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La moda secondo i cinepanettoni italiani

Ci ha davvero fregato il benessere?

La moda secondo i cinepanettoni italiani Ci ha davvero fregato il benessere?

Quello della settimana bianca è un mito per la società italiana – un mito che parla non solo di atletica o di turismo, ma anche e soprattutto di aspirazioni sociali. Proprio l’aspirazionalità sociale della settimana bianca, specialmente quelle di Cortina o di Courmayeur, è diventata il nucleo tematico del filone cinematografico dei cinepanettoni, serie di film andata avanti per 35 anni, iniziata con Vacanze di Natale ’83 e conclusasi indicativamente con Vacanze di Natale a Cortina del 2011. Al di là del discorso qualitativo, il successo di pubblico di questi film si è largamente basato sulla loro capacità di interpretare le aspirazioni della media borghesia italiana. Questa aspirazionalità non si risolve solo nella mera destinazione del viaggio, ma in un intero lifestyle che passa per ristoranti, per alberghi di lusso, per SPA e anche attraverso il linguaggio della moda. Una moda che, però, non è avanguardistica ma rassicurante e bourgeois. In quasi ogni film della serie, in effetti, c’è una scena filmata in una boutique di lusso e, in generale, tutti questi film rappresentano un quadro abbastanza fedele di come la classe media si immaginava il proprio benessere economico. Oggi, quell’immaginario pare forse un po’ eccessivo (pensiamo, per esempio, al set di venti valige tutte di Fendi che appare in varie scene di Merry Christmas, dal costo ampiamente improponibile per una famiglia non milionaria) ma è capace di creare un rapporto con le aspirazioni del pubblico stesso e di restituire un quadro fedele del mainstream della moda della propria epoca.

Questo rapporto tra cinema e cultura pop contemporanea emerge soprattutto nel primo film, Vacanze di Natale ’83, in cui i “giovani” Jerry Calà e Christian De Sica indossano cappotti di montone e piumini luccicanti, entrambi contrassegni della nascente cultura dei paninari, mentre il cumenda milanese Guido Nicheli, che abita in Via della Spiga, si presenta in albergo ricoperto di pelliccia. Tutta una serie di look molto anni ’80 e oggi molto datati che però si inserisce bene nel discorso sulle dinamiche tra apparenze e classi sociali che si articola nel corso del film e che prosegue nei successivi culminando, nel film finale della serie, con l’apparizione di Emanuele Filiberto di Savoia e quella (inspiegabile) del designer Renato Balestra. Ma nel corso degli altri film della saga il rapporto tra italiani e moda viene riconfermato costantemente. Qualche esempio in ordine sparso: in Merry Christmas, il personaggio di Massimo Boldi va in giro per Amsterdam con una sciarpa di Burberry e il duo comico Fichi d’India si ritrovano nel mezzo di una sfilata di Just Cavalli; in Natale a Beverly Hills c’è un’intera scena girata in una boutique di Ermenegildo Zegna e poco prima durante il film De Sica allontana un cane dicendo: «Ma che, me pisci su ‘e Prada?» anche se la line più iconica è quella del primo film del 1983, nel monologo del giovane De Sica sorpreso a letto con un altro uomo che dice al padre scandalizzato: «A te ti ha fregato il benessere […]. E poi, mamma gioca al circolo dei canottieri e si veste da Versace, tu metti l’orologio al polso come Gianni Agnelli?»

Tutti momenti (specialmente l’ultimo citato) che tracciano un parallelismo netto tra moda e aspirazione sociale della classe media – criticando da un lato le contraddizioni di valori morali dei provinciali parvenu italiani, ma evidenziando anche il profondo fascino che l’Italia prova verso il riscatto sociale promesso dalla moda. Con il tempo e lo stabilizzarsi della società questa aspirazionalità è diventata più implicita: si è passati dai visoni e dalle pellicce ai completi da uomo e ai cappotti; con frequenti apparizioni di una moda più giovanile e contemporanea in film come Natale sul Nilo, dove Maria de Filippi appare in un ensemble di pantalone e canotta bianca decorata da una farfalla che pare a metà tra Matthew Williams e Blumarine; o in Natale in India, dove il rapper interpretato da Enzo Salvi diventa il rappresentante di quell’ondata di fascino giovanile verso l’hip-hop di Eminem e 50 Cent che, una generazione dopo, sarebbe diventato lo streetwear di A$AP Rocky e Drake. Oggi i cinepanettoni non esistono più e l’aspirazionalità della moda viene comunicata attraverso i più immediati feed dei social netowrk – eppure quel lungo filone di film rimane come il documento di un periodo-cardine della cultura pop italiana in cui la società e la moda come le conosciamo oggi iniziarono a svilupparsi e assumere la loro forma.