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Quali saranno le conseguenze delle sanzioni russe sulla moda italiana?

I possibili scenari dopo il blocco del circuito Swift

Quali saranno le conseguenze delle sanzioni russe sulla moda italiana? I possibili scenari dopo il blocco del circuito Swift

Pochi giorni fa, mentre la settimana della moda milanese aveva inizio, Vladimir Putin ordinava l'attacco all'Ucraina, lasciando il settore scosso dalla notizia e la città palcoscenico di diverse proteste a sostegno del paese assediato, anche fuori dalle sedi delle sfilate. Per ora, le misure intraprese dai vertici di Stato si sono limitate ad un rigido pacchetto di sanzioni finanziarie, le più severe mai viste, che comprendono il blocco del circuito Swift e provvedimenti diretti ad alcune banche russe, tra cui le due più grandi del paese, Sberbank e VTB. Il focus dei provvedimenti è stato dunque sui servizi finanziari, il potere individuale di politici e oligarchi, l'energia, i trasporti, la tecnologia e i visti diplomatici, con lo scopo di limitare le possibilità di autofinanziamento del governo russo. Ma, sebbene il settore della moda non sia stato oggetto diretto di discussione, mentre le collezioni autunno/inverno 2022 sfilavano sulle passerelle di Milano, i dirigenti del lusso italiano e di gran parte dell'industria della moda si sono chiesti come e quanto i provvedimenti economici intrapresi potrebbero intaccare l'economia del settore.

Secondo Confindustria, la Russia rappresentava il 2,7% delle esportazioni italiane nel 2014, anno delle prime sanzioni per l'annessione della Crimea, la diminuzione del peso del mercato russo, come conseguenza diretta di quelle sanzioni, ha colpito diversi settori, come l'abbigliamento, che rappresenta il 7,3% del totale con un calo del 3,8% rispetto al pre-2014, e la pelletteria rappresenta ora il 4,6%, in calo dell'1,7%. Tuttavia, secondo la Camera Nazionale della Moda, l'Italia vende circa 1,2 miliardi di euro in beni di lusso alla Russia ogni anno, coinvolgendo più di 11.000 aziende, e gli oligarchi sono famosi clienti delle maison italiane e francesi. In un'intervista riportata da Vogue Business, Julien Martinet, fondatore dello studio legale Swift Litigation, ha rivelato che «Escludere le banche russe non avrà un impatto sui pagamenti (con carta di credito) nei negozi, ma avrà un impatto sui cablaggi internazionali, ciò significa che sarà più difficile per i marchi pagare i loro fornitori e partner e viceversa». Sempre secondo Martinet, sarà complicato per le aziende russe fare affari in euro, sterline o dollari, e i marchi affermati difficilmente ricorreranno a pagamenti alternativi come contanti o criptovalute a causa di problemi di conformità. Un rublo russo debole potrebbe anche intaccare i margini di profitto dei prodotti venduti in Russia, a meno che i marchi non decidano di aumentare i prezzi. Ad oggi il flusso di beni di lusso dall'Italia e dalla Francia verso la Russia può continuare, anche se le transazioni finanziarie per pagare diventeranno sempre più complicate.

Nonostante gli ingenti interessi finanziari in ballo con la Russia, i dirigenti delle aziende di moda italiane hanno preso posizioni decise risguardo il conflitto. La presidente di Missoni, Angela Missoni, come riportato da WWD, ha dichiarato apertamente di sostenere l'Ucraina, nonostante le perdite che il conflitto potrebbe causare alle aziende italiane: «Noi rappresentiamo tutti i marchi della moda e non abbiamo fatto nessun tipo di lobby - il governo deciderà le misure da prendere e noi le rispetteremo e ci adatteremo a qualsiasi restrizione venga decisa». Carlo Capasa, presidente della Camera della Moda, ha ribadito che «in questo momento ciò che conta è la vita delle persone e la pace. Anzi, speriamo che il messaggio che la moda lancia sulla pace, la convivenza, l'inclusività e la sostenibilità sociale faccia breccia». Giorgio Armani domenica ha deciso di tenere la sfilata del suo marchio senza colonna sonora «in segno di rispetto per la tragedia in corso», mentre Nicolas Girotto, amministratore delegato di Bally ha dichiarato: «siamo presi in un vortice e siamo preoccupati per i membri del nostro team che hanno parenti nella regione». Pur rifiutando di fornire qualsiasi informazione finanziaria sugli affari in Russia, Gildo Zegna, presidente e amministratore delegato del Gruppo Zegna, ha fatto eco alle parole di Capasa: «Sono d'accordo con la posizione del presidente. Non sarà una situazione facile, ma se saremo uniti, ne usciremo, ma è prematuro azzardare qualsiasi previsione». Simona Clemenza, CEO di Aspesi, ha detto che la Russia non è uno dei principali mercati per il marchio, che è più forte in Asia e in Europa, ma si aspetta un impatto delle sanzioni a livello generale: «sono un prezzo che tutti dovremo pagare».