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La sartoria iper-fluida della collezione SS23 di Zegna

Quando tecnica e arte si incontrano come uomo e natura

La sartoria iper-fluida della collezione SS23 di Zegna  Quando tecnica e arte si incontrano come uomo e natura

Ieri, nell’Oasi Zegna di Trivero, e per essere più specifici sui tetti dello storico Lanificio Zegna, tra le verdi montagne del Piemonte, si è tenuto lo show SS23 di Zegna – chiusura “fuori porta” della Milan Fashion Week e punto di svolta decisivo per il linguaggio che Alessandro Sartori, Gildo Zegna e il loro team hanno creato per il brand ultracentenario. «Tutti i valori partono e arrivano lì», ha detto Gildo Zegna durante la press preview di domenica, manifestando l’intenzione di creare uno show che concretizzasse in ogni suo aspetto la filosofia del brand. La collezione in effetti intendeva avere, tanto sul piano del design che su quello della tecnica che su quello del puro evento, il tono di un mutamento decisivo oltre che di un compromesso che mette d’accordo tanto l’anima più tradizionale del brand che quella più moderna e innovativa. Le novità sono arrivate sul piano del design sostenibile, del tracciamento dei materiali e della genderlessness di alcuni capi pensati per adattarsi a un corpo femminile solo in base alla taglia. Questi naturalmente sono benchmark che la gran parte dei brand di moda si è prefissata – l’unicità di Zegna sta nella capacità di trasformare questi parametri non in confini a cui adattarsi ma in punti di partenza per rendere più efficiente e sofisticato il proprio design. 

Gli elementi della collezione sono ingannevolmente semplici. Durante il suo incontro con la stampa Sartori ha parlato di «capi che fanno della leggerezza e hanno nella leggerezza la loro essenza» e del «futuro del tailoring che si sposta all’interno di questo leisurewear di lusso». Declinati nei colori dell’Oasi, dai toni della terra, al vicunha, passando per gialli acidi o chiarissimi, a cui si contrappone il color carbone, il color caffè e il nero, gli abiti mescolano toni acidi e organici, interpretando questo nuovo guardaroba iper-leggero in cui la silhouette e i materiali vengono sublimati all’estremo e la soluzione di continuità tra il sartoriale propriamente detto e il casual va retrocedendo lasciando spazio a quattro macro-categorie: i top, i bottom, gli underpinning da stratificare al di sotto e le scarpe.

Giacche con orli vivi, completi e capispalla in terry di cotone, camicie di seta senza collo, lino lavato con le pietre come se fosse denim, Oasi Cashmere misto a lino del tutto tracciabile – materiali e tecniche diverse sono tutti fusi creando un tipo di estetica che è insieme riconoscibile e avveniristica. Highlight della collezione è però l’evoluzione della classica sneaker Triple Stitch ridisegnata da Mr. Bailey: una suola composta da una singola fascia di cuoio avvolta tre volte intorno alla silhouette; una tomaia in pelle craquelé che sembra vera terra spaccata dalla siccità, tre lacci decorativi che mimano quelli della sneaker originale e, all’interno, una maglia interna che fa funzionare la scarpa come una slip-on. Una sneaker collaborativa che forse è già tra le migliori della stagione, se non dell'anno.

La ricerca dell’estrema leggerezza è poi simboleggiata dalla seta tecnica che, se i lettori mi perdonano la generalizzazione, è praticamente una seta con le stesse proprietà del nylon: c’è una giacca a doppio strato completamente in seta che si può appallottolare e poi riaprire senza che appaia una singola grinza, e dunque del tutto impacchettabile in uno zaino o una valigia; c’è anche un trench in cui la seta è tinta con una tecnica tie-dye e appare traslucida, anche quando al suo interno si trova una fodera di mesh anch’esso di seta. Ci sono anche trench di lino che pesano come una camicia, misti di seta e cotone, terry rovesciati, capi che riproducono stampe grafiche sotto forma di intarsi nella maglieria e nella pelle. Uno dei materiali più incredibili, oltre alla lana upcycled (il termine preciso sarebbe UTE, sigla di Use The Existing) iper-fresca, c’è il tessuto fatto da cotone o lino mescolato alla carta riciclata usata per creare una gabardine di cotone dall’aspetto ruvido e quasi scultoreo. C’è anche un cotone mescolato a un 10% di nylon che riceve un finissaggio termico che lo fa diventare lucido e permette di creare interi capi con la sola maglia. 

Al di là del messaggio e dei valori del brand in questa nuova fase della sua vita (la quotazione in borsa risale allo scorso dicembre e ha espanso notevolmente la forza dell’azienda) e al di là dei valori comunicati attraverso questa collezione e quelle precedenti, l’operazione più interessante qui riguarda la proposizione che Zegna fa sulla natura del lusso. La giacca in seta tecnica che non si stropiccia, poniamo, è un prodotto di lusso non solo per la qualità della costruzione e dei materiali, ma per le caratteristiche irreplicabili del tessuto stesso. La sofisticazione, in altre parole, non riguarda solo gli aspetti esteriori di un certo prodotto ma la materia stessa di cui quel prodotto è fatto. È sofisticazione su tutti i livelli, da quello visivo e tattile a quello molecolare, per esagerato che suoni il termine – ed è anche una sofisticazione legata a un lungo heritage. Se il futuro del lusso è un’incognita, ieri Alessandro Sartori ce ne ha dato un primo e importantissimo scorcio.