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Lettera d'amore alla maglia del Bari

Perché la passione biancorossa va oltre la categoria

Lettera d'amore alla maglia del Bari Perché la passione biancorossa va oltre la categoria

Per chi non è mai stato a Bari, la descriverei così: una città viva, colorata, in evoluzione, si mangia alla grande e soprattutto sono passionali oltre ogni logica. La storia del Bari nel mondo del pallone è molto articolata da situazioni che hanno avuto più riscontro per l’impatto avuto negli anni a venire (ad esempio, il mitico esordio con goal di Antonio Cassano alla tenera età di 18 anni o lo scandalo Calcio scommesse nel 2011) e non per essere in una squadra come il Bari. Essere tifosi dei galletti biancorossi non è un sentimento qualunque. E’ dare la propria anima, cuore e mente al servizio della squadra. Non si diventa tifosi del Bari da un giorno all’altro: è un processo fatto di veri sacrifici fisici, portare ovunque con sè e ostentare a tutti l’appartenere alla città come una bandiera, vivere ogni domenica al San Nicola, rigorosamente in Curva Nord per cantare tutti i 90 minuti con la sciarpa al collo, o negli stadi più disparati in trasferta. Il nostro motto è: "Sappiate amare la Bari. Sappiatela custodire e guardatela sempre con occhi innamorati".

La tifoseria barese è oggettivamente tra le prime cinque in Italia, nessuno ha mai detto il contrario. Trovatemi una squadra medio-piccola che porti DIECIMILA tifosi all’Olimpico di Roma, sovrastando in tutto i supporters di casa. L’amore per la maglia è il dogma stampato in testa di ogni fanatico biancorosso. Tanti giocatori sono passati, altri ne passeranno. Le coreografie da Champions League per le occasioni speciali, come il derby con il Foggia della scorsa stagione vinto all’ultimo minuto proprio grazie ad un foggiano, Cristian Galano. Ma la stagione 2017/2018 sarà una stagione che nessuno scorderà per tutta la vita. Lo scorso giugno, il Bari era senza un presidente e soldi necessari a salvarsi. Nulla da fare, si ricomincerà dalla Serie D più forti di prima e “con un presidente che ci porti in Serie A” di grande caratura: Aurelio De Laurentiis.

Qui vi presento le cinque maglie che mi hanno piantato il biancorosso come una seconda pelle e mi hanno dato emozioni indescrivibili dalla tastiera.

2007-2008, Erreà

Questa è la divisa celebrativa del centenario della nascita del Bari (1908-2008) e verrà ricordata anche per una stagione difficile, ma vedrà l’approdo di un vero idolo come Antonio Conte. Il rosso acceso, mescolato al bianco della stemma,  con i vari sponsor Gaudianello, marca dell’acqua più utilizzata in città, e Radionorba, la stazione più famosa in Puglia, andavano a richiamare l’essenza barese nella sua quotidianità. I colori che ci hanno sempre contraddistinto e resi noti in tutta Italia.

La squadra stava affondando con Materazzi e la pesante sconfitta in casa contro i rivali di sempre del Lecce per 0-4, è solo la punta dell’iceberg. Le contestazioni arrivano con lanci di sediolini, stadio semi-vuoto e un malcontento generale. Il girone di ritorno è tutt’altra cosa (in 23 partite arrivano 34 punti) e a mettere la ciliegina sulla torta, ci sono le vittorie contro il Lecce al Via Del Mare per 1-2 e quella contro l’Avellino per 1-0, con cui gli irpini sono condannati a scendere in Serie C. Un’annata da veri pazzi.

 

1995-1996, adidas

L’amore che mostra Bari nei confronti di chi dimostra di amare la maglia, è più di una vittoria per ogni atleta. Si rimane nella storia prima di tutto per essere stati uomini dal grande carattere. Quella stagione vedrà il Bari retrocedere nuovamente in B, ma lasciando il segno di un grande giocatore: Igor Protti, detto “lo Zar”, sarà il capocannoniere della Serie A con 24 reti e con Anderson formerà una delle coppie più amate nella storia biancorossa. Anche qui, la stagione non gira per il verso giusto ma sarà impossibile da scordare per l’impresa di Protti. La sua maglia numero 10 era la più ambita e ricercata, perchè era la star della squadra, ma anche il design minimalista era ben apprezzato. Lo sponsor adidas arricchiva i lineamenti quasi del tutto bianchi con richiami rossi e lo stemma simbolo della città: il galletto dal crestone infiammato. Un monumento.

 

2009/2010, Erreà

La stagione in questione è forse la migliore da cinque/sei anni, composta da una rosa solida e vivace per la Serie A. Abbiamo Giampiero Ventura sulla panchina del Bari che chiuderà al decimo posto e la seconda miglior difesa con solo 18 reti subite. Avevamo i migliori Bonucci e Ranocchia. Ogni partita di quel campionato è rimasta impressa nella mia mente, perchè rimanevo affascinato da una rosa che dimostrava di competere con tutti, mise in difficoltà l’Inter del “Triplete”, e il 3-1 contro la Juventus al San Nicola non la potrò mai dimenticare. Vedere campioni come Cannavaro, Buffon, Trezeguet, Diego e Marchisio dal vivo non era di tutti i giorni. Stadio sold-out (alcune persone erano sedute sulle scale, per rendervi l’idea), le grida in dialetto di incitamento, l’esultanza senza freni all’errore dal dischetto di Diego e un’atmosfera fantastica. A quel tempo, avevo appena 9 anni ma capii subito la vera passione nel tifare una squadra come il Bari. La maglia possiamo dire che non è una delle più attrattive, ma il valore affettivo a quell’anno è inestimabile. Poi, c’erà Alvarez che era uno dei giocatori più veloci d’Europa ma avevi dei piedi quadrati.



2013/2014, Erreà

“Una meravigliosa stagione fallimentare”, questo il titolo del film-documentario relativo per un campionato che si prospettava un altro nulla di fatto. Da qui inizieranno i problemi di debito da parte della società, che cambierà in continuazione cordata. I Matarrese, dopo tanti anni, sono sull’orlo di lasciare, si parla di grossi investitori russi ma alla fine si farà carico del Bari l’ex-arbitro Paparesta con poco più di 4 milioni di euro. I giocatori, consapevoli della situazione drammatica, regaleranno un girone di ritorno da paura. Da zona retrocessione a disputare i Playoff per la Serie A. L’ultima giornata di campionato è contro il Novara, e una vittoria garantirebbe la partecipazione agli spareggi. Il San Nicola è una bolgia, la coreografia con tutto lo stadio biancorosso e la figura del Santo Patrono messa in evidenza trasformano il campo in un inferno. Era una gara che non potevo saltare e con tutti i miei amici ci recammo in Curva Nord dove non si respirava, tanta era la gente nel settore. Fumogeni, bombe carta, coriandoli, tamburi. C’era di tutto e il 4-1 finale condirà il tutto. Purtroppo, il sogno si infranse contro il Latina in semifinale ma rimase scalfito nei cuori biancorossi. La maglia era davvero ben fatta, lo stemma dava una sensazione di grande piacere al tatto e la faccia di S.Nicola in italiano e in russo era un omaggio che non poteva mancare. La parola “Galletti” su ogni angolo perfezionava il tutto, tanto da farla diventare un cimelio inestimabile.

 

1990/1991, adidas

Essendo nato all’inizio del nuovo millennio, non ho potuto godere di un Bari da sogni. I due giocatori in foto sono il brasiliano Joao Paulo e David Platt, con la fascia da capitano, e sono stati per anni i pupilli dei tifosi. Con il primo, a circa 10 anni, ho avuto un incontro ravvicinato alla Fiera Del Levante quando organizzarono una reunion delle glorie biancorosse. Persona umile, come il primo giorno a Bari, e quasi la stessa fisionomia di quella in foto. Ricordi indelebili. La maglia è forse nella Top 3 di sempre per bellezza e manifattura: inserti rossi tagliati in diagonale e intersecati su entrambi i lati da tre parallelogrammi solo profilati di bianco su campo rosso e di rosso su campo bianco, con andamento parallelo a quello degli inserti principali. Come si nota facilmente, gli stemmi sono posizionati in due parti diverse. una con il Galletto in una finestrella dell’inserto rosso quasi sulla spalla e simmetrico allo stemma dell’adidas, l’altra all’opposto, con il logo praticamente attaccato allo sponsor Sud Factoring.