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From china with love - Les miserables

One day more at the fabric

From china with love - Les miserables One day more at the fabric

Appena tornato a Shanghai sono stato subito catapultato nella realtà cinese. Mentre camminavo per le vie di Milano, con molta ingenuità, vivevo solo le "vetrine" di ogni shop. Camice e pantaloni dalle linee sartoriali regnano nelle vetrine di Zara, quei prodotti "perfetti" per il guardaroba di chiunque. Quasi certamente, ognuno di voi ha acquistato o in questo momento indossa un capo del famoso gruppo INDITEX e quindi un'etichetta con scritto Made in China.

Il posto più suggestivo che ho avuto l'opportunità di visitare sono senza dubbio i capannoni di produzione a 50 minuti di taxi da Shanghai. Immensi mercati con annessi depositi e fabbriche, si estendono come campi da calcio nell'entroterra della città del futuro e come tutto quello che rappresenta realmente questo paese, lontano agli occhi dei consumatori. 

"Look down, look down,don’t look ‘em in the eye, look down, look down, you’re here until you die!" da dietro i banchi di lavoro centinaia di sarte, messe li come con il copia e incolla, lavorano alle macchine da cucire, non guardando mai negli occhi dei commercianti o dei visitatori, ormai rassegnate all'idea di un'esistenza miserabile legata alla sola produzione di beni per l'occidente. Ripetono meccanicamente lo stesso movimento centinaia di volte senza neanche avere bisogno di prestare attenzione, cambiando come nel nuoto sincronizzato verso di cucitura, tutte nello stesso momento, ripetendo in coro: "At the end of the day you're another day older and that's all you can say for the life of the poor!".

Sepolta dietro cascaste di zip e centinaia di tessuti, molti dei quali ricordano "vagamente" per non dire "esattamente" gli stessi capi delle collezioni viste sfilare sulle passerelle di tutto il mondo, trovo quella che ho immaginato come la Fatina dei tessuti. "I had a dream my life would be. So much different from this hell I'm living". Uno zoo o forse uno spettacolo ancora peggiore, perché quella rappresenta l'unica possibilità lavorativa, il tutto per pochi dollari l'ora.

Recupero velocemente la mia libertà promettendomi di non comprare mai più del made in China, ma è un po' come la dieta che si comincia il lunedì. Esco sul terrazzo, fumo una sigaretta e vedo come la città cambia di giorno in giorno anzi di ora in ora e percepisco che è solo questione di tempo, il "moderno" invade i confini del "passato" lentamente, cancellando i prezzi e i tempi di 10 anni di produzioni folli. "One day more! One more day to revolution. One day more. "