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C'era una volta il Totocalcio e forse non ci sarà più

1 X 2 C'era una volta il Totocalcio e forse non ci sarà più

Nel secondo dopoguerra noi italiani importammo dalla vicina e neutrale Svizzera, due "pilastri" dell'italianità: il catenaccio e il totocalcio.
Dopo aver salutato il primo, con qualche gioia, potrebbe essere arrivato il momento di dare l'ultimo saluto al gioco per eccellenza degli italiani calciofili, il Totocalcio

Colui che ebbe l'idea di portare nel nostro paese quello che divenne molto più di un semplice passatempo in un'Italia messa in ginocchio dalla guerra, fu un giornalista triestino classe 1912, Massimo Della Pergola
Iniziò molto giovane a lavorare per La Gazzetta dello Sport ma nel 1938 fu espulso dall'albo dei giornalisti perché ebreo e nel dicembre del 1943 si trasferì con moglie e figlio a Roma per cercare protezione dai nazifascisti. L'aiuto arrivò da un'anziana docente, Livia Sarcoli, che offrì alla famiglia Della Pergola la propria abitazione, riuscendo poi ad espatriare in Svizzera. Ed è proprio durante la permanenza in un campo profughi in terra elvetica che ebbe l'idea di un gioco a premi legato al calcio per finanziare lo sport italiano anch'esso uscito a pezzi dalla Seconda guerra mondiale.

Nel 1946, con i colleghi ebrei Fabio Jegher e Geo Molo e 400mila lire di capitale, fonda la SISAL. La prima schedina SISAL venne giocata il 5 maggio 1946. Due anni dopo il gioco passa sotto la gestione diretta del CONI e prende il nome di Totocalcio. La causa che i tre inventori intentano al Ministero dell'Interno, che aveva promosso questo passaggio forzato, non ha buon esito e alla SISAL resta la gestione del Totip. 

Negli ultimi giorni si è parlato molto della possibilità da parte del governo di cancellare il totocalcio ritenuto ormai anacronistico e senza più quel seguito che lo aveva caratterizzato fino agli inizi dei '00. A sentire però le dichiarazioni di Giancarlo Giorgetti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei Ministri con delega allo sport, e di Simone Valente, sottosegretario con delega ai rapporti con il Parlamento, le cose stanno diversamente:

La notizia per cui aboliamo il Totocalcio è esattamente il contrario di quello che stiamo facendo. Può essere uno strumento che se rilanciato può contribuire a finanziare il mondo dello sport.

A ribadire le parole di Giorgetti è intervenuto Simone Valente durante la cerimonia di consegna dei Collari d'oro del Coni al Foro Italico:

Il Totocalcio verrà dato a `Sport e Salute´ perché è un prodotto anche nostalgico che può piacere, i soldi ricavati dal concorso verranno reinvestiti nello sport. L'attenzione va sempre data al gioco d'azzardo che va continuamente contrastato: si tratta di un gioco non ripetitivo che può dare un beneficio al mondo dello sport.

A contribuire alla caduta della "schedina" è stato di sicuro il campionato "spezzatino", figlio dei diritti televisivi, e tutto quello che gira attorno al business attuale del calcio italiano e non solo (scommesse live, possibilità praticamente infinite di puntare su qualsiasi cosa) che in maniera evidente ha perso tanto del suo romanticismo. È chiaro ed evidente che al totocalcio non gioca più nessuno, è un'abitudine che abbiamo perso già da po' ma rinunciarci del tutto significherebbe perdere una parte importantissima della storia popolare italiana.
A questo proposito, un piccolo aneddoto personale: da piccolo, dopo il pranzo della domenica, io e mio nonno Armando ascoltavamo in radio “Tutto il calcio minuto per minuto”, lui con gli occhiali neri poggiati sul naso e con il capo chino sulla sua la schedina ed io che lo imitavo. Era un rito, un appuntamento fisso, un pathos domenicale che ci faceva sperare, sognare e immaginare.
Non è una questione nostalgica è semplicemente il ricordo di un momento che accomunava tutti gli italiani, tutti insieme, la domenica tra le 15:00 e le 17:00; orecchie alla radio e biro in mano sperando di sbarcare il lunario grazie al fatidico "tredici al Totocalcio"

Senza il Totocalcio non ci sarebbero mai state le olimpiadi di Roma del 1960 che avemmo la forza di mettere in piedi sopratutto grazie agli introiti ricavati dalle giocate, non esisterebbe uno dei detti italiani più famosi, "fare tredici al Totocalcio" e non ci sarebbero state quelle vincite che aiutarono tante famiglie italiane a svoltare una vita. ma più di tutto, non avremmo mai conosciuto quei momenti di apprensione nella scelta delle giocate, perché per giocare al totocalcio bisognava essere preparati e conoscere la "cosa calcistica". 

Anche l'impatto sulla società fu chiaramente enorme. Decine e decine di film che facevano ruotare le vicende dei protagonisti attorno al totocalcio e alla possibile vincita milionaria tanto sognata e agognata.
Indimenticabile ad esempio "Al bar dello sport", film del 1983 con Lino Banfi e Jerry Calà, dove Lino, ospite poco gradito della sorella e del cognato, frequenta assiduamente il Bar dello sport, assieme ad altri immigrati meridionali, dove lavora la fidanzata Rossana. Grazie all'intuizione (il "2" in Juventus-Catania) di un ragazzo muto detto "Parola" (Jerry Calà), giocatore incallito e pieno di debiti, il quale perse la parola dopo una grossa perdita a poker; riesce a fare un tredici al Totocalcio da 1 miliardo e 300 milioni di Lire.

Anche il mondo della musica subì il fascino romantico della "schedina" come dimostra il bellissimo pezzo di Claudio Baglioni "21X" che racchiude in maniera perfetta tutto l'immaginario italiano che ruotava attorno al gioco di tutti gli italiani, il Totocalcio.