e Mount, nell’ultimo match rispettivamente esterno destro e sinistro, hanno lavorato in maniera asimmetrica: l’americano arrivava in profondità, l’inglese cercava soluzioni rientrando.

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L’ex numero 8 ha costruito un Chelsea molto propositivo, aggressivo, atleticamente un po’ altalenante ma generalmente bello da vedere. Forse però troppo fragile dietro, però, ecco perché Frankie vuole che si lavori tantissimo sulla personalità di squadra, un obiettivo di cui ha parlato anche pubblicamente. Inoltre sembrano essersi ripristinati i gradi di qualità di certi giocatori un po’ appannati nella scorsa stagione, in particolare Jorginho, che paradossalmente, nel Sarriball ha sofferto il ruolo per cui era stato preso. Il grande ed evidente limite che sta condannando le prestazioni del Chelsea è la tenuta mentale nel corso dei 90’, già evidenziata contro Sheffield United e Leicester, ad esempio: una squadra che pressa, aggredisce e segna ma che poi non riesce a rimanere sugli stessi livelli di concentrazione per tutta la gara. Il retaggio di Sarri nel palleggio è evidente ma il resto è tutto lavoro di Lampard, arrivato, pardon tornato a casa con le idee chiare. Le ha messe in pratica con molta spregiudicatezza e caparbietà, dimostrando competenza e orgoglio: si aspetta solo che le qualità di questa filosofia si amalgamino allo sviluppo della partita. E ancora quì ritorna il fattore europeo: il girone di Champions League del Chelsea è tutt'altro che impossibile e sarà un grande slam di partite intense, da disputare contro avversari non invincibili ma ugualmente di gran spessore. 

Le brutte notizie col passare dei giorni sembrano però ridursi sempre di più: dopo aver conosciuto il girone di CL, molto abbordabile ma da non sottovalutare, i londinesi hanno anche saputo del ritorno sui campi di Hudson-Odoi, che ha già ripreso ad allenarsi con l'Under 23. La migliore delle novità potrebbe però arrivare dai tribunali, visto che il Chelsea aspetta di conoscere l'esito del ricorso al CAS che ridurrebbe la squalifica e riaprirebbe la possibilità di operare nel mercato in entrata, a gennaio, garantendo dunque a Lampard qualche rinforzo già individuato da tempo (un laterale destro ed un centrale di livello, ad esempio) per continuare a credere nel progetto tecnico.