Vedi tutti

Chiedimi chi era "El Pampa" Sosa

Chi ama non dimentica

Chiedimi chi era El Pampa Sosa Chi ama non dimentica

I momenti migliori dell'amore sono quelli di una quiete e dolce malinconia, dove tu piangi e non sai perché e quasi ti rassegni riposatamente a una sventura e non sai quale. Ma la cosa più importante di tutte è trovarlo l'amore, quel grande amore che tutti sognano, quell'amore forte a tal punto da rimpicciolire l'universo e trattenerlo in un battito di cuore. Chi, chi avrebbe mai potuto essere tanto sensibile e provare sentimenti così forti da tentare di lanciarli oltre i confini tracciati ai bordi dell'infinito? Io l'ho trovato, il mio amore è alto 189 cm e tutti lo chiamano "El Pampa".

Roberto Carlos Sosa nasce a Santa Rosa nelle pampas argentine durante uno dei momenti più bui della storia della nazione sudamericana. Il contesto è quello del colpo di stato del 24 marzo 1976 che destituì il governo democraticamente eletto di María Estela Martínez de Perón. Quella dittatura militare governò l'Argentina fino al 1983 e fu caratterizzata da una forte repressione nei confronti dell'opposizione e di innumerevoli violazioni dei diritti umani. Jorge Rafael Videla fu il presidente che per più tempo governò in quel periodo che tra le altre cose vide la nascita del fenomeno dei Desaparecidos: persone arrestate per motivi politici o semplicemente accusate di attività "anti governative" di cui si persero le tracce scomparendo nel nulla. Tra il '76 e l''83 sotto il regime della Giunta militare pare siano scomparsi fino a 30000 dissidenti o sospettati tali su 40000 vittime totali. La situazione politica non ha influito sulla carriera di Sosa, ma una cosa è certa, ha influito caratterialmente su tutti gli argentini nati e cresciuti in quel determinato periodo e quindi anche su di lui. Ha dato loro la forza di non arrendersi, di lottare e di non smettere mai di pensare che qualcosa di buono sarebbe arrivato un giorno, gli ha donato l'ottimismo. 

 

Calcisticamente El Pampa inizia la sua carriera nelle giovanili del Gimnasia La Plata, squadra nella quale esordì a vent'anni, nel 1995. 37 gol in 83 partite, bottino grazie al quale richiama una certa qual attenzione su di sé e nel 1998 sbarca in Italia, all'Udinese. Prima stagione da 11 gol e qualificazione alla Coppa Uefa, resta in Friuli fino al 2002 ma il suo impatto diventa sempre meno decisivo e il pampa viene rispedito in Argentina, al Boca. Male, anzi malissimo. 7 partite e 0 gol. Torna al Gimnasia ma anche qui le cose continuano a non girare. Nel 2003 il secondo e decisivo approdo in Italia, prima Ascoli poi Messina

Ma qui il mio racconto smette di essere una biografia, e diventa una storia fantastica e romantica. Dove il protagonista/eroe indossa il mantello più bello di tutti, è azzurro e dietro ha il numero del calcio, il 10. Si perché, il pampa è stato l'ultimo giocatore del Napoli ad indossare, la maglia più pesante, quella che porta con sé una una magia, un'aura di immortalità che nessun'altra maglia di calcio possiede. (Per dovere di cronaca dobbiamo anche dire che l'ultimo ad indossarla in senso assoluto fu Mariano Bogliacino ma oggi cantiamo un'altra storia, ci perdonerà il buon Mariano). A Napoli giocare con la 10 non è semplicemente giocare con la 10 ma è giocare CON la 10! 189 cm caracollanti ma nello stesso aggressivi, che hanno un solo obiettivo, segnare e perdersi in una corsa senza freni sotto una curva stracolma. Il contesto però non è quello dei grandi palcoscenici, no. Il teatro è la serie C, perché il Pampa è stato il primo acquisto del Napoli targato De Laurentiis dopo il fallimento. Ho parlato di ottimismo prima, sì perché come si fa a non essere ottimisti e mettersi in gioco scendendo in serie C in una squadra appena ricostruita dove mancano anche i palloni. 

 

Sì perché si racconta che all'epoca al centro di allenamento del Napoli a Castelvolturno mancassero anche i palloni con cui allenarsi e che Sosa li abbia comprati di tasca sua. Io voglio crederci, perché anche se non fosse vero, chi sono io per rovinare una storia meravigliosa con la verità. Frédéric Beigbeder nel 1997 ha scritto un libro che si intitola "L'amore dura tre anni" ed è una spiega su come esista un tempo preciso all'interno del quale l'amore nasce, cresce e si consuma e se non si è in grado di farlo diventare "altro", di trasformarlo, ha i giorni contati. La storia d'amore tra Napoli e Roberto "El Pampa" Sosa è durata 4 anni, quindi un anno in più rispetto alla teoria esposta da Beigbeder ma il sentimento non si è mai spento anzi è diventato legame intimo, viscerale ma sopratutto reciproco. Napoli amerà sempre il suo ultimo "vero" numero 10, amerà per sempre colui che dopo un pallonetto morbido contro il Frosinone che termina la sua parabola alle spalle del portiere, si toglie la maglia corre sotto la curva mostrando la maglietta che indossava sotto quella del Napoli scoppiando poi in un pianto di gioia che resta indelebile nella memoria di tutti i tifosi azzurri. La Maglietta recitava: "Chi ama non dimentica, onore a chi ha scritto la storia del Napoli" ovviamente dedicata a chi la dieci l'aveva fatta diventa la diez e che divenne simbolo e primo cavaliere di Napoli, Diego Armando Maradona. Proprio quella partita fu l'ultima giocata dal Pampa con la maglia numero 10 del Napoli al San Paolo. "Il destino, te ne accorgi che c'è quando guardi indietro, mai quando guardi avanti".  

Siamo napoletani, Pampa, non dimentichiamo chi ci ha amato. Non lo faremo mai. Grazie.