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Pep Guardiola x Maurizio Sarri fashion show

Tuta contro slim fit, fashion contro sportswear. L'apparel dei due allenatori racconta più di come giocano le loro squadre

Pep Guardiola x Maurizio Sarri fashion show Tuta contro slim fit, fashion contro sportswear. L'apparel dei due allenatori racconta più di come giocano le loro squadre

Dopo due settimane d'attesa, Pep Guardiola e Marurizio Sarri torneranno faccia a faccia al San Paolo di Napoli. Sui giornali e sui siti di sport si sono sprecati titoli poco fantasiosi sul gioco di Napoli e Manchester Ciry e sulle affinità tra i due tecnici, tipo "il vecchio discepolo sfida il giovane maestro". Le similitudini nel gioco dei due allenatori sono evidenti, e le dichiarazione di stima ed amore che entrambi non perdono occasioni di mandarsi lo dimostra. Ma su una cosa i due allenatori sono agli antipodi: la moda. La tuta da campo da provincia di Sarri contro i capi d'alta moda di Pep, uno scontro d'imagine che racconta la filosofia dei due tecnici più di come giocano le loro squadre. 

 

Maurizio Sarri: sportswear politico

La moda sarriana è composta da un solo ed unico elemento: la tuta societaria. Si inserisce nella gloriosa tradizione degli allenatori-in-tuta che richiamano l'immaginario del calcio pane&salame, dei campi di provincia in terra battuta da cui effettivamente proviene Sarri. Il più grande esponente italiano di questa tradizione in via d'estinzione fu Francesco Guidolin, prima di lui Carletto Mazzone e l'ultimo Zdenek Zeman, che con Maurizio Sarri condivide anche la passione per la nicotina. All'estero invece, il solo Jurgen Kloop è rimasto a difendere l'onore del 100% polyestere. Ma le ragioni per cui tutti questi allenatori indossavano la tuta sono diverse: Guidolin perché era costantemente sull'orlo di una crisi di nervi, Mazzone per ignoranza, Zeman perché aveva mollato e Kloop per personal branding del gegenpressing. Per Sarri la tuta risolve il problema di cosa mettersi appena si sveglia "Faccio l'allenatore non l'indossatore", ma è anche un gesto politico. Dopo l'espulsione contro il Milan nel 2016 il tecnico toscano disse: 

«È più facile espellere un uomo con la tuta che uno in doppiopetto». 


Le tute che indossa Sarri sono quelle societarie del Napoli, sponsorizzata prima da Kappa e poi da Macron nell'era Sarri. Le tute disegnate delle due aziende italiane si portano ancora dietro l'imamginario del calcio di provincia: sono tagliate larghe, gli sponsor sono invasivi e mancano degli elementi fashion che adidas e Nike hanno ormai da tempo inserito nei loto prodotti. Sono perfette per Sarri e il suo personaggio che ha sempre odiato l'etichette e l'aziendalismo di allenatori come Allegri, che multerebbe gli allenatori che si presentano in tuta.
Politicamente Sarri è di sinistra - definito spesso "comunista" con leggerezza irritante - e lo dimostra più con la tuta che con il suo sistema di triangoli offensivi. Il padre di Maurizio fu partigiano e ciclista professionista fino ai 25 anni, poi gruista nei cantieri di Bagnoli a Napoli. Sarri ha ereditò da lui i valori della fatica e del lavoro, li ha portati nel suo calcio aggiungendo un elemento realista, come le sue dichiarazioni:

"Non le indosso (spille per le campagne, ndr) perché penso che della ricerca contro il cancro o la distrofia debba farsi totalmente carico lo Stato, in un Paese civile", oppure "Con il prossimo contratto mi vorrei arricchire".

Spesso però la sciatteria nella forma esce dal perimetro sorvegliato del socialmente accetato, per esempio chiamare "frocio" Mancini, che catapultano subito Sarri da santone dello sportswear a contadino di provincia (Sabatini dixit).

 

Pep Guardiola: Sporty chic

 

Pep Guardiola ha cambiato il calcio contemporaneo e la sua tattica, la sua rivoluzione è stata spesso fraintesa e raccontata erroneamente come una lotta dei deboli contro i forti. Invece Pep non ha stravolto il modo di giocare a calcio come guerrigliero del Chapas col sigaro in bocca, ma piuttosto come un dirigente di Google o di Facebook e i suoi outfit sono lì a dimostrarlo. Pep - al contrario di Sarri - ha allenato solamente in contesti iper professionali, in squadre di calcio che sono innanzitutto società e potenze economiche. Pep si è sempre approcciato al suo ruolo di allenatore con un professionalismo degno di un supermanager. Non è mai stato un un ingranaggio dell'azienda né un eccentrico capo, ma piuttosto un libero professionista che mette la sua competenza al servizio della società senza rinunciare alla sua identità. Molti giocatori (ibrahimovic, Manzukic, Dante) si sono lamentati dell'attitudine poco umana di Guardiola nei confronti dei giocatori.
Il guardaroba di Pep rispecchia la sua professionalità fredda e cool allo stesso tempo: lo stile è quello minimal di H&M ma con più soldi nel mezzo. Ha un retrogusto dello starttupparo con i soldi tipo Elon Musk: un look fatto di maglioncini grigi e felpe col cappuccio ma che rimane comunque legato ai pantaloni slim quasi skinny e al gusto di streetwear progressista di brand come adidas Originals. In Europa solo Mourinho è riuscito ad avere il suo stile, ma con una declinazione più machista e meno posh, mentre oggi a copiare Pep ci sta provando con scarsi risultati l'astro nascente del calcio tedesco Julian Nagelsmann con le sue camicie coreane. Recentemente ha portato lo stile nel calcio inglese, il cui gusto medio - fatte alcune eccezzioni - è ancora fermo al tamarrismo stile Jamie Vardy e fu intiterrotto solo dallo stile un po' spocchioso di Roberto Mancini. Pep ha stregato i tabloid con cravatte strettissime, sciarpe oversize e dolcevita neri ispirati all'eleganza minimal della Silicon Valley.

Lo stile di Guardiola racconta l'approccio alla sua professione ma anche il suo posto nel mondo. Pep lavora nella più grande multinazionale del calciomai creata, suo fratello è un importante agente che ha facilitato l'acquisto del Girona da parte del City Footbal Group, sua sorella Francesca è stata la responsabile delle relazioni estere del governo catalano. Pep appartiene all'elité mondiale e il suo gusto minimal ed elegante rispecchia l'estetica dominante del mondo contemporaneo. Non è un uomo che appiattisce se stesso solo sul suo lavoro, in molte conferenze stampa ha invitato i suoi giocatori a guardare anche al di là del campo, ha già annunciato un ritiro giovane perché non si vede a sessant'anni ancora su una panchina. Politicamente si è schierato a favore dell'indipendeza catalana, citando le sofferenze del suo popolo sotto Franco. Tra qualche anno non me lo immagino dirigente di una grande squadra o di un brand di streetwear, ha sempre detto che gli piacerebbe tornare in Italia:

Se dovessi tornare a lavorare in Italia sarà per allenare il Brescia. E lo farò gratis.