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La favola nordica di Hummel

Tra streetstyle e maglie da calcio, vi raccontiamo la storia di uno dei nostri brand preferiti

La favola nordica di Hummel Tra streetstyle e maglie da calcio, vi raccontiamo la storia di uno dei nostri brand preferiti

Partiamo da un assunto semplice: se sei un brand sportivo conosciuto ai più per essere lo storico sponsor tecnico ufficiale della Danimarca, una nazionale di calcio che per quanto riguarda sia la selezione maschile che quella femminile ha giocatori che sono più vicini ad essere modelli che “semplici” calciatori, allora lo stile e la creatività non possono essere solo un’opzione.
Hummel non se l’è fatto ripetere due volte, e negli ultimi anni ha iniziato una bella trasformazione da brand da hipster del calcio ad enfant prodige del mondo streetwear.
Di seguito la storia completa di Hummel e di come il suo bombo sta entrando nella storia della moda sportiva e non.

 

Dall'inizio

Partiamo sfatando un mito: Hummel non è danese, nasce in Germania, ad Amburgo, nel 1923. L'azienda ha stretto un legame decisamente più stretto e speciale con la Danimarca, paese di riferimento per il marchio fin dal 1975. Nata per vestire il calcio e la pallamano, nel dopoguerra diventa la terza potenza del nord Europa per l’abbigliamento sportivo (dopo adidas e PUMA) ma è soprattutto a partire dagli anni ottanta che elabora il suo stile che nel tempo lo ha identificato come brand di culto. Due elementi, quasi sempre imprescindibili: il particolarissimo logo rappresentante un bombo stilizzato e lo staple geometrico sulle maniche, spesso ripreso sui calzoncini. Il lavoro di Hummel in ambito sportivo procede da sempre su due binari paralleli. Se infatti negli anni sono stati protagonisti di importanti partnership con alcune delle più blasonate squadre del mondo, allo stesso tempo non hanno mai smesso di produrre e sostenere realtà medio-piccole o microscopiche, a volte perfino quasi al limite dell’assurdo (e non solo nel mondo del calcio).

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Nella prima categoria possiamo sicuramente includere i tanti anni come sponsor tecnico della nazionale della Danimarca, un rapporto nato nel 1979 e andato avanti fino al 2004, culminato nell’incredibile e inaspettata vittoria all’Europeo del 1992 da parte della compagine danese. Rapporto ripreso solo di recente, nel 2016: binomio vincente (per lo stile più che per i risultati sportivi) anche a questi ultimi campionati del mondo di Russia, in cui il kit pensato per l’occasione è stato sicuramente fra i più eleganti e piacevoli della competizione.

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Sempre per quanto riguarda le “grandi storie” non si possono non citare gli anni in cui il caratteristico logo di Hummel è stato impresso sulle casacche del Real Madrid, dal 1986 ai primi anni novanta, anni in cui i blancos riuscirono a risalire sul trono di Spagna dopo un digiuno durato sei anni, vincendo cinque titoli casalinghi consecutivi.

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Sempre insieme agli outsider

Ma il lavoro in cui si è sempre distinta Hummel, spesso lasciando andare la fantasia al potere, è sicuramente quello per squadre minori e soprattutto a sostegno di cause umanitarie.

Ad esempio il brand tedesco/danese nel 2001 si è fatto sostenitore e sponsor tecnico della nazionale del Tibet, non riconosciuta dalla FIFA e dall’AFC principalmente a causa della Cina, organizzando sul suolo danese una partita contro la Groenlandia. Nel 2016 poi Hummel, insieme a Khalida Popal, calciatrice e attivista, ha disegnato il primo kit della storia per la nazionale Afghana di calcio, sia maschile che femminile, con l’inclusione significativa dell’hijab nel design del kit femminile, per altro molto curato, impreziosito dai motivi geometrici sulle maniche e l’orlo della maglia. Dal 2012 Hummel è anche sponsor tecnico del Christiania FC, la squadra di calcio dell’omonimo quartiere di Copenhagen, fondato nel 1971 e autonominatosi “una comunità di squot autogovernata”; un luogo al limite della leggenda, fra ispirazioni anarchiche, spaccio, arte e malavita per cui il brand ha pensato un’intera linea di abbigliamento curatissima, nel tentativo di rispecchiare la storia e l’ambiente di Christiania.

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L’ultimo progetto in ordine temporale, in mezzo a mille altri ancora che sto ora tralasciando, è stato lanciato in vista dei mondiali russi, accompagnato dal loro slogan “CHANGE THE WORLD THROUGH SPORT”: per raccogliere fondi per la Russian LGBT Sport Federation infatti, Hummel ha messo in vendita sei magliette ognuna di un colore componente la bandiera arcobaleno simbolo del movimento e con la scritta in russo “Change The World” sul petto. Per quanto riguarda quella vena di follia leggera, sempre presente nel marchio, non possiamo non parlare del kit realizzato per l’SCR Peña Deportiva, squadra di calcio di Ibiza: è quasi indescrivibile a parole, fate prima a dargli un’occhiata voi stessi.

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Marketing dal cuore d’oro

Questa filosofia ben precisa del brand, sintetizzata perfettamente dal suddetto slogan, è in realtà emersa a partire dal 1999, quando a prendere le redini dell’azienda, e a risollevarne definitivamente le sorti dopo la sfiorata bancarotta di qualche anno prima, è stato Christian Stadil. Stadil è il creatore del modello di business Company Karma, che ha come scopo proprio quello di promuovere il cambiamento tramite lo sport in alcuni dei luoghi più svantaggiati del mondo. Allargando per un momento il discorso fuori dall’esclusivo e particolarissimo mondo Hummel, la scorsa settimana Nike ha fatto parlare con la campagna “Just Do It” con protagonista quel Colin Kaepernik diventato simbolo dei diritti civili, del movimento Black Lives Matters e anti-Trump. Sembra insomma che si stia sempre più affermando questo modello di brand-activism che sembra essere solo all’inizio e di cui sarà interessante osservare le evoluzioni future; è importante però ricordare che in questo senso Hummel è all’avanguardia e in prima linea da ormai circa vent’anni.

 

Lo stile: dallo spogliatoio allo streetstyle

Negli anni lo stile di Hummel ha seguito un’evoluzione decisamente organica, senza scossoni o scelte azzardate ma invece molto coerente, pur non esimendosi da exploit di pura creatività. La prima linea di sportswear risale addirittura al 1969 e fin da allora è emerso sempre in modo distinto un gusto tipicamente nord-europeo per i design “puliti” e di classe ma spesso impreziositi da fantasie geometriche anche coloratissime a donargli un tocco di vitalità inedito, quasi inaspettato.
È sempre a partire dal 1999 e ancor di più dal 2013 che Hummel si è affacciata in modo molto più consapevole e deciso al mondo dello streetstyle, intraprendendo un percorso a ritroso di recupero e valorizzazione della propria tradizione in piena linea con ciò che sta succedendo in generale nel mondo dello sportswear e anche a brand nostrani che gli possono essere equiparati, come Kappa o Diadora.

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Gli ultimi progetti più interessanti in ordine temporale sono sicuramente la collaborazione con lo sneaker shop scozzese Hanon, un tributo interessantissimo al calcio scozzese delle lighe minori, con tre diversi pack (sneaker più maglietta) ispirati ad altrettanti club militanti nella Scottish Higland League: Huntly FC, Forres Mechanics FC and Rothes FC. Per il progetto Hummel si è anche affidata al fotografo sportivo di fama Brian Sweeney, autore di scatti incredibilmente evocativi.Per quanto riguarda la pura nostalgia, Hummel ha recentemente riesumato l’esplosiva fantasia del kit per portiere indossata dal leggendario Peter Schmeichel durante la cavalcata vincente della Danimarca agli europei del ’92: fantasia geometrica ipnotizzante e colori neon quindi per la long sleeve, featuring adattate anche a due diversi paia di sneaker.

Per provare a dare del tu anche al mondo della moda invece Hummel ha collaborato con il designer newyorkese Willy Chavarria presentando una collezione lo scorso 9 Luglio alla New York Fashion Week, sempre legando la collaborazione a un progetto sociale dal respiro più ampio, quello di supportare i calciatori immigrati regolari o non regolari della grande mela; il tutto con un occhio di riguardo per la comunità messicana e latino americana, da cui provengono le origini di Chavarria.

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Hummel è un brand di culto per gli appassionati di calcio, ma che tramite una politica di marketing aziendale ammirevole e delle idee stilistiche contemporanee e anche piacevolmente retrò, ha il potenziale per crescere esponenzialmente nel prossimo futuro. Noi siamo stati decisamente conquistati, e non vediamo l’ora di scoprire cosa ci riserverà per il futuro uno dei brand più pazzi e creativi del momento.

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