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Stile Juventus vs Napoli Style

Due culture, due modi di intendere il calcio

Stile Juventus vs Napoli Style Due culture, due modi di intendere il calcio

Stasera al San Paolo si gioca Napoli Juventus, partita decisiva per la corsa allo scudetto ma il cui significato da sempre oltrepassa le linee bianche del campo. Il confronto tra le due squadre più forti d'Italia nel passato era considerato come uno scontro tra visioni, popoli e attitudini diverse: la squadra dei padroni contro quella del Popolo, l'eroe ribelle Maradona contro i soldatini dell'Avvocato, il Nord contro il Sud. Usare questi argomenti per descrivere la sfida di oggi è sbagliato: il calcio, la società e le squadre sono totalemente cambaite. La narrazione della sfida tra Juventus e Napoli non è però diminuita, ma si è aggiornata seguendo le vicende di entrambe le squadre. La Juve diventata la prima multinazionale italiana del calcio in campo e fuori e il Napoli l'outsider che propone un calcio utopico ma rimane legato a un immaginario legato alla città e alla strada. 
Questo scontro si nota nelle maglie, la gestione societaria e del gioco

 

Lo stile Juventus dopo Calciopoli

Di stile Juventus parlano gli altri, non noi. (Gianni Agnelli)

Lo stile Juventus fu inventato addirittura negli anni 30, quando l'avvocato torinese Edoardo Agnelli applicò alcuni principi della produzione industriali alla gestione della Juventus e dei risultati sportivi che essa garantiva. Negli anni, lo stile Juve diventò il marchio di fabbrica della società: vincente, impeccabile, misurata, superiore ed elegante. Era un mix di attitudine sabauda e imprenditorialismo nostrano, riflessa e comunicata  efficaciemente attraverso le strisce bianco e nere delle magliette, i giocatori simbolo e i trofei in bacheca. 

 

Calciopoli e il 2006 furono lo spartiacque dello stile Juventus: un colpo all'immagine del club devastante, che confermava al contrario lo stereotipo di ladri sempre strillato dagli altri. Dopo cinque anni di gestione societaria un po' casuale, la restaurazione dello stile Juve avvenne quando Andrea Agnelli prese la carica da presidente. Il giovanel Agnelli rivoluzionò lo stile Juventus portandolo nell'era contemporanea. Da modello industria fordista a multinazionale, da un estetica austera ed essenziale a quella cool e fotogenica dei social. 
Dal punto di vista dell'immagine la svolta è stata la costruzione dello Juventus Stadium (oggi Allianz) che proiettò la società a livello dei grandi club europei. Lo stadio è una grande metafora di come è cambiata l'estetica Juventina nella direzione dello sport come intrattenimento, con lo spettatore prima cliente e poi tifoso. I grandi contratti di sponsorizzazione - con Nike prima ed adidas poi - aggiornarono stilisticamente le magliette, affiancate dal rinnovamento del logo societario. L'aggressività del gioco proposto da Antonio Conte e poi la schicciante supremazia di quello di Allegri divenne automaticamente il paradigma di novità nel calcio italiano. La Juventus è diventata in questi una delle società più attive sui social network, per distacco la più seguita in Italia

 

Andre Agnelli restituì prestigio e peso alla società schierandosi nelle battaglie in Lega e affrontando Calciopoli con un approccio negazionista. Anche la gestione dei giocatori cambiò rispetto al classico stile Juventus: fu abbandonato l'austera educazione a coprire i tatuaggi (accadde a Miccoli) o rifiutare giocatori perché fuori stile Juve (Antonio Cassano). A Pogba non fu proibita nessuna pettinatura pazza, Tevez poteva mostrare tutti i i suoi tatuaggi e furono tollerate tutte le scorribande di Vidal nelle discoteche di Torino. Nonostante ciò, nessun giocatore diventa più grande della Juventus, lo testimoniano il benservito a Del Piero, la monetizzazione di Pogba e lo sgabello di Bonucci in Champions League.

 

Napoli e il nuovo streetstyle

La storia dello stile del Napoli è meno ricca di quella della Juventus, ma non meno complessa. Prima degli anni '80 e '90 la squadra partneopea ha fatto fatica ad imporsi nell'immaginario del calcio italiano. L'odio per la Juventus iniziò durante l'era del presidente Lauro, quando la Juventus comprò prima Zoff e poi José Altafini. A cambiare la narrazione sportiva e estetica del Napoli Calcio fu ovviamente Diego Armando Maradona. Fu il primo calciatore e figura pubblica a incarnare le contraddizioni della città e a mostrarle con orgoglio in Italia e nel Mondo. Con Maradona iniziò quella straordinaria contaminazione tipica dell'estetica napoletana tra sacro e profano. Maradona messia, Maradona Santo, Maradona capopolo di Napoli.

 

Dal secondo scudetto nel 1990 in poi, la narrazione intorno al Napoli Calcio quasi si appiattì sul ricordo di Maradona. Anche dopo la risalita dalla Serie C, i tifosi napoletani cercarono ossesivamente il fantasma di Diego in ogni buon giocatore offensivo che vestisse la maglia azzurra: quello che subì più di tutti queste pressioni fu sicuramente Ezquiel Lavezzi, che però più che raccogliere l'eredità di Diego era un suo figlio anche lui.

La società del Napoli rilevata da Aurelio De Laurentiis nel 2004, faticò nel creare attorno a sé una narrazione ed un nuovo immaginario. A livello societario De Laurentiis ebbe rapporti burrascosi con la Lega, culminata nella storica fuga in motorino senza casco. I risultati sportivi collocavano il Napoli all'interno di quella categoria di squadra che formavano ottimi giocatori per poi rivenderli alle grandi, senza grandi obiettivi di classifica. Lo stadio rimase il decrepito San Paolo e gli sponsor tecnici produssero alcune delle maglie più brutte della storia del calcio. La squadra soffriva le debolezze della città e episodi legati alla tifoseria (Genny a' Carogna e la morte di Ciro Esposito) influenzarono molto l'atmosfera intorno alla squadra con una società evidemente non abbastanza forte per arginarle.

Tuttavia queste si rivelarono essere le basi del "nuovo" Napoli, ambizioso di riportare lo Scudetto a Sud di Roma. Dopo l'annata sbagliata da Rafa Benitez, l'arrivo di Maurizio Sarri già di suo era una dichirazione di stile. La curva napoletana scoprì nuovi idoli, uno in casa cioè Lorenzo Insigne, l'altro per caso Dries Mertens. Loro insieme a Marek Hamsik e al gioco utopico di Maurizio Sarri hanno ribaltato la narrazione sul Napoli che è passata da: squadretta-simpatica-che-gioca-bene-ma-perde a utopia realizzata. I giocatori hanno trainato il nuovo gusto: i tatuaggi di Hamsik e Insigne ndi Enzo Brandi, la passione per le magliette strane portate avanti da Kappa e Macron e infine le tute di Maurizio Sarri. La società è riuscita a sfruttare anche i lati più oscuri di Napoli a proprio favore: lo spot di Mertens che fa spostare le puntate di Gomorra per Juventus Napoli ne è la prova più evidente.