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Le Pussy Riot e l'invasione di campo nella finale dei Mondiali

Vladimir Putin non deve aver gradito

Le Pussy Riot e l'invasione di campo nella finale dei Mondiali Vladimir Putin non deve aver gradito

La finale del mondiale di calcio verrà ricordata non solo per i gol di Pogbà, Mbappe e Perisic, ma anche per il curioso episodio avvenuto all’inizio del secondo tempo. Quattro persone, tre donne e un uomo, vestiti da poliziotti, hanno invaso il campo: il difensore croato Dejan Lovren ha aiutato uno degli steward a fermare uno dei disturbatori, mentre l’attaccante francese Kylian Mbappe ha dato il cinque a una delle ragazze. I disturbatori sono stati trascinati fuori dal campo dalla polizia e l’azione poco dopo è stata rivendicata dalle Pussy Riot con un video su YouTube.

Il collettivo punk rock russo, femminista e politicamente impegnato, non è nuovo ad azioni del genere. Gli attivisti del gruppo - prevalentemente formato da donne – lottano da anni per la democrazia e per i diritti della comunità LGBT in Russia contro le politiche repressive di Putin. La protesta di ieri, avvenuta sotto agli occhi dello stesso Putin, seduto in tribuna, è stata chiamata dalle Pussy Riot Policeman enters the game. L’azione era soprattutto una protesta contro la polizia russa: tra le richieste del gruppo ci sono la liberazione di tutti i prigionieri politici, la fine degli arresti durante le manifestazioni e la fabbricazione di false accuse contro gli oppositori politici. Il collettivo ha spiegato che era l’anniversario della morte del grande poeta russo Dmitrii Prigov, il quale ha contribuito ha creare un’immagine del poliziotto fortemente maschilista, che è rimasta impressa nella cultura russa. Il gruppo inoltre voleva riaccendere i riflettori sul caso di Oleg Sentsov, forte oppositore dell’annessione russa della Crimea nel 2014, condannato a 20 anni di reclusione con l’accusa di cospirazione di atti terroristici e impegnato in uno sciopero della fame dallo scorso maggio.

L’episodio di ieri è stato l’unico momento di opposizione al regime in questo mondiale, da tutti apprezzato e lodato per l’organizzazione e la riuscita finale. Le Pussy Riot hanno riportato gli spettatori alla realtà, ma più di loro lo hanno fatto i poliziotti che le hanno arrestate. Durante l’interrogatorio infatti un esponente delle forze dell’ordine ha dichiarato che vorrebbe che fosse di nuovo il 1937, sotto la dittatura di Stalin, per poter sparare direttamente agli oppositori. Una protesta apparentemente futile e superficiale come quella di ieri ha in realtà delle implicazioni molto più profonde e restituisce una società ancora difficile e conflittuale.