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Son ha vinto la guerra

Son Heung-Min ha evitato 21 mesi di leva militare grazie alla vittoria dei Giochi Asiatici

Son ha vinto la guerra Son Heung-Min ha evitato 21 mesi di leva militare grazie alla vittoria dei Giochi Asiatici

Son Heung-Min sabato scorso ha vinto la guerra: la sua Corea del Sud ha affrontato il Giappone in una sfida tra U23 che per il giocatore del Tottenham significava parecchio. Una storia di burocrazia, di militari, di calcio e di occasioni mancate. Per Son non c’erano solo i Giochi Asiatici in palio, no. Non i soldi, non la gloria: le motivazioni che spingono un giocatore a dare il 100% in campo sono le più disparate, e forse quella di Son entra nell’Olimpo delle più strane di sempre. Per l’attaccante classe 1992 si trattava di dentro o fuori. La sua carriera avrebbe potuto subire una frenata improvvisa e inevitabile. Con la vittoria della medaglia d’oro, però, il pericolo è stato evitato. Ma andiamo con ordine.

In Corea del Sud c’è una legge che obbliga tutti i giovani sotto i 28 anni a svolgere 21 mesi di leva militare. E per tutti i giovani si intendono proprio tutti i giovani, quindi anche i calciatori affermati, lontani da anni dal loro paese d’origine, che guadagnano milioni di sterline. Quindi anche Son. Ok, ma allora tutti i giocatori coreani sono spariti dai radar per tutto questo tempo senza che nessun se ne sia accorto? Non proprio. C’è un modo per evitare di svolgere il servizio militare (che comporta una paga di circa 100 euro al mese). C’è un’ultima spiaggia, un porto sicuro chiamato “meriti sportivi”: chi contribuisce a portare in alto la bandiera della Corea del Sud è esentato dalla leva. Sì, ma quanto in alto? Sicuramente un mancato accesso agli ottavi dei Mondiali non basta, e Son lo sa bene.

La Corea, infatti, nonostante l’ultima, clamorosa vittoria contro la Germania, nella competizione in Russia non è riuscita a superare la fase a gironi. Niente meriti sportivi, che invece (per esempio) erano stati concessi ai giocatori che erano arrivati in semifinale durante i Mondiali del 2002 (con tanto di eliminazione dell’Italia agli ottavi, tra una sigh e una grr reaction). E così Son, a Mondiale finito, si era ritrovato all’età di 26 anni - compiuti lo scorso 8 luglio - con il concreto pericolo di dover lasciare il Tottenham per due stagioni causa servizio militare. Una situazione assurda, paradossale. Ma c’era un’ultima spiaggia, e Son l’ha raggiunta.

Con il benestare del Tottenham (e ci mancherebbe, visto che c’era il rischio di perderlo in una maniera così assurda), Son si è unito da fuori quota alla spedizione coreana U23 che ha preso parte ai Giochi Asiatici, ultima possibilità per l’ala degli Spurs di ottenere meriti sportivi. Questo anche perché nel 2014, quando militava nel Bayer Leverkusen, il club tedesco gli impedì di partecipare alla stessa competizione. Che alla fine, ovviamente, venne vinta dalla Corea del Sud.  Non c’è da biasimare troppo l’ex squadra di Son, però: il calcio dei Giochi d’Asia è un qualcosa che si avvicina più al torneo di paese che agli Europei, e i giocatori più importanti non fanno certo pressioni ai club per prendere parte a una competizione tutt’altro che irresistibile. Vedere Son scendere in campo con giocatori decisamente più scarsi rispetto a lui è stato strano, ma inevitabile: l’alternativa era la leva militare. Altrimenti, l’attaccante del Tottenham, titolare in Premier League, prossimo avversario dell’Inter in Champions League, non si sarebbe mai abbassato a quel livello.

Va da sé che la Corea del Sud era la favorita per la vittoria finale, anche (se non soprattutto) per la presenza della stella del Tottenham, un giocatore di valore assoluto, da top club, come in Corea al momento non ce ne sono. Son è il classico calciatore sottovalutato per mancanza di cognome figo: stile Giaccherini/Giaccherinho, in questo caso il motto è “se solo si fosse chiamato Sonaldo”. Perché le qualità non gli mancano di certo, e durante i giochi asiatici lo ha dimostrato ancora una volta. 

Vedere Son giocare nella finale contro il Giappone è stata un’esperienza strana: sembrava di essere tornati all’età di 8 anni, quando si giovava a pallone in piazza e all’improvviso arrivava il fenomeno 12enne, si univa a una delle due squadre e la faceva vincere. La tattica coreana era sempre la stessa, in uno dei più classici "palla a Son e s’abbracciamo" che si sia mai visto in Asia. Tutti cercavano il giocatore del Tottenham, che riceveva palla in qualunque zona del campo provando a sfondare le linee avversarie praticamente da solo. La partita era un misto tra una puntata di Holly e Benji (immaginate chi potrebbe essere Holly) e una sfida in piazza durata fino all’ora di pranzo, interrotta dalla chiamata della mamma del bambino che aveva portato il pallone.

Sì, la Corea di Son alla fine ha vinto la partita. Ci ha messo un po’, a dire il vero: dopo 90 minuti il risultato era ancora inchiodato sullo 0-0. L’attaccante del Tottenham sembrava disperato, l’incubo era vero, tangibile, tra supplementari e rigori sarebbe potuto succedere di tutto. E invece alla fine le cose sono andate nel verso giusto, per lui e per la sua squadra: in occasione dell’1-0 coreano, Son ha dribblato un avversario dentro l’area e sul pallone vagante si è avventato la stellina dell’Hellas Verona Lee (altro giocatore buggato a quei livelli, che tra l’altro ha realizzato anche una doppietta nella semifinale con il Vietnam), che ha scagliato un tiro potente sotto l’incrocio, facendo esplodere la festa coreana. Il 2-0, sempre su assist di Son, è stato realizzato da Hwang, attaccante dell’Amburgo e altro mezzo bug se confrontato all’U23 giapponese. Che, comunque, è riuscita a togliersi lo sfizio di un gol che ha fatto tremare le gambe alla Corea e soprattutto a Son. Il colpo di testa di Ueda spaventa, impensierisce, fa rabbrividire. Ma la partita ormai è praticamente finita, i rossi gestiscono, i blu non ne hanno più. Alla fine, il triplice fischio che sancisce la vittoria della Corea del Sud. E la salvezza di Son.

Un contributo fondamentale per la vittoria finale è stato sicuramente dato dai vari utenti di YouTube che hanno commentato in diretta la sfida. In molti facevano il tifo per la Corea di Son, dando all’attaccante del Tottenham i soprannomi più strani tipo: 

Sondado (simpaticissimo riferimento alla leva militare, si presume)

Sonaldo (scontato ma sempre bello)

Soniesta (che tra l’altro adesso gioca in Giappone, al Vissel Kobe)

Sondriguinho (che vince il premio fantasia per distacco)

Lionel Messon (ai livelli di Sonaldo, più o meno)

Qualcuno ha addirittura azzardato un Son >>> Dybala, qualcun altro ha festeggiato con “Son is free”. La vera svolta, però, è stata portata da un gruppo di utenti evidentemente in fissa con Dragon Ball. Dopo aver rispolverato la puntata in cui Goku sfodera la Sfera Genkidama, alcuni tifosi hanno deciso di supportare il giocatore a modo loro:

༼ つ ◕_◕ ༽つ SON TAKE MY ENERGY

Vedere scorrere questi commenti sulla sinistra è stata un viaggio mistico nei meandri delle follie del tifo. La tattica, tra l’altro, sembra aver funzionato a meraviglia. Al triplice fischio, Son è corso ad abbracciare tutti, ha anche sollevato il suo allenatore in aria come avrebbe fatto un Goku qualunque con il Genio delle Tartarughe.

Tutto l’amore era per Son, con i tifosi del Tottenham attaccati allo schermo a passare la loro energia a un giocatore fondamentale per Pochettino. Un profilo forse troppo spesso sottovalutato, con l’estro del campione (e un mancino eccellente), lo spunto dell’esterno e l’attitudine alla disciplina dei coreani. Un mix di forza e talento auto-gestito, proprio come un soldato che, per fortuna del Tottenham e del calcio tutto, non dovrà fare il soldato. 

C’è un’immagine che forse meglio delle altre descrive cosa significasse questa partita per Son. Mentre tutti i suoi compagni stavano salutando i giapponesi, disposti in fila per ricevere l’omaggio dei campioni, Son era occupato a rimediare due bandiere della Corea del Sud. Dopo averle trovate, le ha spalancate e ha cominciato a volare in giro per il campo come un caccia-bombardiere. Poi si è accorto del saluto agli avversari e si è ricomposto. Il suo volo, fortunatamente per lui e per il mondo del calcio, proseguirà ancora. Braccia spalancate, direzione Inghilterra: c’è una carriera da portare avanti, dopo aver vinto la sua guerra.