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Chiedimi chi era Marco Delvecchio

Di mestiere: attaccante

Chiedimi chi era Marco Delvecchio Di mestiere: attaccante

"Una dimensione parallela o universo parallelo (anche realtà parallela, universo alternativo, dimensione alternativa o realtà alternativa) è un ipotetico universo separato e distinto dal nostro ma coesistente con esso; nella maggioranza dei casi immaginati è identificabile con un altro continuum spazio-temporale. L'insieme di tutti gli eventuali universi paralleli è detto multiverso." (Fonte Wikipedia) 

Potreste legittimamente chiedervi perché mai io stia parlando di universi paralleli o dimensioni parallele, beh è semplice e ve lo spiego:

Torniamo indietro nel tempo e precisamente al 2 luglio 2000 ore 20:00, Feijenoord Stadion di Rotterdam, Paesi Bassi; 
Sta per iniziare la finale del campionato europeo di calcio tra Francia e Italia. In campo la nazionale italiana scende in campo schierando in attacco 2/3 del tridente giallorosso, Francesco Totti e Marco Delvecchio. Dopo un primo tempo dove subimmo la qualunque al 55esimo della ripresa accadde un mezzo miracolo: la palla è sulla fascia destra, Totti regala un palla a Pessotto in propensione offensiva con un colpo ti tacco geniale smarcandolo, il terzino della Juve non ci pensa un secondo e di prima mette in mezzo con cross teso nell'area piccola dove Delvecchio al volo con un piattone di sinistro, la mette alle spalle di Barthez per l'1-0 Italia. 

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La Nazionale Italiana tiene botta, Del Piero si divora per due volte il possibile 2-0 che avrebbe molto probabilmente chiuso la partita e di conseguenza il campionato europeo a nostro favore ma nella dimensione in cui ci troviamo ora  non ha importanza perché nell'universo parallelo che abitiamo, l'arbitro Anders Frisk concede soltanto 2 minuti di recupero e la partita finisce 1-0 per l'Italia. A segnare il gol che regala agli Azzurri il secondo campionato europeo della nostra storia, l'eroe della finale e colui che resterà per sempre impresso nella memoria collettiva è Marco Delvecchio

Purtroppo sappiamo tutti com'è andata: l'arbitro Frisk ne concederà 4 di minuti di recupero e prima Wiltord al 93esimo porta la partita ai supplementari e poi Trezeguet ci condanna con quel maledetto Golden Gol al 103'; tra l'altro un bellissimo gol, dentro l'area al volo dopo averla fatta rimbalzare a terra in mezza rovesciata la mette all'incriocio dove Toldo non può mai arrivare.
Una delusione feroce:

"Il momento più brutto della mia carriera, secondo soltanto all’ultima partita con la maglia della Roma. Abbiamo pagato la fortuna nella semifinale con l’Olanda, dove loro hanno sbagliato l’inverosimile. In finale sapevamo che dopo il pareggio di Wiltord arrivato in quel modo, all’ultimo secondo, non sarebbe stato possibile vincere".

Marco però il suo lavoro in quella finale lo ha fatto perché Marco di mestiere faceva gol

Delvecchio è un "romano nato a Milano" come ha sempre dichiarato, cresce nelle giovanili dell'Inter dove il presidente Massimo Moratti lo tiene in forte considerazione:

"Ho bellissimi ricordi dell'Inter. Non scorderò mai il mio esordio in Coppa Italia contro la Juve. Ero a Viareggio e mi chiamarono per giocare con campioni del calibro di Matthäus e Brehme. Stavo bene: Moratti mi considerava fondamentale e mi diceva che ero incedibile, che dovevo dare una mano a far ambientare i nuovi compagni." 

E invece Marco all'Inter non rimarrà, verrà ceduto in prestito alla Roma per il cartellino di Marco Branca. La notizia gli arriva mentre è in ritiro con la Nazionale Under-21; delusione e incredulità, quello che doveva diventare un punto fermo dell'Inter viene spedito in prestito senza troppe spiegazioni. 
Arriva in una squadra che in attacco ha già Abel Balbo, Daniel Fonseca e Francesco Totti agli inizi. I suoi primi anni a Roma sono difficili, non gioca con continuità ma soprattutto i tifosi non lo amano, anzi. Marco viene fischiato ogni volta che mette piede in campo perché a Roma volevano Batistuta (che poi arriverà anni dopo) ma saprà prendersi la sua rivincita.

La perfetta antitesi del giocatore divo: antiestetico, quel suo caracollare quasi goffo, quei capelli lunghi e spettinati, era sgraziato. Si, ma era fortissimo. La versatilità fatta giocatore; Marco su quella fascia volava e la buttava dentro sempre, cambiava il suo modo di stare in campo rispetto a ciò che serviva alla squadra. Lavoro sporco, abnegazione, tenacia e tanti gol - soprattutto nei derby - hanno fatto diventare Marco Delvecchio un idolo indiscusso e indimenticato di quella stessa tifoseria che lo fischiava senza ragione. 

"Il gesto che è nato un po' per sfida verso i tifosi, perché non apprezzavano il fatto che giocassi al posto dell'ipotetica punta che doveva arrivare. I fischi mi sembravano ingiusti, non era colpa mia se non era arrivato nessuno. Poi dopo un chiarimento con i tifosi a Trigoria è diventato il simbolo della mia esultanza, non più per sentire i fischi ma la gioia dei tifosi."

13 marzo 1999, Roma-Bologna. Marco segna un gol di testa al 10' e batte Antonioli. L'esultanza è immediata e intintiva: si porta le mani alle orecchie. Vuole ascoltare, vuole sentire quei fischi tramutarsi in applausi, vuole far capire a tutti che lui è lì per fare il suo mestiere e che lo sa fare molto bene. Da quel giorno in poi diventerà il suo marchio di fabbrica. 

Marco è "l'uomo derby" per eccellenza. Nessuno come lui ha inciso sulla stracittadina romana: 

"Entrare allo stadio prima del derby mi ha sempre trasmesso una carica unica: vedere gli spalti pieni e l'entusiasmo, ascoltare i cori sono emozioni che possono trasformare la tua preparazione alla gara."

Nella stagione 98/99 Delvecchio è titolare nella Roma di Zeman che schiera un tridente che comprende anche Totti e Paulo Sergio. Marco chiude quella stagione con 18 gol diventando il miglior attaccante stagionale dei giallorossi. Proprio in quella stagione inizia il suo rapporto "d'amore" con il derby: l'11 aprile segna una doppietta nel famoso derby della maglietta di Totti "Vi ho purgato ancora". Il primo gol è di una bellezza abbacinante, volata dalla metàcampo finta "gancio" su Mihajlović e bomba di sinistro imprendibile. 

"La finta gancio più facile e ti può riuscire sempre, se il difensore non abbocca al movimento tiri, se va in scivolata sposti la palla e lo superi. Bisogna soltanto essere bravi a capire il momento."

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"Ho tirato una saracca, forse il tiro più forte della mia carriera, Marchegiani non ha potuto farci niente."

L'arrivo di Fabio Capello sulla panchina della Roma cambia le cose. Arriva l'attaccante tanto voluto dai tifosi giallorossi, Batistuta. Marco vorrebbe andare via, c'è il Chelsea che lo cerca ma Don Fabio lo trattiene, il primo anno  il posto da titolare è di Montella e gioca meno ma l'anno successivo, quello del terzo scudetto, Capello lo dirotta sulla fascia per sfruttarne la sua velocità devastante. Il tridente della Roma è Totti-Batistuta-Delvecchio con Montella pronto ad entrare dalla panchina. Quell'anno Marco non segna molto, sono soltanto 3 i gol in campionato ma indovinate uno a chi lo segna? Ovviamente alla Lazio in una partità che finirà 2-2: doppio vantaggio della Roma raggiunta dai gol di Nedved e Castroman. Delvecchio piazza l'assist per il primo gol di Batistuta per poi realizzarne uno clamoroso al volo su un'imbucata pazzesca di Cristiano Zanetti.

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L'ultimo gol in un derby Marco le segna il 27 ottobre del 2002 ed è un gol bellissimo. Lancio di Emerson, stop di petto a seguire finta gancio su Nesta che va a terra e gol di destro, un capolavoro, concluso sempre allo stesso modo: con le mani alle orecchie per ascoltare ancora una volta quei fischi trasformatisi in applausi. 

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Marco lascerà la Roma a gennaio del 2005 dopo 300 partite e 83 gol. Andrà a Brescia, poi a Parma e infine all'Ascoli chiudendo la sua carriera con la maglia della Pescatori Ostia in Eccellenza. 

"Eravamo una squadra unita in campo, ma non è vero che non si può vincere con un gruppo che va d’accordo solo sul prato verde. Fuori dal campo non ci frequentavamo per niente. C’erano quattro gruppi, due composti da italiani, quello degli argentini e quello dei brasiliani. Ancora oggi, però, mi sento con i compagni a cui sono più legato."

 

Eclettico in campo e fuori. Nel 2012 Marco ha partecipato a Ballando con le stelle su RaiUno in coppia con Sara Di Vaira arrivando secondo ma dimostrando una coordinazione e una bravura che nessuno si aspettava; un po' la storia della sua vita che rispecchia quella del brutto anatraccolo che alla fine diventa cigno.