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Vi mettereste mai il logo di un brand in testa?

Il buzz cut da Kanye West all'ultimo show di Gucci

Vi mettereste mai il logo di un brand in testa? Il buzz cut da Kanye West all'ultimo show di Gucci

Pensavamo (e forse sbagliavamo) che si fosse definitivamente esaurita la stagione dei capelli rasati con tanto di logo impresso sopra. Il fenomeno del buzz cut con monogram affonda le sue radici nella cultura street style anni 90, quando i barbieri del Regno Unito avevano letteralmente inserito l’haircut - per alcuni più discutibile del revival glitter in pieno mood Y2K - all’interno dei loro listini prezzi. 

A renderlo un vero e proprio trend hanno pensato calciatori e celebs legate al mondo dello sport, alimentando il più delle volte fortuiti casi di branding. Se infatti nel 2014 i calciatori in Brasile esibivano con orgoglio il numero della propria squadra incorporandolo nei loro haircut, nei primi anni 2000 abbiamo assistito ad un boom di tagli cortissimi con logo della Nike in bella vista. E, a distanza di un ventennio, Gucci ha (ri)portato in passerella il buzzcut con monogram incastonato già diventato iconico.

Più che un revival in pieno stile Y2K - correvano gli anni in Tom Ford aveva inciso il logo persino sul pube di una modella per contestare in maniera provocatoria il proliferare di loghi -, il buzz cut di Gucci ideato da Chris Foster attinge alla prima decade degli anni 2000 per riappropriarsi dell’immaginario estetico del brand e revisionare attentamente una decade che avevamo preso troppo alla leggera. Nella moda, nella musica e nello sportswear il buzz cut è stato così protagonista di una continua reinterpretazione comunicativa che ha conosciuto diverse fasi e sviluppi.

Quando gli sportivi si logavano la testa 

Calciatori in primis e adepti di conseguenza hanno sfoderato haircut rasati con monogram per replicare una coolness tipicamente associata alla figura della celeb sportiva. Da qui il boom dei buzz cut con il logo della Nike come sigillo di una sorta di tribale adesione ad un preciso immaginario, mista a ribellione e branding a costo zero nel fermento dei primi anni 2000. Fenomeno che, con  molta probabilità, è da ricondurre alla carrellata di hair style sfoggiati nel corso degli anni 90 dall'ex cestista Dennis Rodman (uno di questi includeva il logo dei Chicago Bulls). A partire  dal 2014 il trend del buzz cut con logo promosso da personalità di spicco del mondo del calcio o dello sport  si è notevolmente ridotto, lasciando il testimone ad artisti o celeb dal forte appeal mediatico.

Quando i rapper promuovevano un disco

Nel 2006 Kanye West, già reduce da haircut personalissimi e graficamente elaborati, appare con un buzz cut con monogram Fendi durante il party per la presentazione della nuova linea di borse B. MIX. Più recentemente l’artista Drake, in occasione dell’annuncio della presentazione del suo sesto album Certified Lover Boy, ha sfoggiato un taglio rasato con un cuore disegnato all’altezza delle tempie, ammiccando alla soft boy aesthetic e facendo registrare un boost nelle richieste di buzz cut. Oppure Chris Brown, per il lancio del suo ultimo disco, ha esibito un buzz cut che ha scatenato un vero e proprio dissing in merito all'originalità del taglio.

Quando Gucci ha reso il monogram un taglio di capelli

Soltanto tre giorni fa Gucci ha presentato la sua collezione resort Cosmogonie, disseminando una manciata di micro trend che non hanno lasciato al caso nemmeno l’hairstyle dei modelli. Il buzz cut con monogram GG è così diventato virale nel giro di pochissimo tempo, facendo registrare un numero di impression intorno al brand che ha superato le aspettative. E, questa volta, Alessandro Michele non ha dovuto hackerare altrove per convalidare il patrimonio estetico del brand di casa Kering. Anzi, il senso di questo taglio monogram è stato proprio quello di fornire un’inspo agli adepti e non coinvolgendoli in prima persona nella definizione di quel vastissimo microcosmo che porta il nome di Gucci.