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Quando Versace quasi comprò Gucci negli anni ‘90

Un momento in cui un mega-gruppo del lusso italiano fu sul punto di nascere

Quando Versace quasi comprò Gucci negli anni ‘90 Un momento in cui un mega-gruppo del lusso italiano fu sul punto di nascere

Oggi, venticinque anni fa, Gianni Versace veniva ucciso sulla soglia della sua villa a Miami. Fu un momento che sconvolse il mondo, della moda e non, e che ebbe delle conseguenze successive di cui solo ora conosciamo l’esistenza. Una di queste, di cui ha parlato oggi Santo Versace a Il Corriere della Sera avrebbe riscritto il volto dell’industria della moda come lo conosciamo: il presidente e co-CEO di Versace ha infatti rivelato che, poco prima della scomparsa del fratello, il brand stava avviandosi verso una quotazione in borsa e la creazione di un gruppo Versace in accordo con Gucci, che proprio in quel frangente si trovava in un momento di interregno con il gruppo arabo Investcorp che stava vendendo i propri capitali ed LVMH che acquisiva quote per il controllo dell’azienda che sarebbe passata tra le mani della famiglia Pinault e dunque di Kering nel 1999. Ecco il resoconto di Santo Versace: 

«Era un progetto straordinario che ci venne sottoposto da Morgan Stanley. […] Il momento era propizio per creare un polo mondiale del lusso a matrice italiana. […] All’idea lavoravamo dal 10 marzo ’97. La quotazione sarebbe avvenuta a maggio ’98, tramite un aumento di capitale della Gucci e il conferimento della Gianni Versace. Il gruppo non sarebbe stato scalabile e sarebbe nata la prima realtà italiana, con marchi complementari e separati e una grande integrazione industriale. Gianni non si occupava di finanza aziendale, non ne voleva sapere. Era solo preoccupato di dare un futuro al gruppo. Dove vuoi che sia la Gianni Versace fra vent’anni, gli chiedevo? E lui: insieme a te, in cima al mondo».

Pochi giorni prima dell’uccisione del designer a Miami, infatti, negli headquarter di Versace in Via Manzoni  Santo Versace aveva firmato con Morgan Stanley un accordo per quotare in borsa il gruppo Versace nella primavera del 1998. Era previsto un accordo con Gucci che venne firmato, oltre che da Santo Versace anche dai due banchieri Galeazzo Pecori Giraldi e Paola Giannotti de Ponti. I lead del progetto di quotazione avrebbero dovuto essere Morgan Stanley, la Banca Commerciale Italiana, il Credito Italiano e Barclays. Se l’accordo fosse andato in porto in tutte le sue parti, portando Gucci e Versace sotto il medesimo tetto, non solo oggi Kering sarebbe priva del brand più forte della sua scuderia ma le dinamiche stesse delle relazioni tra i grandi gruppi del mondo della moda sarebbero completamente alterate. Non è escluso infatti che il link-up dei due brand avrebbe attirato anche altri player nel tempo e, oggi, sarebbe potuto diventare un’enorme famiglia di brand italiani. Purtroppo, come sappiamo, le cose andarono diversamente e non solo Gucci è ora in mani francesi, pur avendo un CEO e un direttore creativo italiani, ma anche Versace, mantenendo comunque tutta la sua appartenenza all’Italia e avendo il medesimo assetto manageriale di famiglia, con Santo e Donatella Versace a capo, appartiene all’americana Capri Holdings fondata da Michael Kors.