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Larger Than Life

Ritratto di Roger Federer, il più incredibile dei campioni

Larger Than Life  Ritratto di Roger Federer, il più incredibile dei campioni

237, le settimane consecutive da numero uno nella classifica ATP. 18, gli slam vinti, 6, le ATP finals.  27, le finali in un torneo del grande slam. 1 oro olimpico, 1 argento olimpico ed 1 Coppa Davis. 1081, le partite vinte. 89, i titoli in totale. 24, i master 1000 vinti e 24 gli ATP 250. 17, gli ATP 500. 35, gli anni compiuti l’8 agosto 2016.

Ma dei numeri, nessuno ce ne voglia, importa poco o nulla. E non perché siano privi di significato, tutt’altro. Semplicemente, snocciolarli può chiarire la grandezza di qualcuno, ma pecca di calore e romanticismo. Riassume, niente di più.

Federer è il giocatore più grande di sempre. Chi dice il contrario o è in malafede o confonderebbe il tennis con altro. Anche chi non lo ha amato lo ammetterebbe, basta avere il minimo sindacale di competenza su questo gioco “inventato dal diavolo”. La quantità di materiale a sostegno di questa sua grandezza è come uno tsunami, non permette via di fuga. Ciò, sia chiaro però, non giustifica alcun radicalismo del tipo: “dopo di lui il tennis è morto”. No, non è così, ci sono già ottimi giocatori e ne nasceranno di grandi, grandissimi. Ma prima che ne nasca un altro simile, semmai accadrà, deve passare del tempo.

Federer ha fatto suo ogni concetto fisico e lo ha storpiato a proprio piacimento, ha dimostrato che il tempo finisce per essere vittima di chi non concepisce altro se non la propria volontà. Ha battuto tutto, tutti, cominciando da se stesso, risolvendo ogni problema o carenza venuta fuori. Ha raggiunto la perfezione stilistica, poi l’ha destrutturata, ne ha creata una nuova e l’ha fatta di nuovo sua. È stato potente, è stato meraviglioso, è stato fragile e presuntuoso. È stato, ed è tutt’ora, un giocatore fuori dal tempo, sia perché ha praticato un gioco inconcepibile per l’epoca aggressiva e violenta in cui ha vissuto, sia perché le interferenze della sua grandezza si espandono nel tempo in modo orizzontale, verso il passato e verso il futuro, condizionando tanto chi pratica, praticava e praticherà il tennis, quanto chi guarda, guardava, e guarderà il tennis.



Eppure è impossibile confinare la magnificenza di un personaggio come Federer dentro righe o parole, probabilmente non basterebbe un trattato di teologia – e del resto David Foster Wallace, che meglio e prima di chiunque altro comprese l’unicità di questo giocatore, parlava di “esperienza religiosa”. Lo scrittore americano fu anche l’unico a capire che il solo modo per dare un accenno di cosa sia stato e cosa sarà la figura di Federer per il mondo dello sport, non stava nel disegnare una biografia o tratteggiare lo stile di gioco, quanto descrivere una singola giocata, uno scambio complesso ed articolato, concluso con il punto vinto dallo svizzero. Un emblema di ciò che il tennis è, in pratica: degli scacchi pieni di sudore che ti chiedono di fare una mossa razionalmente istintiva, ovvero qualcosa contro natura. E quindi un emblema del perché, in questo gioco, lui è stato il migliore di tutti.

 

Minuto 1,28 del video. Il punto in questione non è preceduto da molti scambi, ne realizzato durante una finale di slam. È uno scambio del tie-break del primo set delle finals dell’ATP tour. Federer, inoltre, si trova in battuta, presupposto per comandare lo scambio sin da subito. Il colpo è molto violento ed effettato verso l’interno. Djokovic è costretto ad allungarsi e rispondere come può, ed infatti gli esce un contro-balzo lento e a mezza altezza. A questo punto lo svizzero ha tutto il tempo di spostarsi verso sinistra – con il suo movimento tipico a sventagliare, quasi un passo di danza – e colpire la palla in modo da spedirla in diagonale. Invece il diritto è indirizzato proprio verso Nole che, a quel punto, si trovava due metri fuori dal campo; sembra quasi come se avesse deciso di continuare volontariamente lo scambio, di non concluderlo lì, in quel momento.

Con una situazione del genere, i grandi oppositori di Federer – il serbo e Nadal – ci vanno a nozze, perché si inventano il passante di potenza ed effettato. Ed è proprio questo che Djokovic decide di fare, colpisce la pallina dal basso, con il gomito così alto che il rischio è quello di dare troppo effetto alla palla e spedirla in rete. Eppure il passante quasi gli riesce, perché Roger è rimasto a metà campo e non copre l’intera visuale dell’avversario. Ma, appunto, gli riesce quasi. Roger sa che la pallina una volta toccata terra schizzerà via, tanto l’effetto impresso. Così decide di colpire con la volè in allungo, quasi con una spaccata, e non contento riesce anche a girare l’effetto a proprio favore: la sfera una volta ritornata nel campo di Djokovic, difatti, rimbalza bassa ed in senso orizzontale. Ma il serbo è notoriamente un fenomeno fisico, non solo recupera ma riesce addirittura ad indirizzare la palla in modo splendido alle spalle di Federer, il quale deve fare alcuni passi indietro ma non può correre dando la schiena all’avversario, perché quest’ultimo ha chiuso quasi completamente la visuale e bisogna capire dove spedire la pallina.

Ma, appunto, quasi tutta la visuale. C’è lo spazio verso destra che è completamente libero, solo che Djokovic non se ne cura, perché la posizione del corpo in cui Federer deve andare a colpire non permette di trovare quell’area, ma al massimo un tentativo di lungo-linea che Nole è pronto a schiacciare. Federer invece raggiunge la pallina, aspetta che scenda ad altezza ginocchio, e la spedisce proprio dove il serbo non può arrivare. Il colpo non è particolarmente potente o effettato, eppure passa. Passa perché in quel momento, in quell’istante, era l’unica cosa remota e possibile. Così remota che nessuno c’aveva pensato, eccetto Federer, che come tutti i fenomeni fa quello che noi non abbiamo nemmeno il tempo di pensare.

Lo scambio, in tutto, è durato 10 secondi.

Così breve, così fugace, che il commentatore resta in silenzio per tutto il tempo. Per poi uscirsene con un “U gotta be kiddin’ me!”. Federer ha avuto meno di 2 secondi per pensare alla soluzione e per prendere la decisione vincente. In appena 2 secondi non è possibile fare scientemente qualcosa. Ma in una situazione come la precedente non è consigliato nemmeno optare per un colpo violento ed istintivo. E questo perché nel tennis, il più delle volte, l’aggressività incontrollata non ha successo.

C’è uno spazio così piccolo, così serrato, in cui la consapevolezza si confonde con l’impulso.

In quello spazio Federer ci vive da 29 anni.