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Ascesa e caduta del Milan Lab

I tanti infortuni del Milan fanno riflettere sul laboratorio che ha cambiato il modo di intendere la medicina nel calcio

Ascesa e caduta del Milan Lab I tanti infortuni del Milan fanno riflettere sul laboratorio che ha cambiato il modo di intendere la medicina nel calcio

La situazione infortuni del Milan in questo inizio di stagione sta diventando l'inside joke della Serie A: dopo gli infortuni di Romagnoli e Calhanoglu, anche Bonaventura sarà costretto a farsi operare (stagione finita), e se aggiungiamo Strinic (fuori da inizio stagione per un problema cardiaco), Mattia Caldara (rientro stimato a febbraio), Lucas Biglia e Mateo Musacchio, lo scherzo diventa poco divertente.
Nonostante sia complicato attribuire la responsabilità di questa situazione alla società, è chiaro che oggi qualcosa nelle strutture mediche del Milan non sta funzionando come dovrebbe. Eppure il Milan Lab - leggendaria struttura di Milanello - è stato dal 2002 il centro medico sportivo più all'avanguardia in Europa, tessera fondamentale di un Milan che arrivò due volte sul tetto d'Europa con una squadra di trentenni che correvano come ventenni.
Negli anni Maldini, Seedorf, Ibrahimovic, Ronaldinho e Cafù hanno tessuto le lodi del Milan Lab, il suo approccio ha cambiato la medicina sportiva professionista ma oggi la sua efficacia sembra essersi persa.

L'ascesa

Due stagioni prima il Milan aveva acquistato Fernando Redondo per 11 milioni dal Real Madrid. Il centrocampista argentino - che arrivava da due Champions League in sei stagioni a Madrid - riuscì a debuttare solamente due stagioni dopo, a causa di un infortunio al ginocchio destro che non riusciva ad essere curato. Lo spreco di energie economiche totali per l’operazione fu tale che convinse il Milan a cambiare radicalmente approccio alla cura dei propri giocatori seguendo la filosofia di Jean Pierre Meersseman, chiropratico belga che aveva già lavorato con il club rossonero.

 

Il Milan Lab nasce a Milanello nel 2002 per volere di Galliani e sotto la guida di Meersseman. Il belga si rifaceva nel suo approccio al professor Anatoly Zeletsov che durante gli anni '80 adottò un metodo rigoroso di analisi scientifica e statistica della forma dei calciatori della Dynamo Kiev, che portò la squadra ucraina a dominare fisicamente il campionato Sovietico per una decade.

La filosofia del Milan Lab riprendeva l'aspetto quantitativo di Zeletsov e lo mischiava con un approccio olistico alla medicina che mischiava chiropratica, psicologia e neurologia. Uno degli esempi più famosi è quello di Clarence Seedorf che soffriva di un fastidio cronico all'inguine e fu curato da Meersseman solamente con l'estrazione di un dente del giudizio che comprometteva tutto il sistema nervoso. 
Il Milan investì 5 miliardi di lire in ricerca e strutture all'avanguardia, affidando il progetto al medico belga, la cui filosofia si può riassumere in questa frase che disse al Daily Mail tanto naïf quanto veritiera:

L'età non esiste. Quello che conta è che tu sia pronto fisicamente e mentalmente a giocare. Non importa se hai 21 o 41 anni

I dati diedero ragione al Meersseman: ridusse del 70% l’uso di medicine e la conseguenza furono i 43% di giorni di allenamento persi in meno. Milan Lab fu uno degli elementi chiave che contribuì a rendere il club rossonero a la squadra campione d’Europa nel 2003, e campione d'Italia nel 2004. Nel 2007 la formazione che raggiunse la sua terza finale in 5 anni aveva un’età media di 34 anni, la più alta mai registrata in una finale, dimostrando una discrepanza tra età fisica e anagrafica dei calciatori.

Il contributo di Milan Lab modificò anche la strategia di mercato del Milan che investì sull’oggettività scientifica e su giocatori relativamente vecchi, Cafù (32), Stam (31), Oddo (31), Beckham (33) e nel 2009 rinunciò a comprare Cissokho dal porto sotto il veto di Meersseman per un problema alla mandibola.
Il palmares rimane uno dei più impressionanti mai ottenuti da un club in così pochi anni: 2 Champions League, 2 Supercoppe UEFA, 1 Mondiale per Club, 2 Campionati, 1 Coppa Italia, 1 Supercoppa italiana.

 

 

La caduta

Il simbolo del fallimento improvviso del progetto - che è coinciso con la crisi societaria - è stato Pato, che probabilmente avremmo visto vincere di tutto e invece ha raccolto solo un dato significativo, 15 infortuni diversi in 2 anni e mezzo, probabilmente a causa di una gestione sbagliata del suo fisico da parte del Lab. Le continue ricadute del giocatore brasiliano, considerato ogni volta patologicamente guarito, fecero infuriare anche Berlusconi, che decise di allontanare Meersseman dopo qualche dichiarazione fuori luogo.
Andò al Chelsea che guarda caso con una rosa composta da giocatori sportivamente vecchi a vinse sia in Premier che in Champions League.
Il 2012 è l’anno che segna l’inizio di un tormentone e inizia a mettere in ridicolo un progetto originariamente molto acuto. 307 infortuni in 38 partite di campionato, oltre essere l’anno che infrange i sogni riposti in un’altra speranza dei tifosi milanisti, Stephan El Sharaawy. 

Tornando ai giorni nostri, i casi d'infortunio nel Milan ormai sono così tanti da non poterli ignorare e la forma fisica del Milan, a parte il girone di ritorno della scorsa stagione, non è mai sembrata solida come nel 2007. Gli infortuni avvenuti nello stesso momento della stagione e con circostanze anomale e ricorrenti alimentano dubbi sull'attuale qualità del progetto. Il Milan Lab è diventato un modello nel mondo sportivo - essendo anche uno dei più grandi database del mondo sportivo -  che però sembra non essere più all'altezza della sua fama. Negli anni ha incuriosito grandi aziende quali Microsoft e altri top club come Manchester United, Chelsea e Boca Juniors nel calcio, San Antonio Spurs, Miami Heat nella Nba, Miami Dolphins nella NFL e la McLaren nella F1. Oggi l’intuizione del Milan di basare la società e le prestazioni sulla raccolta di dati è stata adottata e perfezionata dalle maggiori squadre europee, mentre a Milanello sembra che il metodo abbia perso efficacia, forse anche a causa della fine della collaborazione con lo storico responsabile Daniele Tognaccini.

Montella non lo considerava, Kaká ne ha ammesso i limiti, Pato gioca in Cina, Il Milan Lab non smette di creare dubbi attorno a sé, modello arrugginito di un progetto di prim’ordine che in passato ha cambiato in bene il modo di concepire il calcio in chiave moderna e tecnologica.