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10 buoni motivi per seguire la Regular Season NBA 2018/2019

82 partite sono tante ma ne vale pena

10 buoni motivi per seguire la Regular Season NBA 2018/2019 82 partite sono tante ma ne vale pena

“L'attesa attenua le passioni mediocri e aumenta quelle più grandi.” 
La frase in questione è di François De La Rochefoucauld e la prendiamo in prestito per descrivere quanto in questo momento la nostra passione stia strabordando dai nostri vasi immaginari e ben presto inonderà le nostre vite e sopratutto le nostre notti che inizieranno a schiarirsi fino a diventare bianche che più bianche non si può. Ho messo insieme 10 buoni motivi per non perdere nemmeno una partita della Regular Season NBA 2018/2019 che parte stanotte, eccoli.

 

1. LeBron in maglia Lakers

Fosse soltanto per vedere l'effetto che fa, per citare Jannacci, non possiamo perdere nemmeno una partita dei Lakers. Gli ingredienti sono il Re, un bel po' di giovanotti pronti a diventare i moschettieri fidati del sovrano sua maestà LeBron James come Lonzo Ball, Brandon Ingram e Kyle Kuzma e una serie di scappati di casa pronti a far saltare con il tritolo la già poco stabile città degli angeli. Ho già i pop-corn in mano. 

 

2. The Greek Freak 

Dobbiamo soltanto sederci e ammirare quello che potrebbe portarsi a casa il titolo di MVP della Regular Season che sta per iniziare. È diventato qualcosa di indecente per quanto è forte ed è pronto anche come attitude a dominare la lega. Giannis Antetokounmpo è in rampa di lancio per diventare quello che è destinato a diventare: MVP. Ah, e in pre-season ha fatto le prove.

 

3. The Fab Five (o anche detti Monstars)

Se parliamo di "squadra invincibile", sulla carta attualmente in NBA ne troviamo una soltanto: I Golden State Warriors. Perché dico invincibile? Ecco il quintetto: Curry, Thompson, Durant, Green e Cousins, praticamente quello che potrebbe essere il quintetto base all'All Star Game per l'ovest...ma esattamente, se questi trovano una quadra con Cousins, di cosa staremmo parlando? Three Peat e tutti a casa. 

 

4. Luka (e la mamma)

MVP dell'Eurolega vinta con la canotta del Real Madrid, MVP anche delle Final Four, campione d'Europa con la Slovenia, il tutto a 19 anni. Un talento da iniziato e assolutamente senza senso, una sfrontatezza e una sicurezza nei suoi mezzi infinita e per chiudere una mamma che definire splendida è assolutamente riduttivo (immaginiamo e speriamo sia sugli spalti ad ogni partita per applaudire il figliolo). Ogni volta che vedete che stanno per trasmettere o stanno trasmettendo una partita dei Dallas Mavericks, squadra che si è accaparrata i talenti dello sloveno, fermatevi a guardare perché su un campo da basket Luka Doncic può fare tutto, ma tutto eh. 

 

5. Il primo capo-allenatore "totally" europeo della storia della NBA

Dopo 18 anni passati come vice in un bel po' di squadre NBA finalmente la storia è stata scritta. Igor Kokoškov è il primo capo-allenatore nato e cresciuto fuori dagli Stati Uniti d'America a sedere su una panchina NBA, quella dei Phoenix Suns. Si vero, non proprio i Bulls del '98 ma sono molto curioso di vedere cosa riuscirà a tirare fuori da DeAndre Ayton e Devin Booker il coach che ha portato alla vittoria dell'Europeo la Slovenia di Dragic e Doncic. Occhi aperti.

 

6. Trae Young aka "Il modesto"

Ha detto che si ispira a Steph Curry ma che vuole diventare come Steve Nash. Ha inoltre dichiarato che il suo obiettivo è di diventare il migliore della lega e di poter battere il record di triple del numero 30 in maglia Golden State, praticamente vuole l'impossibile. Qualcuno disse una volta: "Siamo realisti, chiediamo l'impossibile", ecco abbiamo trovato il più realista di tutti e che ha una fiducia in se stesso senza paragoni, Trae Young, il rookie degli Atlanta Hawks regalerà perle su perle, garantito.

 

7. Boston Celtics al completo (e sani)

L'anno scorso, senza lo sfortunatissimo Gordon Hayward e l'infortunio nel momento più importante di Kyrie Irving, i Boston Celtics hanno fatto un capolavoro arrivando in finale di conference e portando LeBron James e i Cleveland Cavaliers a gara 7 perdendola. La risposta alla domanda, cosa sarebbe successo se ci fossero stati anche gli illustri assenti, non esiste. Per fortuna, e speriamo sia così per tutta la stagione, quest'anno ci saranno e se giocano come sanno, grazie a coach Brad Stevens, questi volano!

 

8. Donovan "the real rookie of the year" Mitchell 

Si perché l'anno scorso il premio è andato a Ben Simmons, che non era un Rookie nel senso stretto del termine. Ben era già in NBA da un anno ma non aveva potuto giocare nella stagione 2016-2017 per via di un brutto infortunio al piede durante la pre-season. Ci sono state anche polemiche velate tra Donovan Mitchell e Ben Simmons ma a noi frega il giusto. Quello che ci interessa più di tutto e vedere di cosa sarà capace Mitchell al suo secondo anno, perché il primo è stato discreto per usare un eufemismo.

 

9. "One Last Dance"

Lacrimuccia, vaschetta di gelato con cucchiaio, divano e coperta. Quando quest'anno giocheranno i Miami Heat organizzatevi così perché potrebbe essere l'ultima volta che vedrete il tre volte campione NBA e MVP delle Final 2006, Dwayne Wade. Ultimo giro di Valzer per lui. Thanks for the memories, Flash! 

 

10. La città "dell'amore fraterno"

A Philadelphia stanno aspettando "qualcosa" da troppo tempo, non vorrei stessero aspettando Godot. Il fatto è questo, dopo anni passati cavalcando il motto che fu del presidente Borlotti e della Longobarda "perdere e perderemo",  i 76ers vogliono portare a casa qualcosa di importante. Con Embiid e Simmons possono giocarsela con chiunque ma bisognerà vedere se il supporting cast sarà all'altezza della situazione. Trust the process!