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Lettera d'amore alla maglia dei Pumas

La storia grafica e calcistica de "la camiseta más bonita del mundo"

Lettera d'amore alla maglia dei Pumas La storia grafica e calcistica de la camiseta más bonita del mundo

"Un Puma con occhi di pietra e fauci d’acciaio, che in qualche modo sembra ricordare un pugno dorato di un semidio azteco"

Così in un articolo del 2013 sul Guardian John Ashdown – pur riconoscendo di essersi spinto un po’ oltre – provò a descrivere il logo dei Pumas, tingendolo di riferimenti quasi mistici. Troppo forse, ma la storia che si lega alla realizzazione del logo non manca certo di elementi dal retrogusto vagamente epico-mitologico. In un’intervista che “El Pajarito” Manuel Andrade – ideatore del logo – rilasciò al giornalista Hector Huerta, confessò che nel 1973 gli ci vollero più di tre mesi e più di mille tentativi per arrivare alla realizzazione definitiva dello stemma. Un’operazione considerevole, al limite del maniacale. Il cui frutto è un lavoro dall’enorme impatto visivo, simmetrico, geometricamente perfetto e graficamente accattivante. Il deciso contrasto dei due colori tradizionali - azul y oro -, il design asciutto ed essenziale, la totale assenza di slogan e numeri sono di fatto gli elementi peculiari che determinano la singolarità del logo stesso, tratto distintivo che rende conseguentemente unica anche la divisa da gioco -  "la más bonita del mundo", come riportò nel 2016 il sito Fundación UNAM, in riferimento alla classifica di The Football Republic che metteva al primo posto l’uniforme utilizzata in quella stagione. Emblema sobrio e stilizzato - come detto -, ma anche curiosamente elaborato. Perché oltre il marmoreo muso di puma si cela un ulteriore significato: il contorno del “naso” unito alle fessure degli occhi formano infatti l’iconica “U”, che congiunta alla linea della bocca crea la sagoma di una coppa, riconducibile a livello semantico all’idea di vittoria in senso più generico.

Il Club Universidad Nacional, nasce come squadra prettamente universitaria tanto che la sua denominazione più comune – U.N.A.M. – è infatti la sigla che indica l’Universidad Nacional Autónoma de México, organo fondatore del club. La fondazione risale al 1954, in anticipo rispetto agli altri due club universitari (Tigres UANL, fondato nel 1960; Lobos de BUAP, la cui prima apparizione ufficiale nel calcio messicano risale al 1967), ma perfettamente nella media se si considerano gli atti di nascita della squadre che oggi compongono la Liga MX. Perché se club come Pachuca, Cruz Azul, Toluca, Guadalajara e Atlante sono stati fondati nei primi anni del ‘900, buona parte delle società oggi ancora esistenti nascono dopo la Rivoluzione messicana. La ribellione di Villa e Zapata ha sancito la promulgazione di una nuova Costituzione nel 1917 e ha di fatto posto fine alla politica dittatoriale di Diaz, che contestualmente non rendeva agevole lo sviluppo del calcio messicano.

Ci sono voluti appena 8 anni per vedere l’U.N.A.M. sbarcare nella Primera División messicana, categoria da allora mai abbandonata, nonostante la concorrenza con club storici. Sette campionati (‘76/’77, ‘80/’81, ‘90/’91, ‘03/’04, ‘04/’05, ‘08/’09, ‘10/’11), una Copa México, due Campeón de Campeones (la nostra Supercoppa, per intenderci) e tre CONCACAF Champions League: questo il bottino racimolato in oltre 56 anni dalla promozione (1962). Nel mezzo, tanti giocatori-simbolo poco noti oltreoceano, ma illustri autori di numerose pagine di storia del club. Come Evanivaldo Castro Silva, meglio conosciuto come Cabinho, protagonista del campionato vinto nel ‘76., quattro volte capocannoniere della Liga e miglior marcatore di sempre con la maglia dell’U.N.A.M (151 gol in 166 presenze). Nel Club Universidad Nacional ha giocato anche il "miglior giocatore in CONCACAF del XX secolo" (secondo l’IFFHS, nel 2000), Hugo Sanchez (104 presenze e 97 gol tra il 1976 e il 1981), mai comunque in grado di raggiungere l’eterno portiere Sergio Bernal, giocatore più presente nella storia degli Universitarios, con 519 gettoni con tra il 1988 e il 2010.

Dalla sua fondazione, oltre alla denominazione ufficiale, l’U.N.A.M., conserva il soprannome che nel tempo è finito col diventare un vero e proprio titolo identificativo del club. Come i colori sociali, anche tale apodo pesca a piene mani dalla preesistente squadra universitaria di football americano. Più precisamente da quando coach Roberto “El Tapatío” Mendez accostò i suoi giocatori a dei puma, animali <<inteligentes, rápidos, feroces y de carácter noble>>. Dal 1942 pressoché tutte le squadre U.N.A.M. nelle diverse discipline adottarono l’appellativo di “Pumas”, protrattosi ed esteso anche alla successiva formazione del club calcistico.
Nella prima partita della sua storia, l’U.N.A.M. scese in campo infatti con una camiseta blu con una “V” oro che partiva dalle spalle per poi congiungersi in mezzo al petto, in maniera del tutto simile alle maglie di Vélez e Brescia. Tuttavia, questa versione viene abbandonata presto in favore di una divisa interamente blu che prevedeva per la prima volta il logo: una “U” dorata “spezzata” obliquamente dal Tricolor. Nel 1962, in occasione della prima storica promozione, viene ideata una divisa ancora una volta concettualmente differente, dando vita a una lunga tradizione di ciclici cambiamenti alle uniformi di gioco. Dalla tinta unita si passò quindi a una maglia oro graffiata da sottili pinstripes blu e pantaloncini in tinta con le strisce.

Nel 1973 ecco la svolta che catapulta la divisa dei Pumas direttamente in una dimensione leggendaria. Al Pajarito Andrade viene commissionata la creazione del nuovo logo che è presto diventato massimo riferimento iconografico e emblematica rappresentazione identitaria della squadra. Dopo migliaia di tentativi, l’ideazione definitiva dello statuario muso di puma, originariamente inserito in una sorta di triangolo con gli angoli smussati. Non senza un senso, perché anch’esso è stato ragionato in funzione di dare al logo un richiamo alla tradizione e alle radici del club. Come Andrade ha spiegato, lo sfondo è infatti formato da tre cerchi tangenti che rappresentano i tre punti cardine dell’Universidad Nacional: insegnamento, cultura e sport. Nel 1974 il puma esordisce sulle maglie dell’U.N.A.M., prima secondo canoni convenzionali, poi – nel 1975 – travalicando posizione e formato tradizionali andando a ricoprire quasi interamente la parte frontale della divisa. Da allora, la maglia dei Pumas è stata oggetto di diverse sperimentazioni a livello di tonalità e colorazione, senza tuttavia mai mutare i tre colori cardine (azzurro, oro, bianco) e l’iconica posizione del logo (ad eccezione della stagione 2000/2001, durante la quale Nike lo ripropose in alto al centro, esattamente come nel ’74).

Una lunga tradizione di cicliche rotazioni e trasformazioni, ma non solo. La storia delle divise dell’U.N.A.M. è ricca di continui riferimenti al passato – come la seconda maglia di quest’anno, oro con pinstripes blu con chiaro sguardo al 1962; e ancora, come il terzetto di divise ’17-’18 pensate per celebrare i 90 anni dalla nascita dell’U.N.A.M. di football americano –, ma anche frequenti richiami all’attualità. Nel giorno della commemorazione dei defunti dello scorso novembre, i Pumas sono scesi in campo con una divisa interamente dedicata: alla base della parte frontale comparivano due ossa incrociate che in aggiunta al solito puma formavano un perfetto teschio stilizzato in stile Día de los Muertos. A cavallo tra il 2011 e 2012 la società ha poi aperto una collezione di maglie rosa con lo scopo di supportare la lotta al cancro al seno, tema verso cui il club si è detto sempre molto sensibile – come dimostrano le numerose occasioni nelle quali la maglia da gioco è stata ricca di inserti rosa per manifestare vicinanza e solidarietà.

A una settimana dall’inizio del 2019 è stata presentata anche la terza maglia, il cui template, come da consuetudine, tende ai soliti colori e al classico format, già utilizzato per la away dello scorso anno (tinta unita blu con puma oro al centro). Una scelta che ha richiesto sicuramente poco impegno per Nike, ma che contestualmente ha contribuito a mantenere viva una lunga tradizione di divise straordinariamente uniche e graficamente identificative a livello globale.