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Il risorgimento del Calcio femminile in Italia

Dalla Serie A fino alla Nazionale: storia e futuro del movimento calcistico italiano femminile

Il risorgimento del Calcio femminile in Italia Dalla Serie A fino alla Nazionale: storia e futuro del movimento calcistico italiano femminile

In ambito musicale si dice spesso, in modo ironico e con una punta di amarezza, che tutte le novità arrivano in Italia con dieci, venti, anni di ritardo.

Che sia vero o meno, il discorso è coerente con la crescita del movimento calcistico femminile italiano. Solo a partire da quest’anno sembrano essere avvenuti importanti cambiamenti: squadre professionistiche come Roma, Juve e Inter stanno investendo molto, si iniziano finalmente a vedere le partite della Serie A femminile in televisione e in più la prossima estate ci sarà il Mondiale, con l’Italia finalmente qualificata e con una squadra competitiva dopo anni un po’ grigi.  

Insomma, il movimento italiano ha tanto da recuperare rispetto a quello europeo, ma sembra finalmente essere stata imboccata una strada promettente.



Gli inizi 

ll primo mondiale di calcio femminile si gioca nel 1991, in Giappone. Vincono dagli Stati Uniti, che nel 1999 ospiteranno la terza edizione della FIFA Women World’s Cup.

È qui che, se non tutto, molto cambia nel mondo in quanto a percezione e seguito per il calcio femminile. Circa 700mila persone seguiranno il corso dell’evento, la finale tra Stati Uniti (nuovamente vittoriosi) e Germania vide allo stadio un pubblico di circa 90mila spettatori, record ancora imbattuto per un evento sportivo femminile.

Insomma grazie anche soprattutto all’incomparabile macchina mediatica degli USA il nuovo millennio significa una grande crescita per quanto riguarda il movimento calcistico femminile mondiale. In primis - ovviamente - per gli Stati Uniti, paese in cui la nazionale femminile è tutt’oggi seguita dal doppio delle persone rispetto a quella maschile e in cui il soccer è lo sport più praticato dalla bambine a livello giovanile; ma anche per paesi asiatici come Giappone e Cina, o quelli del Nord Europa come Germania, Svezia e Norvegia.
E l’Italia? L’Italia è rimasta indietro. In quel Mondiale uscì ai gironi contro Germania, Brasile e Messico e da allora non è più riuscita a qualificarsi alle successive edizioni, con l’ironica eccezione dell’edizione del 2019 che sarà ospitata dalla Francia; ovviamente ironica vista la storica mancata qualificazione  della nazionale maschile alla recente Coppa del Mondo di Russia.

 

 

In Italia

La nascita istituzionale della Federazione Italiana Calcio Femminile avviene nel 1968 e per una strana coincidenza il primo campionato nazionale viene vinto dal Genova, così come fu per il primo maschile del 1898.

È solo a partire dagli anni ’80 però che la Federazione, in seguito a una serie di vicissitudini, viene finalmente riconosciuta dal CONI: la dice lunga, sulla considerazione dei vertici sportivi verso il calcio femminile. Il fatto che gli arbitri delle partite all’inizio fossero i dismessi per limiti d’età dalla FIGC: un usato sicuro, non più buono per gli uomini ma che ci frega, tanto sono ragazze. Nonostante la pochissima considerazione e un seguito neanche comparabile alla controparte maschile, durante gli anni ’90 la Nazionale sfiora per ben due volte la vittoria agli europei, piazzandosi seconda nel ’93 e nel ’97.

Per quanto riguarda i settori giovanili, solo nel 2000 le squadre partecipanti alla massima serie cominciano a disporre di una squadra under 20, ma devono passare ancora diversi anni perché le cose cambino ulteriormente.
Solo dal 2015 infatti la FIGC si impegna in una seria di iniziative e riforme volte a migliorare, qualitativamente e quantitativamente lo stato del calcio femminile.
A partire dalla stagione 2016/17 poi arriva finalmente la prima di due svolte fondamentali avvenute in questi ultimi due anni: i club professionistici fanno il loro ingresso nel mondo del calcio femminile: alcuni formano squadre da zero o, come la Juventus con il Como, acquistano titoli di formazioni già esistenti. Questo passaggio è fondamentale per dare più credibilità ad un movimento vittima di leggi preistoriche e senza alcun senso, che nel definire il professionismo parlano solo al maschile. Di conseguenza tutte le atlete, anche quelle che hanno dedicato la loro vita al giuoco del calcio e lo praticano (quando possibile, purtroppo non spesso) come unica professione, non possono essere registrate come atlete professioniste.

 

Parliamo ad esempio di due personalità incredibili come Milena Bertolini, ex calciatrice e ora allenatrice della nazionale, con un palmares di vittorie invidiabile sia da giocatore che da allenatore e che ha anche ricoperto importanti ruoli istituzionali all’interno della FIGC; oppure Carolina Morace, anche lei ex giocatrice con ben dodici campionati italiani in bacheca e ora tecnico del Milan (che per altro le due sono le uniche tecniche italiane abilitate all’allenamento di una squadra maschile di Seria A).

Fra le calciatrici in attività impossibile non citare Sara Gama, difensore, capitano della Juventus e dalla Nazionale, riconosciuta internazionalmente come fra le migliori nel suo ruolo o Regina Baresi, figlia di Beppe e nipote di Franco, capitano dell’Inter come lo fu il padre.

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Adesso

L’ingresso in campo dei club più importanti della nostra penisola può giocare un ruolo importante in questo processo, oltre che a portare con sé una fetta di pubblico prettamente maschile.
Altra novità fondamentale è che da questa stagione in corso, visti i recenti ottimi risultati delle nazionali e un programma di crescita giovanile che sembra fornire i propri frutti, la FIGC prende direttamente in mano l’organizzazione dei campionati di Seria A e B.

Non solo, quella che in molti sperano possa essere la vera svolta, avviene con l’acquisizione dei diritti televisivi da parte di Sky Sport, che ha siglato un accordo pluriennale impegnandosi nella trasmissione in diretta di una partita a settimana e nella messa in onda di un palinsesto di approfondimento sulla materia. Sappiamo bene quanto siano importanti i diritti televisivi a livello economico e di visibilità: stanno lì a dimostrarlo le recenti vicissitudini di questa estate con una lotta andata avanti per mesi circa i diritti di trasmissione della Seria A maschile.

Il campionato di quest’anno vede, che sorpresa, favorite le campionesse in carica della Juventus, ma ci sono anche Milan, Roma, Fiorentina, Sassuolo e Verona, fra le formazioni legate a club professionistici; l’Inter si è aggiunta solo da poco e partirà dalla serie B. Il movimento italiano ha tanto da recuperare rispetto a quello Europeo, ma sembra finalmente essere stata imboccata una strada promettente. Forse anche per questo la serie A sta diventano sempre di più approdo di calciatrici straniere, votate in particolare a sviluppare l’aspetto tecnico del gioco, riconosciuto come il punto di forza del nostro campionato: Emma Lipman, cresciuta nel Manchester City passata al Verona e ora alla AS Roma, Katie Zelem, dal Liverpool alla Juventus o Ellie Brazil alla Fiorentina, sono solo alcuni degli ultimi nomi di calciatrici provenienti da campionati esteri che vengono in Italia per migliorare il proprio gioco.

In Italia si vive il calcio ogni giorno con un’intensità con pochi paragoni nel resto del mondo, eppure per qualche motivo quello femminile non è mai entrato veramente nei nostri cuori. Verrebbe da chiedersi quanto ciò sia dovuto a un fattore 'visivo', dal momento che è sicuramente un’esperienza diversa - non migliore o peggiore, semplicemente diversa - assistere a un match femminile, quanto sia legato all’aura di dilettantismo di cui è ammantato, come già detto per colpa in primis di leggi obsolete e dell’inadeguatezza delle istituzioni; quanto, invece, a un sessismo di base insito nella nostra società, sia nel tessuto sociale che nei suoi vertici (Tavecchio ragazzi, Tavecchio) che negare sarebbe semplicemente negare la realtà e soprattutto non riconoscere il problema e rimandare quindi la sua soluzione.

Un ruolo fondamentale in questo processo di cambiamento quindi, lo svolgiamo sicuramente noi amanti del football, in particolare noi appassionati di sesso maschile. Bisogna provare a cambiare la narrazione e l’immagine piena di luoghi comuni e falsi miti che si è creato nel bel paese intorno al calcio femminile, per far sì che anche le stesse donne siano più invogliate, più sicure, che non percepiscano la scelta di praticare il calcio come qualcosa di coraggioso, da outsider contro tutto e tutti.

Per ora possiamo stare sicuri che ci sia un fermento e un’attenzione senza precedenti in materia e possiamo solo sperare che finalmente anche le ragazze possano avere l’attenzione che meritano, viste le eccellenze e gli sforzi compiuti da molti dei protagonisti storici e dai nuovi attori che sembrano poter apportare quel qualcosa che manca per portare il calcio femminile italiano al livello delle maggiori nazioni europee e mondiali.