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Il problema tra l'Iran e Nike

C'entrano Donald Trump e l'accordo sul nucleare

Il problema tra l'Iran e Nike  C'entrano Donald Trump e l'accordo sul nucleare

Team Melli, no non c’entra niente Alessandro, ex attaccante del Parma, la nazionale di calcio dell’Iran si porta dietro da sempre questo nickname che in lingua persiana vuol dire “La Squadra Nazionale”. Abbiamo sentito svariate volte calciatori, allenatori, dirigenti, a qualsiasi latitudine, pronunciare questa frase: “il calcio non c’entra con la politica”, magari in parte è anche vero ma è innegabile che da sempre ne vive le conseguenze.

La questione di per sé è semplice, poco prima del Mondiale, Nike ha smesso di fornire gli scarpini ai giocatori del Team Melli. Questo è soltanto uno degli effetti collaterali della scelta, da parte del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, di uscire dall’accordo sul nucleare firmato a Vienna nel 2015. L’accordo prevedeva di impedire all’Iran di sviluppare una tecnologia tale da permettergli di costruire ordigni nucleari ma non di continuare a svolgere un lavoro di espansione sul programma volto alla produzione di energia nucleare per scopi civili. A cascata sono arrivate una serie di sanzioni nei confronti di Teheran e nei confronti di tutte le aziende e banche occidentali che facciano affari con l’Iran. Da qui l’impossibilità da parte di Nike, di rifornire alcuni giocatori della nazionale iraniana che di solito giocano con gli scarpini prodotti dall’azienda di Portland.

È anche vero che Nike avrebbe potuto chiedere una sorta di licenza all’OFAC (Office of Foreign Assets Control), ufficio che fa capo al Dipartimento del Tesoro Americano che supervisiona l’attuazione e l’applicazione delle sanzioni. Esiste una lunga storia di concessioni e di autorizzazioni in modo da non ostacolare le competizioni sportive internazionali ma sotto l’attuale amministrazione USA la politica delle licenze ha subito un brusco rallentamento per usare un eufemismo e quindi difficilmente sarebbe stato concesso un placet in tal senso.

Durante la conferenza stampa pre-esordio, Queiroz è stato molto duro nei confronti di Nike che si è trovata costretta a giustificare davanti al mondo questa situazione: “La decisione non è avvenuta ultimamente. Nike, in quanto americana, non può fornire la nazionale iraniana dal 2015. Le sanzioni esistono da allora, e come ogni azienda statunitense dobbiamo sottostare alle leggi federali. Legalmente possiamo rifornire i giocatori quando si trovano nei club e firmare con loro dei contratti di sponsorizzazione: abbiamo dunque fornito a questi elementi regolare fornitura quando si trovavano nei club d’appartenenza. La legge, però ci vieta di rifornirli in club iraniani e in Nazionale: abbiamo sempre agito in questo modo”.

 

Per dirla tutta la nazionale iraniana non ha nemmeno uno sponsor tecnico. Durante le partite i giocatori vestono sí adidas (magliette e pantaloncini) ma i kit non sono forniti dall’azienda tedesca, bensì la federazione iraniana li ha acquistati con un sostanziale sconto pari al 70% per poi attaccarci su tutte le patch identificative della propria nazionale. Un bel lavoretto homemade insomma.

L’Iran si è qualificato al mondiale di Russia in scioltezza, non perdendo nemmeno una partita in tutta la fase di qualificazione, andando a vincere la partita d’esordio contro il Marocco per 1-0 e perdendo la seconda ieri sera contro la Spagna con un gol di ginocchio di Diego Costa dopo un rimpallo che definirei fortunoso. Da 7 anni in panchina siede Carlos Queiroz (tra le altre ex allenatore del Real Madrid), che è stato in grado di realizzare un rimarchevole back to back qualificando il suo Iran prima al mondiale 2014 e poi a quello del 2018. L’Iran si giocherà la qualificazione nella terza e ultima partita del gruppo B contro il Portogallo di Cristiano Ronaldo, 4 gol in 2 partite. In bocca al lupo Team Melli.