Vedi tutti

5 Gif che raccontano Joey Barton

Rapide istantanee della travagliata carriera del bad boy di Huyton

5 Gif che raccontano Joey Barton Rapide istantanee della travagliata carriera del bad boy di Huyton

Nei paesi anglosassoni si usa spesso l’espressione Jack the lad per definire un ragazzino presuntuoso dagli atteggiamenti supponenti e platealmente sfacciati. Un bulletto, insomma. Un tipo come Joey Barton, quello che alla festa di Natale organizzata dal City nel 2004 spense un sigaro in faccia al giovane primavera James Tandy, reo di averlo schernito poco prima. Questo è solo uno dei tanti episodi che insieme alle 269 presenze in Premier League e i 15 anni di attività ad alti livelli, hanno scandito la carriera del centrocampista nato nei pressi di Liverpool il 2 settembre 1982. Una serie interminabile di avvenimenti più o meno gravi che hanno finito per regalare continue gioie agli editori dei tabloid inglesi e una reputazione da bad boy britannico al buon Joe (non chiamatelo “Joey” che si arrabbia). Se prima di postare su Twitter sembra sempre consultare un prontuario di insulti generici (chiamò prick – “stronzo” – il suo ex manager Alan Shearer, scelse dullard – stupido – per definire Frimpong e usò odious toad – un verme, un lecchino – per controbattere a Gary Lineker), nella quotidianità raramente si è limitato alla violenza verbale. Numerosi sono infatti i casi di aggressioni, scontri e risse che lo hanno costretto a prolungati colloqui davanti alle cattedre dei tribunali. Ma con un’infanzia come la sua è francamente difficile svoltare drasticamente nel corso della vita. Sua madre se ne andò quando aveva 14 anni e suo zio venne assassinato quando era ancora un ragazzino. Da suo padre ereditò la forte etica del lavoro, ma fu soprattutto la nonna che si prese cura di lui educandolo e tenendolo lontano dalle droghe, come lui stesso ammise più avanti. Uno dei tre fratelli - Michael - è tuttora in carcere a scontare una pena di 18 anni per esser stato coinvolto in un omicidio a sfondo razziale. Lui non è mai arrivato a tanto, ma il suo controverso passato narra comunque di frequenti episodi di violenza, tra cui un’aggressione a un tassista e una discreta serie di feroci scazzottate che l’hanno spesso portato a passare alcuni mesi dietro le sbarre.

Benché si parli principalmente delle sue bravate quando si accenna alla sua vita fuori dal campo, Joey Barton ha dimostrato di non saper soltanto usare le mani quando non ha la palla tra i piedi. Nonostante alcune controversie sul tema, porta avanti da anni una campagna che consiste nel sollecitare e indurre i colleghi calciatori a indossare i Rainbow Laces, semplici lacci arcobaleno da mettere alle scarpe da calcio per supportare la lotta contro l’omofobia. Negli anni ha addirittura creato un podcast (“The Edge with Joey Barton”) in cui affronta diversi temi di attualità, trattando di sport, politica e musica, della quale peraltro si sempre detto un grande appassionato (in un post di qualche anno fa elencò i suoi 5 gruppi preferiti, stilando una classifica di tutto rispetto: Oasis, Beatles, Arctic Monkeys, La’s e Smiths).  

Tuttavia - all’interno del rettangolo di gioco - Barton appartiene al tipico immaginario del giocatore duro, ruvido e aggressivo, un po’ alla Vinnie Jones, che ha fatto della violenza il suo piatto forte nel corso della sua carriera. A noi, nello specifico, interessa proprio il lato “sporco” e provocatorio del Joey Barton calciatore, e di come negli anni sia riuscito così facilmente a costruirsi questa incrollabile reputazione.

 

Il pugno a Pedersen

Spezziamo subito una lancia a favore del buon Joey: Morst Gamst Pedersen non dev’essere mai stato uno stinco di santo e, molto probabilmente, nemmeno un personaggio dalla morale inossidabile (come ben dimostra il suo goffo tentativo di ingannare 60mila persone con una simulazione plateale al limite del ridicolo). Tuttavia, nulla di tutto ciò può giustificare il cazzotto che Barton gli rifilò in un match contro il Blackburn, i cui prodromi risultano tuttora difficili da decifrare.

via GIPHY

Il rapporto amichevole con Torres

Anche quando non è direttamente coinvolto, Barton trova sempre il modo di entrare nella discussione e fomentare gli attriti. Esattamente come è successo in questo match contro il Liverpool del dicembre 2010. Dopo uno scontro a centrocampo gli animi si scaldano e - seppur estraneo alla vicenda - Barton si getta nella mischia andando subito a cercare un pacifico confronto con Fernando Torres. Invettive di vario genere, mano sugli attributi e sguardo di sfida in direzione del Niño, il tutto condito - si dice - da un sonoro f*cking poof, insulto dai vaghi connotati omofobi che in fascia protetta tradurremmo con "checca". Insomma, non il miglior esempio di discussione costruttiva.

via GIPHY

Perdere la testa nei momenti chiave

Episodio arcinoto dalle nostre parti per la platealità del gesto, ma, soprattutto, per via del racconto schierato e appassionato da parte di Massimo Marianella, telecronista di Sky che documentò la vicenda in quell'accesissimo Manchester City – Qpr del 13 maggio 2012. Immaginate la scena: mancano circa 40 minuti alla fine del match, punteggio fisso sull’1-1. Il Qpr è ha un passo dalla retrocessione e se non vince deve sperare che lo Stoke non perda contro il Bolton. Barton pensa bene di sfoderare una gomitata a Tevez, scatenando una rissa e scaldando gli animi. Morale: cartellino rosso e Qpr in dieci. Non pago della bravata, prima di lasciare il campo e a gioco fermo, rifila una violenta ginocchiata sulla schiena dell’ignaro Agüero. A quel punto Marianella sveste i panni del commentatore super partes, demolisce la quarta parete e si accomoda direttamente sul divano con noi telespettatori, come se per tutto il tempo ci fosse stato di fianco, lasciandosi completamente andare: “Il solito Barton l’ha combinata grossissima […]. È veramente un cretino […], è un criminale, e infatti è stato in galera due volte. È uno stupido e un criminale. Ed è un vigliacco […]. Non dovrebbe mai stare in un campo di Premier League neanche con un biglietto. È la peggiore immagine che si possa dare a uno sport. È un giocatore vergognoso”.

via GIPHY

 

Come aizzare e innervosire i tifosi avversari: Joey Barton’s way

Cosa fai quando stai perdendo 1-0, ma la tua squadra pareggia al 90esimo inoltrato? Esulti come un pazzo in mezzo al campo, magari andando ad abbracciare i compagni? Macché. Barton decide di rispedire al mittente tutti gli insulti ricevuti fin lì con gli interessi, calandosi i pantaloncini e mostrando il fondoschiena ai tifosi dei Toffees che l’avevano preso di mira da inizio gara. Solita reazione diplomatica.

 

Can’t mess with Joey

Che ti chiami Pedersen, Torres o Ibrahimovic poco importa. Se incroci Barton sulla tua strada, stai sicuro che non abbasserà la testa alle provocazioni. In questo match di Coppa di Francia, lo svedese – dopo aver commesso fallo su di lui – gli dice qualcosa come “dovresti essere un uomo forte no? E allora stai in piedi”. La reazione di Barton – benché più pacata del normale – non tarda ad arrivare: serrato botta e risposta ed esplicito gesto teso ad imitare il nasone di Ibra.

via GIPHY

Le reazioni esagerate, i continui screzi con avversari e compagni (come quando mandò Dabo all'ospedale), hanno finito per creare un vero e proprio personaggio che facesse passare quasi in secondo piano il suo status di calciatore. Oggi Barton si è ritirato, lasciando dietro di lui un ricordo amaro che oscura quasi totalmente le sue qualità di giocatore.

Come sosteneva Seneca, “un animo grande disprezza la grandezza e preferisce la moderazione agli eccessi; quella è utile e vitale, questi, invece, nocciono, proprio perché sono superflui”. Barton, dalla sua, non dev’essere mai stato del tutto d’accordo con il pensatore, anzi. Dopo il ritiro sintetizzò così il suo trascorso e la sua tortuosa carriera: “Ho usato tanta di quest'energia oscura che mi porto dentro per fare di me stesso un calciatore, se fossi stato una persona equilibrata non sarei mai diventato un atleta di alto livello”.