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La rivolta popolare che ha portato la Francia nel caos

Tensione alle stelle per via dei 'gilet jaunes' schierati contro Macron: disordini, violenze e Ligue 1 ferma

La rivolta popolare che ha portato la Francia nel caos Tensione alle stelle per via dei 'gilet jaunes' schierati contro Macron: disordini, violenze e Ligue 1 ferma

“Sono le persone, molto semplicemente sono le persone. Senza nessuna opinione politica. Siamo qui per le strade in solidarietà l’uno con l’altro. […] Ci sembra di aver recuperato la nostra umanità, ognuno mette da parte le proprie differenze. Siamo il popolo francese, nient’altro.”

Sono parole di Jimmy Moreno, riprese da VICE News per le strade di Parigi. Jimmy non abita nella capitale, è un dipendente delle ferrovie e mentre la telecamera lo riprende lui, così come tutte le persone che lo circondano, indossano dei gilet gialli - l’indumento che ha dato il nome alla protesta a cui stiamo assistendo in questi ultimi giorni. Una rabbia scaturita in primis dall’aumento delle tasse sul gasolio, ma che è divampata come un incendio in pochi giorni, fino ad arrivare a pretendere le dimissioni del presidente Macron e a blindare diverse città, causando anche la chiusura di banche, negozi, scuole, luoghi celebri come il Louvre e la Tour Eiffel, di conseguenza anche il rinvio di molti match di Ligue 1.  

Il teatro delle feroci proteste che hanno portato a centinaia di arresti, feriti gravi e anche un conteggio, al momento, di tre morti, è la Francia e i suoi centri urbani più importanti ma in primis la sua capitale. Come spiegano le parole di un portavoce dei gilet jaunes riportate dal New York Times:

“sono le provincie contro Parigi, l’orgogliosa e sprezzante capitale. Parigi non è mai stata così diversa rispetto al resto del paese. La frattura è molto, molto profonda.”

Non è un caso che la scintilla della protesta sia stata la tassa sul gasolio, che colpisce chi vive nei dintorni della città (di solito perché non può permettersi di viverci) e chi per lavoro è costretto a lunghi spostamenti in auto. Ha retto molto poco la motivazione ecologista, che seppur teoricamente sensata è la dimostrazione di un totale distacco dalla realtà, di una capacità pressoché nulla di comprendere la situazione non solo delle classi più povere, ma anche e soprattutto di quelle medie, che infatti sono il cuore pulsante della protesta. Nessuno si aspettava una reazione del genere, lo dimostra l’inadeguatezza della reazione di Macron, prima dai toni autoritari e sprezzanti - che hanno innalzato il grado di violenza nelle strade e hanno fatto correggere il tiro della protesta nei suoi confronti -  e poco dopo accomodanti al punto tale da bloccare la tassa in esame, nonostante si fosse già andati molto oltre la stessa. Il presidente francese si è trovato impreparato anche perché per ora non c’è una nemesi politica definita da accusare o combattere, ma centinaia di migliaia di persone con estrazioni sociali, politiche e lavorative molto diverse fra loro che spontaneamente si sono unite e hanno superato le proprie differenze per protestare. Sempre il New York Times in questo pezzo afferma come:

“almeno finora, il movimento francese rimane relativamente non strutturato. Deve ancora essere 'dirottato’ dai nazionalisti di estrema destra di Marine Le Pen, o dal leader di estrema sinistra Jean-Luc Mélenchon, che potrebbero provare a rivendicarne i valori e la paternità”

Come scrive Mattia Galeotti su Not:

“Sabato la partita di campionato del Paris Saint-Germain è stata rinviata, il governo ha deciso che non poteva sprecare nemmeno un’unità di polizia su altri eventi”.

Al primo caso sono in realtà seguiti i rinvii di ben sei match della diciassettesima giornata di Ligue 1: dopo PSG-Montpellier e Tolosa-Lione, anche Monaco-Nizza, Saint Etienne-Marsiglia, Nimes-Nantes e Angers-Bordeaux. Rimane comunque valida l’osservazione di Galeotti, ovvero che la situazione si sta aggravando talmente tanto e in modo così veloce, che in ben quattro città diverse la decisione è stata quella di non poter minimamente utilizzare le forze di polizia per nulla che non fosse controllare la situazione durante il weekend. 

Nel Paris Saint Germain possiamo trovare incarnato tutto ciò verso cui protestano i francesi - in un certo senso le caratteristiche che rendono Parigi il centro della protesta sono in comune con la sua squadra di calcio. Pochi mesi fa avevamo parlato un po’ di tempo fa di come il PSG avesse trasceso lo status di squadra di calcio e trattasse se stessa come un vero e proprio brand, in linea con marchi globali come Supreme, e quella cultura dell’hype che fondamentalmente punta a rendere l’esperienza di acquisto dei prodotti come un qualcosa di estremamente esclusivo e inaccessibile ai più - basti pensare al modo in cui è concepito lo store Supreme: sia quindi per quanto riguarda l’aspetto economico che l’accessibilità al prodotto o la semplice praticità e modalità di acquisto. Un mondo per pochi, dominato da esigenze e logiche economiche che non hanno nessun riguardo per chi ne dovrebbe usufruire. Un altro lampante esempio è il caro biglietti, che di anno in anno esclude una fascia di pubblico sempre più ampia dalla possibilità di assistere alla partita della propria squadra. 

Spingendosi in una metafora neanche così azzardata, la partita del PSG sarà anche stata rinviata, ma le strade di Parigi e della Francia sono in questo momento proprio come gli spalti di uno stadio: popolate da persone di tutte le estrazioni sociali, economiche e politiche; tutti uniti da un obbiettivo comune che rende omogenee le parole e le voci che si innalzano dalla folla, che siano le curve, i distinti o le tribune: che fanno dimenticare le differenze, unendo tutti verso un unico e condiviso scopo.