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Anatomia di Maurizio Sarri

L'allenatore del Napoli, tra ispirazioni e arte

Anatomia di Maurizio Sarri  L'allenatore del Napoli, tra ispirazioni e arte

Negli ultimi anni si è sviluppata una letteratura attorno al calcio e alle sue figure più rappresentative così ricca e vasta, da aver spostato, in un certo senso, l’oggetto dell’attenzione dallo sport stesso alla persona, all’idolo, all’oggetto di culto. Il popolo napoletano celebra il culto con un’attenzione tribale, quasi voodoo. Il rapporto con le figure religiose è forte ed anomalo – basti pensare al santo patrono, San Gennaro, al miracolo del sangue. Ci sono centinaia di video che mostrano le signore anziane in attesa della liquefazione che aspettano prima in modo riverente, poi impaziente, infine insultando addirittura il santo che, una volta fatto il miracolo, diventa di nuovo il salvatore, il protettore di un popolo che in realtà non ha mai chiesto alcun tipo di aiuto contro invasori o soprusi.

Sarebbe bello vedere quale accostamento scatenerebbe maggiormente le ire di Maurizio Sarri: se quello religioso o quello di figura stimolante il culto della personalità. Ma, che gli piaccia o no – e la sua estrema ironia gli permetterebbe di mandarci a quel paese col sorriso -, in città sono quasi due anni, oramai, che si è ben oltre la celebrazione della persona. E come per San Gennaro anche Sarri è costretto a dare, dimostrare, regalare, sempre. Altrimenti il popolo si spazientisce, diventa irrequieto.

Sono numerose le tifoserie difficili da conquistare, che rispondono difficilmente ai legami d’altra epoca. I napoletani, però, a differenza di altri popoli calcistici, non promettono mai amore eterno, ma promettono amore vero e fedele. Per questo non tollerano i tradimenti. Ogni riferimento...

È così, i napoletani sono come la donna più esigente del mondo. Vogliono gesti ripetuti e convincenti, vogliono essere conquistati di continuo, senza interruzioni e freddezza. È un lavoro duro, complicato, stremante. E per portarlo avanti ci vogliono persone particolari.

Ci vuole uno come Maurizio Sarri.

 

Feel Like Andrea Camilleri

 

Il comandante. Il commodoro. Il Che Gue Sarri. Sono tutte piccole meraviglie, calzanti riferimenti ad una personalità che riesce ad essere allo stesso tempo totalizzante ma anche di sostegno ai giocatori che devono far parte del proprio gioco. Ma Sarri, nella costruzione dell’idea di gioco, ha una chiarissima intenzione. Le sue richieste sono molto semplici: il gioco chiede di finalizzare, ma anche di far divertire. Quindi è necessario giocare in modo piacevole esteticamente per poter raggiungere un risultato comune. E ad oggi la bellezza è data dalla velocità, dal collettivismo alternato a sprazzi di genialità (sperando di averne). Per questo Sarri non nasconde mai quando un giocatore è più ugale degli altri; sa perfettamente di aver piantato dei paletti chiari ed evidenti: la squadra conta più di ogni altra cosa, ma se c’è un genio è meglio farglielo capire perché il risultato sarà certamente il bene della squadra.

Quindi, benissimo comandante, commodoro, Che Gue Sarri. Ma l’attenzione al finale da raggiungere con una trama elegante e coinvolgente non rende improprio l’accostamento ad un fondamento della letteratura italiana. Poi certo, ci sono le sigarette.


Dress Like Carletto Mazzone 

 

Metto la tuta perché faccio un lavoro da campo”. In questo atteggiamento è racchiuso tutto: la serietà e l’immergersi completamente in un mondo, ma anche il voler far parte del gruppo da un punto di vista estetico. Suggerire in continuazione ai propri uomini che si è lì con loro: “sono come voi, sono con voi, non vi abbandono”. Il dress-code nel calcio dovrebbe improntarsi su due elementi fondamentali: abolire il termine dress-code, coinvolgere nella filosofia “da campo” tutti, partendo dall’allenatore.


Think like: "Mister Condò, Sarri si racconta"

 

Capisco che il mondo si sta evolvendo rapidamente in una maniera strana. Nessuno parla più di lavoro, si parla solo di mercato. Si è fatto appassionare un Paese intero al mercato. Ci stanno gli stadi vuoti, ma tutti parlano di mercato. Vuol dire che si è perso di vista la realtà. La realtà è fatta di lavoro. Ed io, venendo dai dilettanti, so che a volte non si può comprare nessuno. E qualcosa si deve inventare

Il sarrismo, passa per due termini fondamentali: la realtà, intesa come qualcosa che si può toccare, che deve essere manipolato, su cui bisogna lavorare duramente; e l’invenzione, che parte necessariamente sempre da qualcosa di reale.


Sound like: Francesco De Gregori, La leva calcistica del ‘68

 

È un brano che ricorda tutto il sudore, il fango dei campi di provincia in giorni piovosi, il duro lavoro. Il fallimento. Il brano di De Gregori è una pietra miliare della poetica calcistica proprio perché parla dell’importanza del fallimento, di quanto questo debba essere un punto di partenza se si vuole far parte di questo gioco. Perché: “Non è da questi piccoli particolari che si giudica un giocatore”.


Taste like: caffè espresso

 

L’immagine di Sarri durante il ritiro in trentino che si fa portare il caffè dal fidato Tommaso sotto una pioggia scrosciante – con una sigaretta tra le mani – è “una meraviglia che tutti quanti dovremmo salutare con commozione”.

 
Love Like: Mi arrapo pure per un’amichevole

 

Se ti sei fatto una stagione di promozione, quattro di eccellenza, due di serie D, tre di Lega Pro, sei di B, una partita di Champions non può non riempirti di gioia ed orgoglio. Ma se hai una storia, se hai messo un passo dietro l’altro da solo, senza regali, sei come una vecchia quercia, piena di venature e particolarità uniche. Hai qualcosa da raccontare, tanto da insegnare. E non dimenticherai mai la prima di partita di eccellenza, e cosa ti provocò. Maurizio Sarri è così, una quercia piena di memoria che non ha nessuna intenzione di smettere.