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La quarantena ha cambiato anche l’approccio allo streaming

I film e le serie su Netflix ormai obbediscono solo alla legge dell'"hype"

La quarantena ha cambiato anche l’approccio allo streaming I film e le serie su Netflix ormai obbediscono solo alla legge dell'hype

Quando tutto il mondo è costretto al lock-down, l’on-demand si rivela una risorsa preziosissima. Oltre ai competitor tradizionali come Netflix e Prime Video, nelle ultime settimane sono intervenute anche altre piattaforme: Infinity, Rai Play, Pornhub e nel frattempo è arrivato anche Disney+. Ma le conseguenze della quarantena non hanno risparmiato nemmeno lo streaming.

Qualche esempio: lunedì 20 marzo è uscito Ultrasil film d’esordio di Francesco Lettieri. Per tutta la settimana non si è parlato d’altro e il web è impazzito per la colonna sonora di Liberato. Solo alcuni giorni dopo, però, il film è sparito dalla top 10 dei più visti su Netflix, perché nel frattempo il web ha scoperto Il buco (El hoyo), che ha letteralmente spazzato via il film di Lettieri e si è conquistato il weekend. Ma anche Il buco ha avuto vita breve, perché è arrivata Tiger King, la serie di documentari sulla vita criminale di Joe Exotic che all’improvviso è diventata il trend del giorno (anche grazie all’entusiasmo dei coniugi Kardashian/West, che vogliono scarcerare il protagonista). Lo stesso discorso vale per le serie: la terza stagione di Élite è stata presto sostituita dall’hype per quarta stagione de La casa di carta.

In molti penseranno che la quarantena sia una benedizione per i servizi di streaming, ma il COVID-19 ha cambiato radicalmente il cerchio della vita dei prodotti mediali sulle piattaforme online. Film e serie TV sembrano ubbidire alla stessa legge dell’hype che oggi governa il mercato della moda: i titoli vengono consumati alla velocità della luce trainati da pubblicità e discussioni social, gli utenti sentono la FOMO (Fear Of Missing Out) di essere tagliati fuori dalle discussioni e di conseguenza il binge-watching bulimico diventa la normalità. Questo processo ha molte somiglianze con il sistema dei drop online (che si parli di sneaker o di Supreme): la vita dei prodotti è stata accelerata dai social, paradossalmente in uno dei momenti più “lenti” della storia, con conseguenze tangibili sulla qualità e il genere dei contenuti.

Il risultato di questo atteggiamento è estremo: non solo i titoli finiscono prima (se per vedere una serie di 8 episodi servivano due o tre giorni, in quarantena basta un pomeriggio e non si vede l’ora di passare alla prossima), ma invecchiano prima. In generale, sembra che i prodotti siano solo delle semplici caselle da spuntare, un modo per sentirsi parte di una community.

 

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Solo se lo guardiamo insieme. #Elit3

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Per quanto la quarantena giochi la sua parte, la grande responsabile di questa frenesia è la strategia di drop di Netflix (estremamente confusionaria). I prodotti sono tantissimi e non sempre gli investimenti sono all’altezza della risposta: solo nel 2018, Netflix ha speso 13 miliardi nelle sue produzioni originali, contro i 18 miliardi nel 2019. Un investimento che si è accompagnato a un calo degli utenti: nell’estate del 2019, la piattaforma ha registrato il suo punto di crescita più basso dal 2011 (e ha dovuto alzare i prezzi dell’abbonamento).

Per quanto riguarda la qualità, dopo aver prodotto film come The Irishman di Martin Scorsese o Marriage Story di Noah Baumbach, l’offerta nella prima parte del 2020 (almeno per ora) è deludente. Persino Il buco, che doveva essere il film più sconvolgente dell’anno, è stato dimenticato in meno di una settimana. Se si aggiunge che i festival di tutto il mondo stanno saltando, bisogna capire in che modo Netflix giocherà i suoi assi nella manica: solo per il 2020 sono previsti il nuovo film di Spike Lee, Hillbilly Elegy di Ron Howard, The Midnight Sky diretto e interpretato da George Clooney, tutti titoli che perderebbero tantissimo potenziale se venissero messi online come un film qualsiasi (è lo stesso motivo per cui Marvel ha posticipato lo stand-alone su Black Widow, scegliendo di non metterlo su Disney+ senza prima distribuirlo nelle sale).

 

Prime Video, al contrario, fa una scelta opposta: le sue proposte sono molte meno, ma per quanto i titoli siano validi (Fleabag, The Boys, The Marvelous Mrs Maisel per le serie, Beautiful Boy e Suspiria per i film) bisogna ammettere che non generano lo stesso clamore di Netflix.

Resta da vedere quali saranno le conseguenze sulle abitudini del consumatore, anche quando questo “tempo libero” sarà finito. Una cosa è certa: oggi i film in streaming durano quanto un gatto in tangenziale - e, proprio come quel gatto, tendenzialmente non fanno una bella fine.