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Come si gioca un derby - Intervista a Dejan Stanković

Abbiamo chiesto all'ex centrocampista dell'Inter cosa serve per vincere un derby

Come si gioca un derby - Intervista a Dejan Stanković Abbiamo chiesto all'ex centrocampista dell'Inter cosa serve per vincere un derby

Quando Dejan Stanković entra da Slam Jam a Milano mi ricorda quando lo vedevo scendere in campo con la maglia nerazzurra.
I suoi movimenti e il suo tono di voce sono energici e sicuri come le sue corse a centrocampo, i suoi lanci e tackle. Dejan non lo sa ma è stato uno dei miei giocatori preferiti, mi faceva impazzire la forza e la garra balcanica con cui affrontava tutte le partite. Deciso ma non cattivo, energico ma elegante. Leggeva con sagacia le partite e se fossi stato un suo compagno di squadra, sarei andato da lui a chiedere consiglio prima dell'esordio in un derby. Lui che di derby se ne intende ha giocato i tre più difficili d'Europa: Belgrado, Roma e Milano.

Lo incontro alla presentazione della mash-up jersey realizzata da Nike per il 20esimo anno di partnership con l'Inter insieme a Marco Materazzi e Matilde Gioli e con la quale i calciatori dell'Inter scenderanno in campo in occasione del derby contro il Milan in programma il 17 marzo.

 

Tra tutti i derby che hai giocato - Belgrado, Roma e Milano - che differenze ci sono e come li hai vissuti?

Sono tre derby molto diversi.
Io il derby contro il Partizan lo giocavo come un tifoso. Sai io sono nato a Belgrado, i miei genitori sono di Belgrado, ho mosso miei primi passi nel calcio nella Stella Rossa. Ho realizzato il mio sogno di diventare calciatore e segnare in un derby da capitano. Avevo 16 anni e mezzo...

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Poi c'è quello di Roma, che è quello più sentito con più tensione. Non potevi uscire di casa le due settimane prima e dopo la partita, sia che se lo vincevi che se lo perdevi.
Io poi purtroppo il derby di Roma non l'ho mai vinto, ho segnato due bei goal.

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Quello di Milano invece è il derby dello spettacolo.
Hai il suo peso a livello mondiale, tutti lo seguono e ne riconoscono l'importanza. Due club blasonati, grandi giocatori, una storia ricca di campioni e uno Stadio che incornicia l'evento. A livello calcistico è sicuramente il mio preferito.

 

C'è un derby di Milano che ti ha segnato più di altri?

Beh in realtà tutti quelli che abbiamo vinto (ride, ndr). 
No devo dire che la sensazione più bella è fare gol nel derby, sentire il boato dei tifosi, l'abbraccio dei compagni. A San Siro poi - sia in casa che in trasferta era veramente impressionante.

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Cosa serve per vincere un derby a Milano?

Serve calma, organizzazione e personalità. Bisogna dominare e leggere la partita a livello mentale e soprattutto prepararla bene in settimana.
 

Nella tua carriera hai segnato moltissimi goal, a quale sei più legato?

I gol nei derby sono sempre speciali. 
Anche la doppietta contro il Kaiserslautern che ha lanciato la mia carriera. Però i goal più pazzi che mi ricordo sono quelli da centrocampo contro il Genoa e contro lo Schalke.

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Quali sono le maglie nerazzurre a cui sei più legato?

Mi viene naturale la risposta. Quella della stagione 2009-10, la stagione del Triplete. La finale, lo scudetto sai sono ricordi bellissimi per un calciatore. Poi quella della stagione successiva con tutte patch della Champions e del Mondiale per Club.
A livello estetico però forse quella che mi è piaciuta di più è la maglietta bianca crociata per il centenario.

 

Oggi stai lavorando principalmente con i giovani: chi ti piace di più in Serie A?

Come prima cosa è giusto dire che le squadre italiane dovrebbero avere più coraggio con i propri giovani, in Francia, Germania ed Inghilterra hanno più spazio e possibilità. 
In Italia, mi piace tantissimo Nicolò Barella: giovane, fascia di capitano, lotta in campo. Un po' mi ricorda me stesso anche se noi siamo acqua passata. Deve lottare e rimanere se stesso.

E dalla Serbia invece?

C'è Luka Jovic dell'Eintracht Francoforte che è in netta crescita, mese dopo mese. Si è visto anche con l'Inter.
Io mi aspetto che quest'estate farà il grande salto di qualità in una big.