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Vinnie Jones: la violenza come brand di successo

L'ex Wimbledon, Leeds e Chelsea ha vissuto tutta la sua vita all'insegna dell'immagine del duro: dal calcio fino al cinema

Vinnie Jones: la violenza come brand di successo  L'ex Wimbledon, Leeds e Chelsea ha vissuto tutta la sua vita all'insegna dell'immagine del duro: dal calcio fino al cinema

Una delle foto più iconiche (e divertenti) nel mondo del calcio è senza ombra di dubbio questa:


Il protagonista lo riconosciamo subito: un giovane Paul Gascoigne quando ancora indossava la maglia del Newcastle United. I maschi riconoscono anche molto bene l’espressione sul suo volto. È una delle tante sfumature della smorfia in cui ognuno di noi contorce il viso quando vengono toccati con molta poco gentilezza i 'gioielli di famiglia'. Il vero protagonista di questa foto quindi è l’uomo con il doppio taglio responsabile dell’espressione attonita di Gazza: Mr Vincent Peter “Vinnie” Jones.

È il 1988 quando la foto viene scattata, Vinnie Jones gioca nel Wimbledon, quello che è un po' il club della sua vita.

Quell’anno la squadra londinese vince l’unico trofeo importante della sua poco gloriosa storia, la coppa d’Inghilterra conquistata in finale contro il Liverpool, grazie a quella squadra di pazzi soprannominata proprio 'Crazy Gang'.

Vinnie Jones è nato a Watford nel 1965, città dura e cruda, uno di quei centri cittadini inglesi che trovarono la loro ragione di esistere solo durante la seconda rivoluzione industriale, e che hanno plasmato l’identità della città e dei suoi abitanti su questa caratteristica, con tutto ciò che ne deriva. Il padre era un guardiacaccia.

Lui gioca a calcio e contemporaneamente fa il manovale, fin quando compie il grande salto (geografico e professionale) e per una stagione si trasferisce addirittura in Svezia, all’Holmsmund. Con gli svedesi vince il campionato di terza divisione, si fa notare e viene acquistato proprio dal Wimbledon. Inizia così una carriera da calciatore andata avanti fino alle soglie del nuovo millennio, sempre all’interno del regno di sua maestà (con passaggi importanti seppur fugaci come quello al Leeds e al Chelsea). 

Tutta la carriera di Vinnie Jones si è basata sulla violenza. Se si inserisce il suo nome su YouTube i primi tre video a comparire sono compilation dai nomi esemplificativi: “fouls and fights compilation”; “vinnie Jones PSYCHO”; “Vinnie Jones ‘The Killer’: il calciatore più violento della storia?”.

Jones era un centrocampista senza nessun talento se non un arsenale di armi intimidatorie e colpi scorretti fagocitati da un fisico imponente, una faccia da criminale e una totale incoscienza. Esempio vivente di quest’ultima è Gary Stevens, all’epoca difensore del Brighton, che non si riprese mai da un fallo violento (e gratuito) di Jones, finendo per ritirarsi dal calcio giocato a soli trent’anni.

Il colpo preferito dal nazionale gallese era sicuramente la scivolata kamikaze, quasi volante, con cui colpiva i giocatori che lo superavano facilmente in velocità. Uno stile di gioco, se così si può definire, che finì per fare di Jones uno dei giocatori più temuti di tutta la Premier League, un campionato che negli anni ottanta era ancora ammantato di una patina di dilettantismo e di poca cura per gli aspetti professionali, quali ad esempio la cura del corpo dell’atleta o l’aspetto tecnico-tattico del gioco; è il secondo calciatore più espulso della storia della massima seria inglese (secondo solo a Keane: 13 contro 12) ma in compenso detiene il record per l’espulsione più veloce di tutte, tre secondi dopo il fischio di inizio. Lo stesso Gazza delinea bene i sentimenti che si provavano a condividere il campo con Vinnie Jones:

“Per me è stato l’avversario più duro di sempre, senza ombra di dubbio, l’unico giocatore che mi faceva preoccupare quando ci giocavo contro e che avrei desiderato nella mia squadra, per proteggermi”.

L’immagine e la fama da duro ai limiti della follia che si è guadagnato sul campo è anche testimoniata osservando le reazioni dei giocatori ai suoi interventi killer: quasi nessuno si lamenta o reagisce. Perfino una testa calda come Cantona. Dopo esser stato atterrato da un calcio volante, il numero 7 del Man United si rialza evidentemente pronto al confronto fisico con l’autore del fallo, salvo poi immobilizzati e girarsi quando si accorge dell’identità del suo marcatore. Un frammento visivo che vale più di mille parole nel descrivere il tipo di potere psicologico che un giocatore come Jones esercitava sui suoi avversari, in un’epoca in cui era tra l’altro decisamente più consentito il contatto fisico - già di per sé preminente in Inghilterra; ci sono falli, all’interno delle compilation, che oggi sarebbero da rosso diretto ma che all’epoca non erano presi in considerazione neanche per il giallo.

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Fortunatamente oggi di calciatori del genere non rimane quasi traccia, i pochi lontanamente paragonabili sono generalmente stigmatizzati da tutti - a parte qualche esaltato convinto che questi siano gli uomini veri che fanno bene al calcio contemporaneo. L’unico che forse gli si può paragonare è quel Joey Barton “stupido e criminale” (cit. Massimo Marianella), un altro che ha basato tutta una carriera sull’intimidazione e la violenza - i due condividono anche diversi guai con la legge.

 

C’è una grande differenza però tra due personalità così apparentemente sovrapponibili.

Vinnie Jones ha infatti avuto l’intelligenza e la capacità di rendere il proprio stile di gioco un qualcosa di “romantico”, una caratteristica intrinseca al suo personaggio in modo che da noi venisse considerata come qualcosa di simpatico, quasi da ammirare. Per dirne una, in Inghilterra è passato alla storia un VHS dal programmatico nome di “Vinnie Jones Soccer’s Hard Men” una compilation dei giocatori più violenti della storia presentata e commentata dallo stesso Jones. La mitizzazione di personaggi del genere è ormai rarissima. Sono cambiati i canoni estetici: le facce da galera sono state sostituite dagli eterni ragazzini con i volti puliti e i corpi ricoperti dai tatuaggi, decisamente più attraenti per un pubblico di giovanissimi rispetto a quello 'da pub' degli anni ottanta; le partite sono forse meno intense per quanto riguarda i contrasti di gioco, ma paradossalmente il fisico è più importante oggi che mai, spesso è la prerogativa per giocare ai massimi livelli (e soprattutto per vincere); fisici che però devono essere scolpiti proprio per evitare i contrasti di un certo tipo, più che per cercarli. Non vale solo più avere quel sacro fuoco dentro come un Gattuso dei tempi d’oro. Se non si possiede un talento da fuoriclasse, bisogna per forza essere un vero e proprio  atleta per affermarsi e vincere a livelli altissimi. 

Questo abbracciare apertamente, anzi andarne decisamente fiero, la sua immagine da duro ha fatto di Vinnie Jones  un idolo per molti - in tempi recenti la retromania applicata al calcio ha contribuito largamente al successo di questo processo. L’incontro con un certo Guy Ritchie, quando ormai la sua carriera da calciatore era giunta alla fine, ha cementificato il tutto definitivamente.

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Il regista britannico debutta alla regia di un lungometraggio nel 1998 con “Lock & Stock - Pazzi scatenati”; con lui esordiscono in veste di attori Jason Statham e proprio Vinnie Jones, nella parte di un terrificante e violentissimo esattore di debiti. Nel 2000 arriva poi Snatch che consacra Ritchie e lo stesso Jones, che qui interpreta invece “Pallottola al dente” Tony, un criminale specializzato nella caccia all’uomo. Questi due film trasformano e giustificano l’immagine di Jones, ora un tutt’uno artistico e non solo calcistico con la parte del duro e del violento. La sua presenza sullo schermo in questi ruoli funziona effettivamente alla grande: il suo volto ha come caratteristica principale quegli occhi azzurri pietrificanti, incastonati in mezzo alle spesse sopracciglia nere e agli zigomi alti, come un quadro con la cornice. Jones è una specie di Cillian Murphy (Thomas Shelby in Peaky Blinders) con la faccia da criminale invece che da modello.

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La sua carriera di attore continua ad oggi, tra film e serie tv, ma ultimamente è salito agli onori della cronaca più per le sue posizioni politiche iper-conservatrici decisamente poco intelligenti che per altro. Jones è comunque stato bravissimo nel capitalizzare quell’immagine costruita sul campo, facendola diventare a livello globale la bandiera estetica di un certo tipo di made in UK, quello di This Is England per intenderci; delle strade sporche e violente, del grigiore delle città e dei personaggi incredibili che le popolano, della piccola e media criminalità e degli estremismi anche politici.

Una vita passata a fare il duro, prima in campo e poi sullo schermo. La cosa che bisogna riconoscere a Vinnie Jones è che probabilmente non fa il duro, lo è sul serio;  la coerenza con cui ha portato avanti il suo “brand” è anche abbastanza rara. Sta poi ad ognuno di noi decidere se ciò sia un qualcosa di positivo o di negativo.