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La storia solitaria e silenziosa dei raccattapalle

Sull'importanza e l'incisività di queste figure nello sport

La storia solitaria e silenziosa dei raccattapalle Sull'importanza e l'incisività di queste figure nello sport

Chiunque da ragazzino abbia giocato nei cortili o chi ancora gioca negli sperduti campi di provincia, ha ben chiaro quel momento in cui l’amico poco educato dal punto di vista tecnico decide di sciabolarla morbida a due isolati di distanza. A quel punto passano minuti infiniti prima che quel pallone - ovviamente l’unico nella maggior parte dei casi - venga recuperato. Immaginate se anche nelle partite della nostra Serie A si dovesse aspettare tutto quel tempo prima di riprendere il pallone lanciato fuori da San Siro dal cross di Abate. Sicuramente non ci sarebbe niente da replicare ai 20 minuti di recupero.

Per ovviare a questo problema, negli sport moderni, c’è il raccattapalle. Ragazzini che danno l’aria di essere sempre sotto pressione, super concentrati e, soprattutto quelli delle partite di tennis, robotici e decisamente buffi nei movimenti. Ma quando sono nate queste figure?

Anche nell’antichità c’erano sport che utilizzavano delle specie di palle, ma la figura del raccattapalle è nata solo all’inizio del ‘900, in Inghilterra. Nel 1905 il neonato Chelsea comprò per 50 sterline il portiere William “Fatty” Foulke dallo Sheffield United, e come si può immaginare dal nome, Foulke aveva dimensioni fisiche spropositate rispetto alla media. Pur essendo alto 1.93m per 146kg di peso, aveva adottato la strategia di farsi accompagnare in campo da due ragazzini, che si mettevano poi ai lati della porta, in modo che risultasse ancora più grosso agli occhi degli avversari intimoriti. Siamo quasi sicuri che William non fosse poi così agile, quindi, per mantenere le energie, iniziò a incaricare i due ragazzini di recuperargli i palloni che qualche gentiluomo inglese ben vestito aveva appena calciato sull’altra sponda del Tamigi. Da quel momento in poi tutti gli sport con la palla adottarono la stessa strategia, per aiutare i giocatori e la fluidità del gioco.

                                                         

 

SOLITARI IN UNO SPORT DI SOLISTI

Come abbiamo detto, sembra essere il tennis lo sport con i raccattapalle maggiormente al centro dell’attenzione. A Wimbledon, il primo torneo a servirsene, 250 specie di manichini (tra l' altro elegantemente vestiti da Ralph Lauren) sono scelti tra circa 1000 candidati delle scuole del South West di Londra e passano sei mesi ad allenarsi con test fisici e visivi. Principale abilità richiesta? Saper fare rotolare la pallina velocemente e in modo più dritto possibile, fin qua la missione non sembra proprio la più difficile, e così tanta scrematura per saper fondamentalmente stare fermi credo sia insuperabile.

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La selezione per il Roland Garros invece coinvolge addirittura 4200 ragazzi, che tuttavia potrebbero o rischiare di farsi offrire da bere da Novak Djokovic oppure di farsi atterrare da Dzhumur, dipende sempre dalla fortuna.

Il neo numero 1 del mondo è il tennista con il rapporto più simpatico con i raccattapalle, al centro di tante gag che ci spiegano perchè assistere ai suoi match è sempre uno spettcolo dal copione mai scritto, mentre Verdasco e Tsitsipas preferiscono nervosismo e cattive maniere, non li perdoniamo, anche perché se è lo stesso Re Roger a darci l’esempio rispettando i "ball boy", non ci resta che ascoltarlo.

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                                RAGAZZINO FAI IN FRETTA: I RACCATTAPALLE NEL CALCIO

Si può fare una riflessione sulla maniera in cui i raccattapalle influiscano, in modo imparziale o meno, sulla condotta delle partite. Infatti, se nel basket, nel tennis o nel baseball non c’è possibilità che questi possano far perdere tempo, nel calcio il discorso è diverso. Due sport così diversi come calcio e tennis sono tuttavia gli unici ad avere una figura così presente nel cuore dell'azione. La differenza fondamentale è che nel calcio, i palloni rimessi in gioco con più o meno rapidità possono variare l’inerzia del match, non permettendo alle squadre di gestire fino in fondo i tempi di gioco, che passano così nelle mani di qualche ragazzino. Basti pensare a quello che fece Guardiola in una partita tra il suo Manchester City e il Crystal Palace, quando chiamò a se un raccattapalle dell'Etihad Stadium dandogli l'indicazione di rimettere in gioco i palloni velocemente, per velocizzare ancora di più gioco dei suoi, già di per sè infernale. In alcuni stadi, in cui l'atmosfera non è quella del pranzo di natale, come per esempio il San Paolo, percepire come nemico e avversario anche il più innocuo ragazzino del settore giovanile, che non ti lascia un secondo per respirare, oppure ti nasconde tutti i palloni presenti nel raggio di un chilometro, sicuramente influisce psicologicamente sull'esito della partita. Chiedete a Pagliuca, che durante un Napoli-Inter del 1995 se la prese con i raccattapalle, rimediando solamente una pioggia di bottigliette dalla curva.

Gli allenatori non danno solamente indicazioni tattiche o si lamentano di questi ragazzini, come successe due anni fa a Mourinho, che licenziò letteralmente i ragazzi della Manchester United Foundation, sostituendoli con quelli delle giovanili dello United, a detta sua più preparati sul gioco. Qualche volta i manager esultano insieme a loro, dopotutto la loro posizione, così vicina al campo, fa si che i raccattapalle vengano travolti dalle emozioni della partita, anche se siano essi alleati o imprevisti di uno sport che non ha nulla di scritto. A questo punto è ancora più facile pensare che il raccattapalle dia il suo contributo, volontario o meno, all'interno della partita. Non è stato fortunato però il ragazzino che, per aiutare il suo Swansea a battere il Chelsea ha rimediato un calcione da parte di Eden Hazard, regalandoci anche una discreta simulazione con tanto di insulti all’attaccante dei blues, oppure il raccattapalle della Roma durante la scorsa Champions League, spintonato al di là dei cartelloni pubblicitari. Un consiglio che possiamo dare ai calciatori è quindi quello di non prendersela troppo con questi giovani delle scuole calcio, anche perchè potrebbero tranquillamente essere i prossimi Re di Roma o i capitani della vostra nazionale preferita.

 

Ecco, noi continueremo a scavalcare il cancello della vicina o a cercare i palloni in mezzo ai campi o tra l'erba alta, ma nei campi di Serie A e nei palazzetti, per fortuna, si potrà continuare per un altra strada, basta ricordarsi che a un certo punto c’è il muro.

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