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Andrea Ranocchia è stato un'illusione

La carriera del difensore umbro è tutto un ripercorrere quello che non è mai diventato

Andrea Ranocchia è stato un'illusione La carriera del difensore umbro è tutto un ripercorrere quello che non è mai diventato

3 febbraio 2019, l'Inter sta perdendo 1-0 in casa contro un Bologna ancora a secco di vittorie esterne in campionato e Spalletti, che ha già messo in campo Lautaro Martinez per supportare Mauro Icardi in avanti, al minuto 78 decide di inserire Andrea Ranocchia (all'esordio stagionale in Serie A) come disperata mossa per pareggiare la partita. In verità, il neo-entrato posizionato subito nell'area avversaria avrebbe anche una grossa chance per segnare, qualche minuto dopo il suo ingresso in campo, salvo farsi respingere il tiro da Skorupski in tuffo. Il gol mancato è il preludio al fischio finale e all'ennesima chance sciupata, dal difensore umbro, per entrare in un modo o nell'altro nelle grazie dei tifosi interisti. Un deja-vu, se consideriamo quante volte Ranocchia sia stato protagonista di un'occasione fallite.

Se interpelliamo un tifoso neroazzurro qualsiasi e gli chiediamo cosa pensa di Ranocchia, la risposta che ci aspettiamo è quasi ovvia: Ranocchia incarna in pieno uno dei periodi più fallimentari del recente passato neroazzurro, e pensare che appena cinque anni fa, in seguito all'ennesima scelta societaria poi rivelatasi un po' folle, era stato nominato capitano dell'Inter dopo l'addio di Javier Zanetti e di tanti big nella nuova era post Triplete. Ma il rapporto con la squadra meneghina non è mai definitivamente ingranato, a prescindere dagli allenatori, da Stramaccioni, a Benitez, a Mazzarri a de Boer - che si sono avvicendati sulla panchina del Biscione con fortune alterne. Forse perché il problema non erano loro, ma i suoi limiti di personalità.

Quello che, in coppia con Leonardo Bonucci nel formidabile Bari 2009/2010 di Giampiero Ventura e prima ancora nell'Arezzo di Antonio Conte, veniva dipinto come il difensore centrale del futuro dell'Italia, tanto elegante e corretto da ricordare Alessandro Nesta, anno dopo anno aveva perso sempre più appeal e sicurezze. La carriera dei calciatori, come quella di tutti d'altronde, è un continuo sliding doors: nel 2012 e nel 2014 perde due grosse chance di crescita visto che in entrambi i casi viene estromesso dalle spedizioni azzurre guidate da Prandelli che prendono parte agli Europei di Polonia & Ucraina e ai Mondiali brasiliani, scalzato rispettivamente da Ogbonna e Paletta; poi sfiora soltanto il passaggio alla Juventus che lo rivorrebbe per ricomporre la trincea difensiva tutta italiana vista a Bari e pochi mesi dopo si ritrova in prestito alla Sampdoria appena tornata in A. 

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La sua esperienza all'Inter si chiude di fatto prima di accettare il clamoroso trasferimento in Liguria, diventando oltretutto uno dei pochissimi giocatori ad aver indossato le maglie di Genoa e Samp, non certo un qualcosa di cui andare fieri. Quello che doveva essere il fiore all'occhiello della campagna acquisti dei doriani si rivela invece in un flop assoluto, e Ranocchia, la cui affidabilità è ormai giunta quasi ai minimi storici, finito il prestito semestrale torna nella squadra che qualche mese fa lo aveva ripudiato, esultando per la sua cessione. Una situazione insostenibile, tanto da 'costringerlo' ad accettare di buon grado l'avventura inglese: Ranocchia firma con il modesto Hull City che è disperatamente stabile a fondo della classifica di Premier League, segna due reti che servono ad illudere i Tigers che la salvezza possa essere raggiunta in extremis salvo poi crollare nel finale. Il suo liscio nel 4-0 subito all'ultima giornata contro il Crystal Palace, non solo da quelle parti, lo ricordano ancora.

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Il 16 febbraio Andrea Ranocchia compirà 31 anni (compleanno condiviso anche con dei vincenti come Angelo Peruzzi, John Mc Enroe e Valentino Rossi) e fa ancora parte della rosa dell'Inter, dove però ricopre una posizione estremamente marginale, visto che tecnicamente è la quarta scelta nel pacchetto dei difensori centrali. Sta beneficiando di un contrattone da oltre due milioni di euro a stagione ma la prossima, quasi certamente, saluterà per l'ennesima volta l'Inter: nel suo bottino personale c'è la Coppa Italia del 2011 vinta da titolare, 11 gol ma forse sono di più gli errori gravi, e soli 6 gettoni in Champions League, e uno di questi corrisponde alla disfatta casalinga contro lo Schalke 04 in cui fece pure autogol. Sarà perché è tra i più anziani del gruppo, ma ogni tanto si sente parlare di lui per qualche uscita pubblica che contiene qualche residuo dell'autorità del periodo in cui indossava la fascia di capitano: a volte sprona i compagni prima di un big match, a volte è lui a metterci una pezza quando le cose vanno male, provando a dispensare consigli utili alla causa. E' all'Inter dal 2011 ed è inevitabilmente considerato una colonna dell'Inter, anche se il ruolo di leader non è mai riuscito a ricoprirlo. Anzi, in questo periodo in cui è di fatto un puro gregario, Ranocchia si sta rivelando per quello che forse è sempre stato: un personaggio diverso da tutti i suoi colleghi, una vera mosca bianca. 

 

Spulciare il sui profili Instagram e Twitter forse ci può aiutare a comprendere meglio l'uomo che Ranocchia è diventato: attento a temi delicati come quelli umanitari o sul destino del nostro pianeta (di cui sicuramente molti calciatori non conoscono nemmeno l'esistenza) come quello dell'Earth Overshoot Day, la giornata in cui abbiamo già bruciato quello che la natura è in grado di rigenerare in un anno, o la Cop24, la Conferenza per la lotta ai cambiamenti climatici dell'ONU svoltasi recentemente in Polonia. Ma a causa delle sue prestazioni sul campo il rapporto di Ranocchia con i social network è sempre stato un disastro: capro espiatorio di tutta la negatività dell'intera comunità interista, è spesso stato l'epicentro di tutto lo sfogo neroazzurro, il bersaglio con cui prendersela. E avere a che fare quotidianamente con un mare di critiche spesso gratuite non dev'essere stato facile. 

Sono sincero, il rapporto tra il senso di incompiutezza tecnica misto al suo ritrovarsi spesso indifeso dagli attacchi di chi lo circonda e dalle beffe della vita, unito all'insofferenza vissuta quasi sempre in silenzio mi ha sempre fatto schierare dalla parte di Ranocchia. Mi rendo conto che si tratta di un qualcosa di inconscio che mi ha sempre fatto credere che avesse qualcosa in più degli altri, che ci fosse un non so che di speciale nelle sue fragilità e nei suoi ripetuti errori, di fronte ai quali ho sempre provato a giustificarlo. Forse perché diverso, forse perché semplicemente più debole, forse perché ha sempre rappresentato un'illusione: viva Andrea Ranocchia!