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Il baseball e l'eleganza iconica dei New York Yankees

A New York anche lo sport diventa chic

Il baseball e l'eleganza iconica dei New York Yankees A New York anche lo sport diventa chic

“Sai perché gli Yankees vincono sempre Frank?"
“Perché hanno Mickey Mantle?”
“No, perché gli avversari non riescono a staccare gli occhi dalle loro divise”

Christopher Walken spiega così il fascino iconico dei New York Yankees a Leonardo Di Caprio, suo figlio nel film “Prova a prendermi”.


Nel 1877 Tiffany & Co. disegna una medaglia al valore da donare alla moglie di John McDowell, primo poliziotto newyorkese ucciso in servizio. Ciò che non si sarebbero aspetti è che quel particolare incastro della N e della Y sarebbe diventato uno dei loghi più riconoscibili e caratteristici nella storia dello sport, e non solo. Il pacchetto che confeziona un giocatore di baseball è piuttosto accattivante effettivamente. Completo gessato, guanti e cintura di pelle e poi, il più antico dei simboli di eleganza, che da sempre identifica la posizione sociale: un cappello, anzi - un baseball hat - che fa calare sugli occhi un’ombra leggera, come ai più misteriosi cavalieri.
Non mi stupirei nel vedere qualcuno cercare il cappellino degli Yankees tra gli scaffali del prossimo store ufficiale della NBA di Milano, così come non mi stupirebbe scoprire che, quella stessa persona, non sappia che in realtà i New York Yankees sono una squadra. Di baseball per lo più.

Questo sport in Italia ha una visibilità e un seguito irrilevanti, la lentezza e la tradizionale passione nazionale per sport più d’azione possono esserne le cause. Per assurdo, però, in molte città si incontrano tante persone che indossano merchandising della MLB, quasi quante quelle che difendono i colori di Milan, Inter o Juve. La diffusione di prodotti Major League Baseball in Italia si deve forse a Foot Locker, che da molti anni ormai vende regolarmente capi delle maggiori squadre della lega di baseball americana, come Los Angeles Dodgers e Boston Red Sox. L’ininterrotta distribuzione in un negozio come Foot Locker, presente in larga parte del territorio, ha portato a considerare inconsapevolmente la N e la Y solo come un brand di abbigliamento, oscurando gli aspetti sportivi, notevoli oltretutto! I ‘Bronx bombers’ hanno infatti in bacheca 27 campionati, 16 in più dei St.Louis Cardinals, seconda squadra nella personale classifica.

Christina McAdam, Product Director di New Era, ha spiegato come siano due le figure che hanno proiettato nel mondo nel fashion il simbolo della squadra del Bronx: Jay-Z e Spike Lee. Due pezzi da novanta per la cultura musicale e cinematografica. Il marito di Beyoncé ha reso il cappello degli Yankees parte indispensabile della divisa del vero artista Rap e Hip-Hop. Anche prima di Jay-Z, il mondo del rap si distingueva per eccentricità. Il cappello è stato un simbolo per molti artisti, spesso legati alla cultura africana e a quella giamaicana, alla quale appartenevano quasi tutti gli esponenti della scena. La varietà delle forme combaciava con la vivacità di una cultura che stava emergendo con forza. La Coppola di Grandmaster flash e i Fedora dei Run Dmc, ripresi dalla tradizione jazz, così come i Bucket hat di Kangol, diventano simbolo di un movimento sempre più codificato. I New York Yankees non rientravano però in quei codici. Il navy scuro di sfondo a NY si imporrà dagli anni ‘90, come segno di orgoglio e appartenenza alla east coast, oltre che una virtù aggiunta dello chic newyorkese. Se si pensa al mondo della moda oggi, non c’è brand che si associ meglio al concetto di chic di quanto non lo faccia Gucci.

Alessandro Michele, direttore creativo della casa di moda fiorentina, da due anni compare spesso in pubblico con un cappello verde, personalizzato con i simboli del brand come la farfalla. Questa particolare collaborazione con la Major League Baseball è culminata con la collezione F/W 18, in cui il patch degli Yankees convive in modo armonico con l’immaginario, pieno di simboli e allegorie, che ruota attorno al brand fiorentino. Gucci ricama il logo su cappotti in pied-de-poule, slippers e jeans. La N e la Y si sovrappongono alla storia della banda Web e del monogram con doppia G. Alessandro Michele non ha guardato solamente al design delle uniformi moderne. Vengono ripresi, infatti, anche i simboli sulle divise dei primissimi anni del ‘900, che convivono coerentemente anche con la linea tailoring 2018. Tutto è reso vivo da Harry Style, tra cani e galline in un fish and chips di periferia.

I New York Yankees, anche grazie alla loro connessione con il mondo della moda e le sue forme, hanno una potenza espressiva unica nel mondo dello sport. Più grandi dei New York Mets, i cugini, oscurati nei successi come Salieri con Mozart. I ‘pinstripes’ sono più grandi dei Giants di football, dei Rangers di Hockey, dei Knicks e dei Nets di basket. Più grandi anche del MoMA. Il Museum of Modern Art, infatti, ha scelto di vendere tra il proprio merchandising proprio il cappello degli Yankees. La scritta bianca su sfondo blu scuro è parte intrinseca della grande mela e, come ha detto Chay Costello, il direttore del merchandising nello store del MoMA, “Having that connection [to New York City] was important to them”.

 

Il più elegante di questi cavalieri è stato, negli ultimi 20 anni, Derek Jeter. Ex capitano, simbolo vittorioso, uno di quelli che, rimanendo all’interno della metafora cavalleresca, tiene le redini del cavallo più forte. È ovviamente Michael Jordan a firmare la linea di abbigliamento di Jeter, uno dei pochi più grande degli stessi Yankees nella storia dello sport. In uno spot di indubbia capacità comunicativa, poi, è proprio Michael a togliersi il cappello davanti a Derek. Tra ‘capre’ ci si riconosce. Qualcuno ha definito il baseball “la nobile disciplina per gentiluomini ben vestiti” e, se il terreno da gioco si chiama diamante, non è per caso.