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Quanto era forte Nikola Žigić?

Il gigante attaccante serbo che proprio non riusciamo a dimenticare

Quanto era forte Nikola Žigić? Il gigante attaccante serbo che proprio non riusciamo a dimenticare

Il Birmingham nel 2011 è arrivato in finale di Coppa di Lega e nessuno sa bene perché. Come spesso accade per i trofei inglesi, le favole fioccano e tante piccole Cenerentola improvvisate battono il Chelsea di turno, oppure si mettono in mostra per un episodio, un giocatore, un gol spettacolare. Ma il Birmingham nel 2011 si è imposto in maniera diversa e più lampante, battendo l’Arsenal in finale per 2-1 e alzando così la Coppa al cielo, mentre in Premier League finiva il suo campionato al 18° posto venendo relegata in Championship. Serie B più qualificazione in Europa League. Cose da inglesi.

 

La finale della Carling Cup 2011 si giocò a Wembley il 27 febbraio. Il gol del vantaggio dei Blues fu messo a segno da Nikola Žigić con un gol proprio “alla Žigić”: sugli sviluppi di un calcio d’angolo, una sponda di testa di Roger Johnson venne raccolta all’interno dell’area piccola proprio dall'attaccante slavo, semplicemente il più alto di tutti. Questo vantaggio fisico così evidente, così importante, gli permise di arrivare prima su un pallone sul quale si stava avventando anche un giovane Szczesny. I 2.02 metri di Žigić ebbero però la meglio su ogni avversario che provava ad arrampicarsi su quella montagna blu, capace di spizzare il pallone alle spalle del portiere dell’Arsenal portando in vantaggio il Birmingham.

 

Se fermate il video al momento dello stacco di Žigić potete vedere l’esatta riproposizione del dipinto 'La zattera della Medusa' di Géricault, con Žigić nel ruolo di quello che sventola una maglia del Valencia.

 

Quella 2010-2011 era la prima stagione per Žigić in Inghilterra. Era arrivato dal Valencia a parametro zero (oppure per 6 milioni di sterline, c’è un mistero che aleggia intorno al suo acquisto) ed era sceso in campo per la prima volta con la maglia dei Blues nel match contro lo Stoke City del 16 agosto 2010: il risultato parziale, al momento dell’ingresso di Nikola, era di 2-0 per i Potters. Alla fine il Birmingham riuscì a pareggiare 2-2, Žigić non andò in gol ma mise comunque in mostra: “He injected a note of panic hitherto undetected”, scriveva l’Independent nel commento alla partita. In pratica fece impanicare la difesa avversaria, una cosa comune quando vedi un essere di 2.02 metri entrare nel tuo rettangolo di competenza.

 

Lasciare le impronte

Žigić è stato un attaccante dai due volti: all’inizio della sua carriera sembrava semplicemente implacabile e aveva una media gol spaventosa. Nato a Bačka Topola, in Jugoslavia, il 25 settembre del 1980, figlio di un calciatore e di una cestista, è entrato nelle giovanili del club della sua città e presto è stato aggregato in prima squadra. In tre stagioni, dal 1998 al 2001, mentre la NATO portava avanti l’operazione Allied Force lasciando la famiglia Žigić senza acqua né corrente elettrica, lui segnava 68 gol in 76 partite nella terza serie.

 

La guerra però continua a seguire il serbo, costretto al servizio militare a Bar, in Montenegro. Žigić però non smette di giocare a calcio e veste la maglia del club locale, il Mornar, nella stagione 2002-2003. Segna 15 gol in 23 presenze, guadagna provini con Saint Etienne e Créteil, ma nessuno dei due va a buon fine. Niente impronte sul terreno francese, le due grandi 'fette' di Žigić fanno ritorno in patria. Finalmente lo nota la Stella Rossa di Belgrado, l'aspirazione più alta se sei un giocatore (altissimo) e serbo. Viene mandato in prestito per un anno, ma dopo 14 gol in 11 presenze la dirigenza della Crvena Zvezda capì che forse era il caso di farlo giocare in prima squadra. Žigić, sin dal suo arrivo alla Stella Rossa, causò un cambio di modulo al 4-3-3 per adattare la squadra alle sue caratteristiche: “So che il mio fisico può risultare scioccante per qualcuno, ma cerco di fare del mio meglio in campo. Sono bravo di testa grazie alla mia altezza, però voglio allenarmi per migliorare anche nel gioco palla al piede”. Le dichiarazioni di Žigić sembrano quelle di un mostro deforme che deve fare i conti con il suo essere diverso. E' Shrek che è appena stato portato via dalla palude, e per sua fortuna la Stella Rossa è la migliore delle Fiona possibili, in quel momento.

 

Dal 2003 al 2006 Žigić segna 47 gol in 79 presenze, vince 2 campionati e due Coppe di lega. Lo score, il palmares e l’altezza (soprattutto l’altezza) non lo fanno passare inosservato. La testa di Nikola spunta alta sopra la Serbia e viene notata in Spagna: il Racing Santander decide di puntare sui suoi centimetri. L’impatto sulla Liga è impressionante: Žigić, in coppia con il minuscolo Pedro Munitis (alto appena 167 centimetri), segna 11 gol, fornisce 4 assist e guadagna 5 rigori nel corso della stagione. Al termine della stessa, arriva la chiamata del blasonato Valencia.

È il momento più alto della carriera di Žigić, il cui cartellino arriva a valere circa 20 milioni di euro. All’età di 27 anni, il serbo può finalmente giocarsela in un club prestigioso e dimostrare che il suo valore va oltre i due metri e zero due, le sponde di testa o le piccole realtà. Žigić però non ci riesce e resta nel limbo degli incompiuti, guadagnandosi senza ombra di dubbio la palma di “più alto degli incompiuti del calcio”, per quello che può valere. Nel 2009 torna in prestito al Racing e riprende a segnare con una certa regolarità. Nella stagione seguente decide di provare l'esperienza inglese legarsi al Birmingham. Resterà lì per 5 anni, stringendo un legame viscerale con quella piccola realtà e guadagnandosi il soprannome di Big Zig. Žigić seguirà il Birmingham anche in Championship, serie nella quale il club inglese è ancora relegato da quella volta in cui vinse la Coppa di Lega anche grazie a un suo gol.

 

Essere giganti

Žigić ha cominciato a guardare tutti dall’alto verso il basso all’età di 16 anni: mentre gli altri ragazzini combattevano con l’acne e gli ormoni, lui era diventato già un gigante di due metri. Vista la sua altezza, c’erano delle alternative: “Avrei potuto anche scegliere il basket o la pallavolo, entrambi sono molto popolari in Serbia”, dichiarava tempo fa in un’intervista.

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Srecan rodjendan Zigaraaaa #nikolazigic #bday #crvenazvezda

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Se fuori dal campo Žigić è quello al quale chiedi aiuto al supermercato per raggiungere le scatolette di tonno sullo scaffale più alto, in campo è quello al quale ti affidi quando non hai tante scelte a disposizione: “I giocatori diventano pigri quando hai un giocatore così alto a disposizione, si limitano sono a lanciare lungo”, ha detto una volta Alex McLeish, il primo allenatore di Žigić ai tempi del Birmingham.

Žigić, essendo gigantesco, si è sempre trovato a suo agio con compagni di reparto minuscoli, un po’ come succede con quei piccoli uccelli o quei piccoli pesci che nuotano vicino ad animali più grandi: vive in simbiosi con piccoli trequartisti/seconde punte che gli girano intorno e puliscono palloni, mentre a lui spetta il compito di buttarli in rete. Un classico esempio di simbionte per Žigić è stato lo scozzese Chris Burke: in una partita contro il Leeds, Burke svolazza intorno al serbo che fa da boa e lo serve a ripetizione. In quell’occasione Žigić segna 4 reti, di cui 3 di testa.

Anche se la carriera di Žigić è stata segnata inevitabilmente dalla sua altezza il serbo ci ha sempre tenuto a fare chiarezza: “Sono molto più bravo con i piedi di quanto si pensi”, dirà una volta per auto-difendersi dalle critiche che lo vedevano come il più classico dei pennelloni. Ma in fondo, poi, essere giganti è così brutto? È vero che se sei troppo alto devi abbassarti quando passi sotto le porte, ma l’altezza assurda ha anche i suoi vantaggi. Tipo:

 

La partita-manifesto di Žigić

La partita che meglio descrive quello che Žigić sarebbe potuto diventare è Stella Rossa-Roma del 2005. Nel corso di quel match, mise in mostra tutte le sue qualità e anche qualcosa in più. Il serbo riuscì a tirare fuori più del meglio da sé, dalla sua carriera, dai suoi mezzi tecnici. La Roma del primo Spalletti è costretta ad assistere alla supremazia definitiva del serbo, in una partita che sa anche di derby con la Lazio (l’imponderabile al minuto 10:43).

Quarta giornata del Gruppo E di Coppa Uefa, 1° dicembre 2005, la Stella Rossa guidata da Walter Zenga (!) affronta la Roma: i giallorossi al minuto 23 passano in vantaggio con Shabani Nonda (!!) dopo l’errore di un impacciato Milan Bisevac (!!!). Già questo basterebbe a rendere memorabile una partita che però ancora deve essere ancora stravolta da Žigić. Il gigantesco numero 25 prima ci prova di testa, poi dà una sportellata a Philippe Mexes (minuto 7:07) e per poco non gli fa fare autogol. Il pareggio della Stella Rossa passa dai suoi piedi e finisce sulla sua testa: lancio di Dusan Basta (!!!!) per Žigić che la appoggia a Bosko Jankovic (!!!!!), che a sua volta dopo due tentativi al 37’ riesce a pescare il suo testone (dal minuto 8:48).

Il raddoppio della Stella Rossa arriva al 78’: Žigić viene (ovviamente) cercato con un lancio lungo sulla fascia, lui è lì non si capisce bene perché, un po’ come il Birmingham in finale di Coppa, ma fa quello che gli riesce meglio. Prima butta giù Kuffour, poi lo spirito del prossimo Dzeko si impossessa di lui che diventa gigante/trequartista e serve con un passaggio perfetto Purovic, saltando tutta la difesa con un colpo solo (dal minuto 16:41).

Infine, all’86’ Žigić raggiunge il Nirvana: la difesa manda un pallone alle stelle, l’asteroide va in picchiata sul campo ed entra nella sua orbita. Mexes viene spazzato via, la Roma è inerme di fronte a quella potenza immane, i pianeti si allineano e Žigić fa partire dal suo sinistro un razzo spaziale che si infila sotto l’incrocio, mandando in tilt la linea spazio-temporale e facendo apparire una birra roteante in sovraimpressione, mentre i telecronisti urlano il suo nome.

Žigić raramente ha fatto vedere cose così belle nel corso della sua carriera. Un cammino lungo e discontinuo, con delle premesse fantastiche e un finale anonimo. Dopo gli esordi non ha segnato molto in carriera, ma si è preso comunque le sue personalissime soddisfazioni personali come per esempio aver preso parte a due Campionati del Mondo (segnando pure una rete nella sfortunata gara persa contro la Costa d'Avorio a Germania 2006). Eppure il suo essere gigante ha rappresentato comunque un’eccezione straordinaria, quasi mistica. Žigić c’è stato, nessuno può negarlo. Anche Guardiola ha avuto paura di lui, quando ha detto che era meglio tenerlo fuori dall’area di rigore. Oggi si è già ritirato da un pezzo, anche se qualche suo coetaneo riesce ancora a giocare. Perché sarà stato anche l’incompiuto più alto di tutti, ma di fatto è riuscito a complicare la vita a parecchie difese.