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Perché la nuova campagna di Nike è così importante

C'entrano Colin Kaepernick, il movimento anti Trump e diritti civili delle minoranze

Perché la nuova campagna di Nike è così importante C'entrano Colin Kaepernick, il movimento anti Trump e diritti civili delle minoranze

Erano circa le 21,30 di ieri sera quando un mio amico mi ha girato via WhatsApp un tweet di Darren Rovell, Sports Business Reporter per ESPN e ABC News e noto conoscitore del mondo NBA e NFL. Il testo, molto breve come di consueto su Twitter, era però estremamente rilevante: “BREAKING: Nike ha continuato a pagare Colin Kaepernick per tutto questo tempo, aspettando il momento giusto. Momento che è adesso arrivato, visto che è appena diventato il volto del 30º anniversario della campagna “Just Do It”.

Accompagnata al tweet c’era la foto postata dall’ex quarterback dei San Francisco 49ers con il suo volto e una scritta: “Credi in qualcosa, anche se ciò significasse perdere tutto. Just Do It”. Tutto questo potrebbe non essere così facilmente comprensibile se non avete un minimo di infarinatura del mondo NFL, della sua posizione nei confronti della presidenza di Donald Trump e della questione etnica negli States. Eccovi quindi qualche strumento per capire perché questa campagna dello Swoosh sia così importante e significativa.

 

"I am not going to stand up” 

Il nome di Colin Kaepernick aveva cominciato a circolare con più insistenza nell’estate del 2016, quando l’allora quarterback dei San Francisco 49ers aveva assistito all’inno americano - suonato prima di ogni partita NFL - da seduto e poi inginocchiato, come segno di protesta per i tanti episodi di violenza, sfociati purtroppo anche in alcune morti, avvenuti ai danni di giovani di colore da parte delle forze dell’ordine. “Non mi alzerò in piedi per onorare la bandiera di un paese che opprime neri e persone di colore”, aveva detto Kaepernick, “per me, questo è più importante del football e sarebbe egoista da parte mia ignorarlo e girarmi dall’altra parte."

In un primo momento, tanto la NFL quanto i 49ers avevano in qualche modo incoraggiato la libertà di scelta di Kaepernick, sostenendo come il momento dell’inno fosse un rito a cui i giocatori fossero “incoraggiati a partecipare, non obbligati” e come il suo fosse “il diritto di un individuo a non partecipare”. In seguito, però, specialmente dall’inizio della Presidenza Trump nel gennaio del 2017, la posizione di Kaepernick si è complicata. Maglie bruciate, minacce di morte, il taglio da parte dei 49ers e l’impossibilità di trovare una nuova squadra, secondo molti più influenzata dal peso della sua figura che dalle reali capacità sportive. Colin Kaepernick, insomma, si è trasformato in tutto e per tutto nel simbolo di un movimento anti-Trump e a favore dei diritti civili di tutte le minoranze.

 

“Just Do It”

Avanti veloce fino a ieri sera e probabilmente ora comincerete a capire quanto la scelta di Nike assuma un peso differente rispetto al solito. Già nelle scorse settimane, lo Swoosh aveva cominciato a diffondere una serie di messaggi - catalizzati da personaggi come Serena Williams e LeBron James - che facevano intendere la volontà da parte dell’azienda dell’Oregon di ‘schierarsi’ a fianco dei propri atleti. Basti pensare a “More than an Athlete”, il tour promozionale che LeBron sta tenendo in Asia ed Europa e il supporto mostrato a Serena nella questione con il Roland Garros. In questo contesto, Nike - ci si passi il termine - ha calato l’asso, presentando un testimonial che, ora lo scopriamo, ha continuato a supportare nell’ombra per tutto questo tempo. E si parla di un impegno a lungo termine, visto che l’endorsement dello Swoosh per Kaepernick prevederà una linea a lui dedicata, con scarpe, t-shirt, maglie da gioco e molto altro.

In questo contesto, più prettamente ‘materiale’, si aggiunge la questione etica e morale. “Believe in something, even if it means sacrificing everything”, oltre che essere una sorta di riassunto degli ultimi anni vissuti da Kaepernick, sembra essere anche una vera e propria dichiarazione d’intenti da parte dell’azienda americana. “Questo è il nostro pensiero e siamo pronti a crederci, a prescindere dalle conseguenze”. Questa filosofia è testimoniata anche dalle parole di Gino Fisanotti, VP di Nike nel Nord America: “Crediamo che Colin sia uno degli atleti che più ha ispirato la gente, usando il potere dello sport per aiutare il mondo a progredire.”

 

Le reazioni e le conseguenze 

Nemmeno a dirlo, la campagna ha mandato i social in tilt nel giro di poche ore, scatenando le reazioni più disparate. La notizia ha avuto un eco spaventosa, rendendo “Nike” un trend topic per diverse ore con più di un milione di tweet, insieme a “Kaepernick” (428K) e “JustDoIt” (200K). Tornando al nostro Darren Rovell, che potremmo considerare una sorta di benchmark per il mood della gente vista la sua grande popolarità e la particolare rilevanza sull’argomento, è lui stesso a darci in qualche modo la portata della vicenda. “Sono stato su Twitter per nove anni e mezzo, questo (quello dell’annuncio di Kaepernick) è il mio primo post con più di 10.000 commenti.”

L’altro aspetto interessante, una volta che il nuvolone sollevato ieri sarà ridimensionato, sarà capire la risposta dei clienti Nike alla questione e non va assolutamente sottovalutato l’impatto che questa campagna avrà su una larga fetta di americani, nel bene e nel male. Le reazioni più 'estreme' non si sono fatte attendere, visto che in rete circolano già foto e video che mostrano item e apparel griffato Nike in fiamme o tagliuzzato per 'protesta', anche se ovviamente si parla di un numero non considerevole di persone. Per quel che può valere - sia per il fatto che è avvenuto su Twitter, sia per la relativa affidabilità - un primo poll per stimare le reazioni su scala più grande lo ha effettuato Rovell stesso sul suo profilo. In un sondaggio a cui hanno risposto quasi 36 mila utenti (non pochissimi), il 29% ha dichiarato come sarà più probabile che acquistino Nike d’ora in avanti, mentre per il 21% sarà “less likely”, meno probabile. Per la maggior parte, invece, ovvero la metà, la campagna “Just Do It” con Kaepernick non influisce minimamente sulla decisione di acquistare o meno prodotti Nike.

Comunque vada, questo nuovo capitolo nella comunicazione di Nike è già destinato a entrare nella storia, se non altro per il suo innegabile schieramento politico e sociale. Tantissimi atleti di NFL, NBA, MLS e diversi altri sport hanno deciso di non stare più a guardare e di sfruttare il loro peso all’interno delle comunità americane e non per diffondere messaggi di uguaglianza e giustizia. In questo contesto, Nike ha preso una posizione netta, schierarsi a fianco dei propri atleti “no matter what”. Senza ipocrisia, perché tutto è comunque legato a doppio filo al marketing, al business e al merchandising. Ma in un momento in cui anche un piccolo gesto assume un significato importante, il gesto di Nike non ci sembra affatto piccolo.