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L'Atalanta non ha imparato niente dai Mondiali Femminili

Alcuni dubbi sulla campagna di presentazione delle nuove maglie

L'Atalanta non ha imparato niente dai Mondiali Femminili Alcuni dubbi sulla campagna di presentazione delle nuove maglie

L'Atalanta ha presentato a Bergamo i nuovi kit per la prossima stagione di Serie A, Coppa Italia e Champions League. La Dea ha presentato la prima e la seconda maglia non presentano grandi novità rispetto a quelle classiche utilizzate dal club nelle scorse stagioni, con strisce verticali nerazzurre per il modello Home e bianca con bande orizzontali degli stessi colori per quello Away.
Nel video di presentazione, così come negli scatti di campagna, compaiono 5 ragazze molto carine che indossano le divise e si muovono nella scena senza nessuna funzione se non quella di posare come dei manichini, solamente più belli da guardare. I ritocchi con photoshop agli scatti fotografici sono poi la conferma che in questo caso si siano perse le giuste coordinate da seguire. 

Nel 2019 - che è stato l’anno del calcio femminile - il fatto che una squadra di Serie A usi ancora una comunicazione che considera le donne solo come degli oggetti buoni per mostrare le maglie che useranno gli uomini è arretrato e fuori luogo. Il fatto che a farlo sia l’Atalanta - fresca di una storica qualificazione in Champions League e lodata per la gestione del settore giovanile - fa ancora più male, perché denuncia l’arretratezza culturale della Serie A e del calcio Italiano sulla questione di genere.
Eppure le partite della Nazionale femminile ai Mondiali hanno registrato 5 milioni di telespettatori, in molte città ci sono stati eventi dedicati ai Mondiali, compresi i viewing party di #WomendoFootball a Milano. Le sezioni sportive dei giornali italiani hanno dedicato paginoni e interviste a giocatrici e allenatrici trattando per la prima volta le donne nel calcio come protagoniste e non semplici intruse o peggio oggetti d’arrademento da studi televisivi.
Per il calcio femminile però il 2019 è un punto di partenza per un movimento che ha ancora tanta strada da fare: le giocatrici in molti paesi (il nostro compreso) non sono riconosciute come professioniste, il gap di salario tra uomini e donne è macroscopico, tanto che il pallone d’oro femminile Ada Hegerberg ha deciso di non prendere parte al Mondiale per protestare contro la Federazione norvegese. Il Mondiale del 2019 e l’endorsment di grandi brand hanno dato però al movimento un’enorme opportunità mediatica, portando l’attenzione sul sacrificio e alla determinazione di ragazze che hanno lottato per giocare al calcio e che oggi vedono i primi frutti.

Alla partita tra Juventus e Fiorentina all’Allianz Stadium c’erano 40000 persone, le squadre femminili di Barcellona e Atletico Madrid hanno portato allo stadio oltre 60 mila spettatori.
Proprio l'attaccante dei bianconeri e della Nazionale Barbara Bonansea qualche tempo fa ci aveva confessato che non si sarebbe mai aspettata nulla di simile, ma che ora le ragazze stanno iniziando a capire la forza del loro movimento che è solo allo step di partenza.
Le squadre di Serie A come l’Inter hanno presentato la nuova maglia per la stagione 2019/2020 con alcune giocatrici della squadra femminile, tutti sintomi di un cambiamento nell'intero movimento calcistico.

Alcune calciatrici hanno preso la parola in prima persona, come per esempio il capitano della Nazionale USA Megan Rapinoe, che nei giorni scorsi si è scontrata verbalmente contro il presidente Donald Trump, ottenendo l’appoggio del movimento LGTBQ proprio nella settimana del Pride.

Anche un’altra squadra di Serie A come il Lecce qualche settimana fa aveva presentato le nuove maglie in modo simile all’Atalanta, con uno stile povero e fuori dal tempo, ancora legato agli stacchi delle veline degli anni ’90.
Ora provo a mettermi nei panni di una ragazza tifosa dell’Atalanta che ha passato l’ultimo mese a guardare Sara Gama, Bonasea & Co giocare un Mondiale entusiasmante e sopra le aspettative e quindi non vedere l’ora di essere sugli spalti del nuovo Atleti Azzurri d’Italia a tifare per l’Atalanta in Champions League. Il video di presentazione della maglia che ama però sembra dirle un’altra cosa, sembra intimarle di ritornare al suo posto, che il calcio è un fatto per uomini e che le donne al massimo possono fare le facce ammiccanti davanti alla telecamera, non segnare, esultare e scivolare sul campo.

Ecco, Percassi e l’Atalanta non hanno capito un cazzo di che cos’è il calcio femminile, e in fondo di che cos’è il calcio.