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Il curioso caso di Luis Sal

Qui qualche pagina dal nuovo libro dello youtuber bolognese

Il curioso caso di Luis Sal Qui qualche pagina dal nuovo libro dello youtuber bolognese

Classe 1997, capelli castani, fisico impostato, viso da angelo un po' fesso. Professione: video maker barra Youtuber barra influencer barra autore di libri. Quella di Luis Sal è la storia di un normalissimo ragazzo di Bologna che, pronto a combattere la noia di essere membro della generazione dei "se" e dei "ma", ha deciso di diventare il migliore guru di se stesso, esaudendo il suo desiderio di diventare un creativo, fare video e lanciarli nel turbolento mondo del web. 

Impossibile non riconoscere i suoi lavori, niente effetti speciali, zero luci bianche ma solo quelle dei faretti della cucina, nessuna stylist ma solo una canottiera della salute bianca o (perché no) a torso nudo armato di bicipiti e addominali alla Johnny Bravo ma sentendosi semplicemente Tavoletta. Questo è il bello di Luis, è Luis e a lui va bene così. I suoi video sono follemente ironici nella sua semplicità, nella sua banale quotidianità, lui è lì davanti all'obiettivo, ti fissa intensamente, fa ben poco eppure il tutto è intelligentemente divertente. C'è chi lo reputa nulla di speciale, chi afferma "lo avrei potuto fare pure io", ma d'altronde non è la frase che si recita solitamente quando si è davanti ad un'opera d'arte contemporanea? Il tutto ci sembra molto stupido, tutti (o quasi tutti) l'avremmo potuto fare, ma "ci avevi mai pensato?", o meglio, "perché allora non l'hai fatto?". 

Seguendo questi interrogativi è nata il Luismo, la filosofia che lo youtuber segue ormai da anni e che ora ha deciso di condividere con il mondo attraverso Ciao, mi chiamo Luis, il suo libro dedicato a mamma e papà. Tredici capitoli (impaginati con una grafica nuova e curiosa) che spiegano chi è Luis e come attraverso le sue esperienze può aiutarti ad essere una versione più coraggiosa di te stesso. Utilizzando un linguaggio semplice, fatto di frasi brevi, molte virgole ed espressioni colloquiali, Luis comunica come se stesse di fronte al suo pubblico, davanti ad una birra, a chiacchierare della sua vita, delle sue esperienze e della sua healthy routine. 

"Il corpo è il nostro tempio, rispettiamolo bimbi". 

"Poche parole, più lavoro. Se è facile probabilmente stai sbagliando qualcosa". 

Un po' motivatore, l'autore si pone come un amico che parlandoti chiaramente e direttamente cerca di convincerti ad agire, perché essere giovani in questo mondo non è facile, lavorare non è facile, il tuo compagno del liceo farà sempre più soldi di te e le donne arriveranno a fiumi ogni volta che sarai fidanzato. E così Luis ti spiega attraverso la sua intelligente barra furba simpatia come affrontare tutto questo. 

Ciao, mi chiamo Luis è disponibile già da subito presso gli store Mondadori e online.

 

Lavoro. 

Direi che tutto è lavoro. Senza lavoro mi sentirei perduto. In questo capitolo condividerò la mia etica lavorativa.

Zitto e lavora sono le cose che mi ripeto più spesso, nulla è facile e l’unico modo per raggiungere ciò che voglio raggiungere (soddisfazione personale), è attraverso il lavoro.

I primi lavori che ho fatto come fotografo e videografo, a 13- 14 anni, li ho sempre affrontati con più serietà possibile. L’ultima cosa che avrei voluto era deludere il cliente, cioè colui che mi pagava. Tutt’ora la vivo così. IL CLIENTE, CHIUNQUE EGLI SIA, SI MERITA DI RICEVERE I SERVIZI PER I QUALI TI PAGA. SEMPLICE. Negli anni ho fatto lavoretti tipo babysitter, conversazione in inglese con studenti, pulizie presso una ferramenta. Una volta uscito dal liceo (2016) mi sono messo a cercare un lavoro “più stabile”, quindi ho preparato un curriculum (vuoto) e l’ho consegnato a tutti i bar, ristoranti, negozi vici- no a casa mia. Rispondevo a tutti gli annunci online e dopo un mesetto di ricerca mi presero in prova in due bar. Il primo giorno da cameriere ho rovesciato un bicchiere di vino rosso addosso a un cliente, ma a parte questo ero mol- to diligente e facevo tutto ciò che il boss mi diceva di fare. Dopo una settimana mi hanno scaricato con un «non hai abbastanza personalità». Quindi sono andato a lavorare in una caffetteria a 500 metri da lì. In questa caffetteria ero determinato a rimanere per impa- rare bene il mestiere di barista (mi ero messo in mente di aprire un bar, chissà forse lo farò).

Ero emozionatissimo perché finalmente avrei lavorato con il pubblico, a contatto col popolo, con le persone! Se il boss mi chiedeva di lavorare qualche ora di più, lo facevo, se mi chiedeva di sturare un cesso, lo facevo. Tutto questo con entusiasmo e con in mente la prospettiva di salire di livello. Contemporaneamente ho fatto il cameriere in un ristorante. In alcuni giorni, lavoravo dalle 6 di mattina alle 14 nel bar e dalle 18 all’1 di notte al ristorante. Dopo 7 mesi che lavoravo in caffetteria, ho iniziato a fare video su YouTube; il boss del locale lo è venuto a sapere (avevo 100 iscritti) e mi ha proposto di iniziare a gestire le pagine social della catena di caffetterie: sono diventato un Social Media Manager! Tutta la mia disponibilità e positività ha ripagato. Allo stesso tempo, ho proposto a una scuola di lingue a Bologna di ge- stire anche le loro pagine social e mi hanno preso a lavora- re! La mia mini carriera stava prendendo piede e tutto questo perché ho voluto che prendesse piede. Non avrei mai voluto rimanere nella stessa posizione lavorativa per troppo tempo, ho bisogno di vedere dei cambiamenti, di evolvere. Questo approccio che ho avuto con il lavoro mi ha sempre dato la conferma che sarei potuto diventare ciò che volevo. Non sono mai arrivato al bar o al ristorante o da qualsiasi cliente senza la voglia di lavorare. Se mi sento negativo, demotivato, stanco, scoraggiato, inizio a pensare che sono privilegiato ad avere un lavoro, che so che mi aiuterà a crescere, che è una esperienza divertente e che se dovessi mai odiare il mio lavoro, lo lascerò.

Nessuno

mi obbliga

a lavorare,

quindi se ho

un lavoro, lo

faccio bene.

Se no

non lo faccio.